I due Dellai. E le due sinistre
Il Dellai doroteo e quello riformatore. E le due sinistre: quella governativa e quella oppositrice, in lacerante conflitto.
Dalla Giunta provinciale pervengono segnali importanti. Il più significativo dei quali ci sembra lo spostamento di risorse dall’assessorato di Grisenti a quello di Salvatori; dal cemento alla ricerca o, se vogliamo, dalle esigenze delle clientele al lavoro per il futuro (vedi La ricerca scientifica in Trentino). A questo aggiungiamo uno sforzo progettuale e riformatore che investe, oltre al campo della ricerca, quello della cultura e quello, incancrenito, degli assetti istituzionali (ne parliamo in questo numero, Riforma istituzionale: qual è l'obiettivo?). Tutte cose, per ora, allo stadio solo progettuale, discusse e probabilmente imperfette; ma quello che conta è la direzione di marcia, l’essersi messi a lavorare, e di lena, per ammodernare il Trentino.
Come mai? E’ cambiato il presidente Dellai? E’ questo lo stesso Dellai che, con la Casa dei Trentini, in campagna elettorale, solleticava gli interessi ristretti e frammentati dei potentati di valle?
Secondo noi Dellai è sempre la stessa persona, dotata però di due volti; e, a seconda delle circostanze, fa emergere l’uno oppure l’altro. Da una parte il Dellai che, ai tempi della crisi della Dc, all’inizio degli anni ’90 inseguiva addirittura l’allora capopopolo Leoluca Orlando, contestando il "sistema dei partiti", per traghettare l’elettorato democristiano verso il centro-sinistra e la Margherita. Ed arrivare infine al notabile, che solletica ed usa le clientele, che si costruisce le società parapubbliche da far gestire ai sottopancia, che in funzione di questi interessi imposta la politica provinciale (vedi PiRubi o rifiuti, in Elezioni: Pi.Ru.Bi. e potere).
Negli attuali frangenti sembra invece riemergere il Dellai riformatore.
Per motivi politici: la convergenza verso il centrismo territoriale era dettata anche dall’esigenza dell’alleanza con il Patt; ora questo partito, abilissimo nel dotarsi di dirigenti sempre più screditati, sembra allo sbando, digerito e assimilato dalla Margherita. E d’altra parte Dellai, fiutando l’inversione di tendenza del pendolo della politica nazionale e le prossime débacle del berlusconismo, tende a riavvicinarsi al centro-sinistra anche in sede nazionale, da cui si era bruscamente allontanato. E questo per tenersi aperta la porta per futuribili promozioni nazionali: "ministro" - vagheggia qualcuno.
Ma al di là di questi calcoli (peraltro consustanziali all’uomo) c’è probabilmente un discorso di fondo. Il governatore del Trentino, dotato di pieni poteri e di maggioranza blindata, non può produrre una seconda legislatura all’insegna dell’ordinaria amministrazione, dei contentini oggi ai cacciatori, domani agli impiantisti. E’ la società, o almeno la parte più avvertita di essa, che chiede un cambio di passo, un adeguamento dell’Autonomia che rischia di essere a rimorchio dell’Italia pur declinante. E di fronte a queste aspettative, anzi, a queste necessità, Dellai non ha più alibi.
In questa situazione, l’interlocutore naturale del presidente dovrebbe essere la sinistra, che del riformismo ha fatto - se non altro a parole, ma non solo - la propria ragion d’essere.
La sinistra invece si trova divisa, attraversata da lacerazioni profonde. Sfrondiamo le posizioni dalle accesissime rivalità personali e dalle differenziazioni dovute ad arrivismo e a ricerca di visibilità individuale (tutte dinamiche accentuatesi in questi ultimi anni di perdita di idealità). Al netto di tutto questo la sinistra presenta due linee.
