Live media: estetica e tecnologia
Massimo Vicentini: audio, video (e altro) in diretta.
Non è la prima volta che ci occupiamo dei numerosi punti d’incontro fra arte e tecnologia: Piermario Ciani e le sue "cianografie" realizzate con lo scanner (Fra arte e anti-arte), il media-attivismo degli 01.org, il détournement pubblicitario degli Adbusters, Inguine e le nuove frontiere del fumetto on line (Alternative Comics), la grafica sperimentale di Blanka y Negro (L’arte incollata sui muri)…. ed in effetti il binomio non è di per sé una novità nella storia dell’arte: da Balla a Viola, da Man Ray a Fontana, da June Paik a Sterlac, l’intero corso del Novecento è percorso da forti interferenze tra questi campi solo apparentemente opposti.
Torniamo ora ad occuparci di tecnoculture, o meglio, di una delle loro forme più ecologicamente radicali ed anticommerciali: il live media. Questo, come è facile intuire, è un’espressività artistica multimediale eseguita in una dimensione live, quindi non totalmente preconfezionata, ma forte di sottili quanto sensibili differenze che rendono ogni esecuzione in pubblico un’opera di fatto unica, irripetibile. Audio, video, ma anche molto altro, come testimonia la forte teatralità degli spettacoli del gruppo catalano Fura del Baus, spesso realizzate in spersonalizzanti fabbriche abbandonate dove il suono tecnologico più duro e ipnotico trova la sua ideale ambientazione e, al contempo, demistificazione. La critica radicale all’utenza passiva dei media tradizionali ha rinvigorito perfino le correnti neo-femministe, autodefinitesi cyber-femministe: da fanzine all’avanguardia (ma marginali) come l’italiana "Fikafutura" (Shake edizioni) sono rapidamente passate ad azioni tra performance e sabotaggio culturale, come quelle diCornelia Sollfrank, che nell’immaterialità di Internet crea finte net-artiste con tanto di finte recensioni, che fa partecipare a concorsi per poi smascherare il tutto all’eventuale premiazione...
Sarebbero numerose le testimonianze da ascoltare a riguardo, tanto più che poco tempo fa, a Bologna, si è svolta la quinta edizione di "Netmage", forse il più importante appuntamento italiano per le arti elettroniche, organizzato dal collettivo XING (www.xing.it). Approfittando della collettiva "Departures", in corso alla Galleria Civica di Trento, abbiamo però preferito intervistare Massimo Vicentini, alias Koan 01, roveretano ma bolognese d’adozione, l’anima multimediale (e mass-mediaticamente critica) di questa interessante mostra, essendo attivo da alcuni anni nel campo del live-media. Il motivo è semplice: oltre a conoscere personalmente Massimo da molti anni (dai tempi del caotico media-artivismo del Laboratorio Autogestito di Rovereto), con la testimonianza di Koan 01 mi sembra perfetto il rapido ingresso nella pratica del live media; un punto di vista non storico ma quotidiano, quindi fatto di progetti e realizzazioni, storie e poetiche. Se tutto ciò non bastasse, si aggiunge l’elemento generazionale, ovvero il percorso, certo personale ma di fatto estendibile all’intera net-generation avvezza all’arte, di un giovane artista al passo coi tempi, che ha messo da parte pennelli e colori ad olio, diluenti e tavolozze, per impugnare, con altrettante speranze, un mouse e una tastiera…
Qual è stato il mezzo che dalle arti visive tradizionali ti ha traghettato nel multimedia?
"Commodore 64 a parte, che però usavo quasi esclusivamente per giocare, il mio primo approccio ad un mezzo digitale fu un corso di grafica che seguii all’Istituto d’Arte di Rovereto. In realtà per diversi anni ancora sarei stato legato ai mezzi classici della produzione artistica, pittura e modellazione in particolare. Il decisivo salto al digitale arrivò al secondo anno di Accademia a Bologna quando, rispolverando i software che avevo iniziato a conoscere alle superiori, iniziai ad elaborare autoritratti digitali, sperimentando così la potenza di questi strumenti. Da quel momento ad oggi è stata una spirale continua di scoperta di nuove possibilità e di ricerca per poterle utilizzare al meglio. Così dalla grafica statica sono passato all’animazione 2 e 3D. Contemporaneamente sono rimasto affascinato da Internet e dalle forme d’arte concepite esclusivamente per la rete; l’ultima passione (digitale) in ordine temporale è quella per la modellazione audio e video in tempo reale, quella che oggi viene chiamata live media".
Come nasce un vostro lavoro? C’è chi ha un’idea e la definisce, traducendola poi in gruppo nelle varie specificità tecniche, o è un qualcosa che nasce sempre da più impulsi?
