La sensualità fin de siècle di Leo Putz
Quando si leggono riferimenti allo Jugendstil, declinazione tedesca dell’art nouveau, è facile correre con la memoria alla sua versione viennese, a Klimt, ma la corrente trae il proprio nome dalla rivista Jugend, pubblicata a Monaco di Baviera dal 1896, e dalle innovazioni della cultura visiva che le sono collegate.
In questi giorni è possibile (Palazzo delle Albere, fino al 26 maggio) avvicinarsi all’opera di uno dei più significativi autori che parteciparono a quella vicenda pittorica, Leo Putz, meranese di nascita (nel 1869) ma poi del tutto inserito (dal 1885) nella vita artistica monacense. Putz era un ben noto illustratore di Jugend, ma fece soprattutto parlare di sé come pittore quando propose non solo nudi femminili molto espliciti, ma scene come "Baccanale" (1905) che urtarono il cosiddetto comune senso del pudore. La sensazione che abbiamo oggi, visitando la mostra (che proviene quasi per intero dalla collezione di Siegfried Unterberger) è che non sono tanto i suoi soggetti a rendere interessante Leo Putz, quanto i modi della sua pittura, cosa del resto subito capita dai contemporanei appena avveduti.
Egli prese le mosse da suggerimenti simbolisti di Fran von Stuck ("Vanitas", del 1896) e fino a una certa data la sua pittura comprendeva aspetti fantastici e mitico-favolistici (si vedano "Parsifal" e certe curiose donne-lumaca del 1904), ma fu ben presto chiaro che la figura femminile e il suo erotismo divenivano centrali nell’opera senza il bisogno di pretesti simbolici o letterari. Pur non essendo uno sperimentatore d’avanguardia, Leo Putz interpreta con successo un certo bisogno di innovazione che, nonostante qualche disapprovazione dei moralisti, era nel fondo molto in sintonia con la sensibilità dei ceti borghesi. Sono gli anni in cui, prima del conflitto mondiale, Monaco è la culla di movimenti innovativi ben più radicali, e fondamentali per le svolte del secolo, quali la "Bruecke" e il "Blaue Reiter", movimenti ai quali Putz non partecipa. E proprio il confronto con opere di Kirchner, di Heckel o di Beckmann di quegli stessi anni - figure femminili al bagno del fiume o modelle nell’atelier - mettono in luce le differenze profonde dei punti di vista e della visione del mondo. Non c’è nelle opere di Putz spazio per i sentimenti di crisi, le derive dalla realtà, l’osservazione del disagio sociale, le visioni utopiche, ma l’esaltazione dello splendore della visione, la concretezza, la sensualità, forse talora appena velata da un alito di malinconia. I suoi modi pittorici, sorretti da un mestiere di primordine, sono caratterizzati dall’uso di una pennellata corposa, piena di vigore, e da una centralità assegnata al gioco della luce naturale che gli dà l’opportunità di esibire una raffinata e spontanea padronanza delle variazioni tonali, un connubio intrigante tra sinteticità del gesto e sensualità cromatica. Ci sono talvolta evocazioni esplicite dei grandi impressionisti, relative ai soggetti (la colazione all’aperto piuttosto che l’uscita in barca) alle condizioni di luce en plen air, ma ormai filtrate nella sensibilità Jugend: tendenza ad appiattire l’immagine e a creare uno spazio pittorico in cui la figura, vera protagonista della visione, è però tutt’uno con la sua cornice ambientale.
Sappiamo che nella preparazione dei suoi quadri talvolta Putz si serviva della fotografia: ma è interessante notare lo scarto - il catalogo ci consente di farlo in alcuni casi - tra questa e l’opera. Non c’è fotogramma di nudo femminile che regga alla elaborazione pittorica della carica erotica. La sensualità della pittura di Putz è legata solo in parte al soggetto, si incrementa invece di una sensualità tutta legata al colore e alla luce, come vediamo in "Modella al tavolo da tè": c’è sì una splendida donna nuda, ma c’è anche una sorta di controcanto del suo fulgore e delle sue forme negli oggetti disposti sul tavolo, insieme solidi e morbidi, nei loro bagliori e nella delicatezza dei loro toni.