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QT n. 13, 26 giugno 2004 Servizi

Judith, un rapimento lungo nove anni

I soldati-bambino e gli orrori ignorati del nord Uganda nella testimonianza di una volontaria trentina.

Camilla Lunelli
Camilla Lunelli con alcune ragazze madri che sono riuscite a sfuggire ai ribelli.

La situazione in nord Uganda è stata oggetto, nel novembre 2003, di una valutazione da parte del Sottosegretario agli Affari Umanitari delle Nazioni Unite, Jan Egeland, il quale ha dichiarato che "questa guerra dimenticata è una delle più gravi catastrofi umanitarie a cui il mondo si trovi confrontato al giorno d’oggi. E’ di gran lunga peggiore alla situazione in Iraq, Liberia e in Medio Oriente".
Nonostante questo, non sembra essere di alcun interesse per la comunità internazionale e rimane null’altro che una guerra dimenticata in un angolo sperduto d’Africa. Ne parliamo in questa testimonianza di Camilla Lunelli, trentina, che in quella parte dell'Africa svolge opera di volontariato.

Esther è una bella bambina di tre anni e a vederla ora, in un grazioso vestitino a righe, si stenta a credere che tutta la sua breve vita sia trascorsa in balia di un gruppo di pazzi fanatici, in accampamenti le cui dure condizioni di vita erano nulla in confronto al terrore costante di essere puniti ingiustamente, o ammazzati. Eppure il racconto che sua madre Judith, mentre la tiene in braccio, sta facendo dei nove anni trascorsi con i ribelli del Lord’s Resistance Army (LRA), non lascia adito a dubbi.

Un bambino fra le capanne bruciate dai ribelli nel corso di un attacco che ha fatto 39 morti e lasciato senza tetto 300 famiglie (maggio 2004).

Judith era a casa sua, nel distretto di Pader, in Nord Uganda, la notte in cui è stata rapita, e non aveva che 10 anni. E’ stata costretta a marciare fino a un punto di raduno, dove pochi comandanti e diversi ragazzini addestrati avevano ammassato il bottino di un paio di giorni di razzie nei villaggi della zona: cibo, un po’ di medicine e tanti bambini. "Saremo stati almeno 300 - ricorda Judith - ma quando ci siamo rimessi in marcia verso il Sudan eravamo molti meno". Esita un attimo, abbassa gli occhi come se sentisse su di sé la colpa di quanto accaduto, poi racconta del suo primo incontro con la furia dei ribelli. Uno dei ragazzini aveva tentato di colpire il comandante che l’aveva rapito per poi fuggire, ma era stato scoperto ed ucciso sul posto. Ma secondo le regole instaurate da Joseph Kony, il capo dell’LRA, la sua morte non bastava a punire il gesto: la punizione doveva essere esemplare e fungere da monito. 60 bambini e bambine provenienti dalla stessa zona del colpevole sono stati fatti inginocchiare a terra, agli altri l’orrendo compito di colpirli in testa con un bastone, fino ad ucciderli. Chi si fosse rifiutato di farlo avrebbe preso posto fra i 60.

Un altro bambino che dorme in quello che resta di una capanna distrutta.

Qualche giorno dopo ha avuto inizio la lunga marcia verso il Sudan, dove l’LRA ha avuto per anni le proprie basi, grazie al sostegno del governo di Karthoum, arabo e musulmano, che vede nei ribelli ugandesi un appoggio contro il movimento separatista, nero e cristiano, del sud del paese. Judith è rimasta otto anni in Sudan, ed e lì che è nata la piccola Esther, accolta con entusiasmo dai comandanti perché costituiva un passo avanti verso la costituzione della "nuova generazione di Acholi" con cui Kony vuole ripopolare il nord dell’Uganda, dopo avere fatto piazza pulita della generazione attuale, colpevole di non riconoscersi nei folli metodi e principi dell’LRA. "La cosa buona in Sudan è che non si combatteva spesso con l’UPDF (l’esercito ugandese), solo con i sudanesi, di tanto in tanto, ma almeno loro non ci sparavano dall’elicottero" - ricorda Judith.