"Ogni lavoro ha un suo sviluppo particolare, le sue specificità. Attualmente sono impegnato in due progetti di live media. Il primo è dev_null, nato nella primavera del 2003, nel periodo in cui iniziavo a lavorare sulle prime animazioni. In quel momento non c’era un vero progetto: fat23, che cura la parte audio di dev_null, è sempre stato abbastanza attivo nell’ambito rave ed io mi facevo passare delle tracce audio da lui composte sulle quali poi creavo l’animazione. Le prime esperienze dal vivo con dev_null sono state all’interno di rave. Andando avanti con il tempo abbiamo lavorato sempre più per sublimare i messaggi nel video, rendendo minima la parte audio. Per quanto riguarda il secondo progetto, desert, la cosa andò diversamente; il progetto concepito da Luciano Maggiore e CGA era infatti già abbastanza strutturato prima che mi chiedessero di lavorare su dei video da usare nelle esibizioni dal vivo. A quel punto il visual per i concerti venne creato appositamente per una sequenza audio predefinita, anche se ovviamente poi viene montato direttamente in tempo reale durante le esecuzioni".
Nei vostri lavori ci sono espliciti inviti alla smedializzazione di massa (ricordo un "don’t believe the media" lampeggiante come un’insegna pubblicitaria), critiche all’alienazione dell’individuo nell’era informatico-tecnologica, ove spesso è difficile scindere l’umano dal post-umano. Eppure queste riattualizzazioni di Guy Débord utilizzano mezzi squisitamente elettronici, informatici, alienanti…
"Per quanto mi riguarda, ho iniziato a lavorare con i mezzi digitali affascinato dalla facilità di riproduzione del messaggio, e al contempo dalla potenza espressiva che con questi mezzi è possibile raggiungere. Una ricettività del resto testimoniata dal fatto che milioni di persone passano più tempo davanti ad una televisione che con loro cari… La televisione fa da mamma a milioni di bambini che crescono apprendendo da lei i valori dalla vita, ma la televisione è una cattiva madre in quanto la vita che ci prospetta non è quella reale, ma un surrogato, la sua versione mediatizzata nella quale non siamo mai co-autori, ma sempre spettatori e banali consumatori di merci di qualsiasi tipo. Paghiamo per ogni cosa che vediamo e se una notizia del telegiornale non viene pagata in denaro, sono altre le merci di scambio che i persuasori occulti ci sottraggono: il nostro buonsenso, il nostro essere critici e in definitiva la nostra personale visione del mondo. Davanti ad una società del genere uno scialbo volantino fa poco effetto, mentre il punto della performance di desert, cui accennavi, devi riconoscermi che ne fa un altro...".
Da poco tempo è uscito un bel DVD che raccoglie lavori vostri e di altre media-crew attive a Bologna. Puoi parlarcene?
"Il dvd audiovideo//split.01 è nato da cinque lavori completamente diversi, seppur tutti appartenenti a gruppi che nelle performance intervengono in tempo reale contemporaneamente su audio e video. Questi cinque gruppi sono Fantasmagramma, Ericailcane, dev_null, desert e OK-NO. Altra caratteristica che lega questi gruppi è l’aver partecipato nel 2004 ad alcuni eventi curati da low4mat, un collettivo di artisti che operano a Bologna e di cui faccio parte. Sul sito di low4mat (www.low4mat.com) è possibile vedere, in versioni più o meno lunghe, alcuni di questi video.
Cosa differenzia, nell’idea e nella sostanza, i vostri lavori da quelli dei vj delle discoteche di tendenza?
"La differenza principale sta nella struttura. In un vj set da discoteca, audio e video non sono stati concepiti assieme e l’intervento video spesso è solo un commento, un’aggiunta al re-mix dei dj di brani musicali scritti da terzi. Nel live media audio e video (quando anch’esso è presente) sono strettamente collegati. Se vuoi metterla su un piano meno strutturale nel live media il pubblico non balla e l’evento dovrebbe risultare più simile ad un concerto in una sala silenziosa che ad una serata in discoteca".
Ma perché solo video? La poetica dell’immateriale, dell’interferenza tra campi mediatici diversi non può essere estesa anche alla performance, all’installazione, al corpo (post)umano e non da ultimo alla globalità di Internet?
"Sono molto interessato al confine tra le varie pratiche mediali e si può dire che tutto il mio lavoro sia un incessante mutamento di pratiche per raggiungere il contenitore che meglio si presti alla trasmissione dei messaggi che confeziono.
In questo periodo sono in esposizione alla Galleria Civica di Trento un video di desert e un’installazione interattiva chiamata Umodel, il cui software è disponibile anche in rete (www.low4mat.com/koan01/umodel23/).