La prima, che potremmo definire "governativa", è quella che punta a sottolineare le aperture che offre la situazione: una presenza al governo provinciale importante, con un Dellai di cui si vuole sollecitare la propensione riformatrice. Di qui l’importanza della propositività, l’essere in grado di dare per ogni problema (dai trasporti, al turismo, all’economia, al welfare) risposte in avanti, che spostino l’accento dal soddisfacimento delle ossificate clientele all’innovazione. Quindi nei trasporti centralità della ferrovia, nuova linea del Brennero e metropolitana di superficie; nel turismo nuova linea soft, in simbiosi con ecologia e cultura; in economia meno contributi e più tecnologia ecc.
Questa linea presuppone di avere al governo personale all’altezza; e alle spalle partiti che sappiano e elaborare progetti e tenere i contatti con la società, per capirne le esigenze ed ammortizzare gli impatti che ogni politica riformatrice produce.
Ma se già sull’esistenza di queste condizioni è lecito nutrire dei dubbi, dove la linea governativa si dimostra fragilissima è nel rapporto con il secondo Dellai. Perché il presidente, nell’attesa di cogliere i frutti di una linea riformatrice, sembra non stancarsi di ritirare i dividendi della linea clientelare. Ed ecco quindi oggi il Dellai del condono; domani quello della PiRuBi e dell’aeroporto; dopodomani quello che spende mille miliardi (un’enormità!) per il nuovo ospedale, quando quello "vecchio" ha solo trent’anni ed è rimodernato con una ristrutturazione in corso. Di fronte a tutto ciò i "governativi" sono nudi: giustamente ritengono che in maggioranza non si debba votare contro, e d’altra parte, convinti che andare all’opposizione significhi sparire, non hanno nemmeno l’arma delle dimissioni.
La seconda linea è quella degli "oppositori". Rappresentata anche dal segretario Bondi, fa leva sul risentimento di quella parte di sinistra, ormai maggioritaria, che si ritiene torteggiata e svillaneggiata dal Dellai doroteo e clientelare. Purtroppo è un atteggiamento del tutto tardivo: dopo essersi per alcuni anni inginocchiati di fronte "al nostro leader", e averlo – sei mesi fa – rinominato candidato, vinte le elezioni è impossibile fare marcia indietro.
Il punto più problematico è però nell’atteggiamento verso il governo, nell’idea di avere in Giunta degli esponenti il cui compito non è quello di proporre, ma di controllare. Dellai governi, la sinistra gli farà le pulci. Se il presidente decide, i Ds frenano, lo slogan è "bisogna saper dire dei No". Ovviamente in quest’ottica la propositività non esiste; nell’intervista a pagina 22 il segretario Bondi lo teorizza, "Non è compito dei partiti fare proposte".
Le due linee della sinistra risultano poi esacerbate dai conflitti personali, interni ad una generazione politica probabilmente ormai consunta. Per cui gli "oppositori", invece di creare il clima politico, la rete di rapporti funzionale al lavoro degli assessori, stanno con il fucile spianato in attesa dell’inevitabile cedimento.
E i "governativi" trattano con altezzosa sufficienza la dirigenza di un partito che ritengono inutile. Che dire dell’ineffabile consigliere Parolari, con sulle ginocchia le croste per le ormai decennali genuflessioni al "leader Dellai", che propone le dimissioni di Bondi per "conflitto d’interessi" essendo contemporaneamente segretario e consigliere provinciale? (Ha avuto buon gioco Bondi a rispondergli "presenterò il problema a Fassino, per vedere se anche lui deve dimettersi da segretario o da parlamentare").
In realtà le due linee non sarebbero così radicalmente incompatibili. Proprio per le attese del Trentino, per le stesse convenienze di Dellai: una presenza della sinistra al governo, sostenuta da un partito fortemente propositivo e su queste proposte collegato con la società, potrebbe avere sufficiente autorevolezza anche per contrapporsi alle tentazioni dorotee del presidente.
Il che sarebbe un bene per tutti. Ma questo non sembra uno scenario dell’oggi.