Ma il sud Sudan è da sempre terra di fame, la natura è aspra ed ostile, e i ribelli ugandesi non sono certo graditi ad una popolazione, i Dinka, che ha da sempre dovuto affrontare terribili carestie. "A volte ci arrischiavamo ad avvicinare gli arabi per mendicare un po’ di cibo. Le ragazze in questo erano più fortunate, avevano qualcosa in più da offrire in cambio di cibo… Ma il problema più grave non era la fame, quanto la sete: a volte ci sembrava di morire dall’arsura in gola, e più di una volta abbiamo cercato sollievo bevendo la nostra urina. La sete è peggio della morte, perché almeno, da morti, si riposa".

Solo una volta rientrata in nord Uganda Esther ha cominciato a pensare alla fuga, perché scappare dagli accampamenti in Sudan sarebbe equivalso a lasciarsi morire di sete nel deserto. Rivedere invece le distese di erba alta costellata di alberi in cui era nata le ha dato una nuova speranza, ed ha cominciato ad attendere pazientemente. Dopo circa un anno dal passaggio della frontiera, un attacco improvviso delle forze governative ha gettato il panico nel gruppo di cui Judith faceva parte, e lei ha capito che poteva essere il momento giusto. Ha cominciato a correre dalla parte opposta a quella in cui aveva visto dirigersi gli altri ribelli, ma mentre correva - velocissima, ci tiene a precisare - si è resa conto che non poteva fare una cosa del genere. Per quanto non l’avesse voluta, e perfino odiata in qualche momento, Esther era pur sempre sua figlia, e non aveva nessun altro all’infuori di lei al mondo. Con la forza della disperazione Judith ha ripercorso il tratto che la separava da quanto restava dell’accampamento, ha preso Esther in braccio ed ha ricominciato a correre.

Tutto questo è accaduto tre settimane fa, ma sembrano fatti di un altro mondo per me che ascolto, e probabilmente di un’altra vita per lei che li racconta. Sono passati più di nove anni da quel gennaio 1995, e nonostante tutto quello che ha dovuto subire, Judith può ritenersi privilegiata.

Si trova ora insieme con sua figlia al Rachele Rehabilitation Centre di Lira, uno dei 5 centri sorti nel nord dell’Uganda per accogliere i bambini che riescono a sfuggire ai ribelli. Questi centri si occupano del recupero fisico dei bambini, tramite cure mediche ed un’alimentazione adeguata, forniscono loro il minimo indispensabile per ricominciare una nuova vita (vestiti, coperte, sapone, ecc.) e tentano di accompagnarli nel superamento dei traumi subiti tramite un sostegno psico-sociale sia individuale che collettivo. Al tempo stesso, si attivano per identificare e localizzare le famiglie di origine dei bambini, compito non facile perché l’80% della popolazione del nord Uganda ha lasciato le proprie case per cercare protezione dai ribelli nei campi sfollati e perché spesso i genitori sono stati uccisi nel momento stesso in cui il bambino è stato rapito. A volte i bambini stessi vengono costretti ad uccidere i propri familiari, in modo da tagliare i loro ponti con la vita precedente e farne dei disperati più facilmente malleabili a metodi e fini dei ribelli. In questi casi si cerca di individuare un parente disposto a farsi carico del bambino.

Campo profughi.

Un notevole fattore di complicazione per il reinserimento dei bambini che hanno trascorso periodi in cattività è l’ambigua percezione da parte delle comunità, che a volte non vedono più nel bambino un loro membro che ha subìto il peggiore dei destini e ha dovuto adeguarsi a leggi spietate per sopravvivere, ma un ribelle, l’autore di quei delitti che hanno rovinato le loro vite, li hanno costretti ad ammassarsi come bestie in campi sfollati e a vivere nel terrore. Da qui la necessità di un delicato lavoro di sensibilizzazione presso le comunità di origine, e spesso presso le famiglie stesse dei bambini rapiti, per convincerli dell’innocenza dei ragazzi, del fatto che nonostante le atrocità che possono essere stati costretti a commettere, restano delle vittime, e quelle che hanno sofferto di più.

Judith sa che i suoi genitori e due suoi fratelli sono stati uccisi dai ribelli, ma le rimane una sorella, in un campo di sfollati del distretto di Pader.

Cosa si aspetta dal futuro? "Vorrei continuare la scuola, perché ormai non mi ricordo nemmeno più come scrivere il mio nome, ma sono troppo grande, e qualcuno deve pure dare da mangiare ad Esther… per cui mi piacerebbe avere una macchina da cucire, fare tanti vestiti colorati e riuscire così a pagare la scuola per Esther. Quello che i ribelli hanno rubato a me, almeno lo abbia lei".