La crisi delle vocazioni
Don Bruno Tomasi, teologo, insegnante di Teologia Morale nel seminario di Trento, afferma su L’Adige di oggi, circa la questione della scarsità delle vocazioni sacerdotali, che del problema del celibato dei preti - udite, udite - in seminario non si è mai parlato, poiché non è mai emerso il problema, quindi il problema non esiste!
Come ex-seminarista ed ex-prete sono ad invitare don Tomasi a riflettere sulle sue affermazioni: io dico che il problema esiste ed è legato anche al fatto che io non posso firmare apertamente questa lettera né indicarne la provenienza, poiché sarei subito preso di mira e subirei sicure ritorsioni da parte della Curia (come è già successo!).
La carenza di vocazioni sacerdotali è da ricercare, a mio avviso, nell’immagine della Chiesa così come viene letta dai giovani oggi. La testimonianza personale del singolo sacerdote incide sempre meno, in quanto sono sempre più ristretti gli spazi concessi alle singole personalità e il verso è quello di un appiattimento ed uniformismo sempre più omogeneizzato. Se poi si vuole includere anche la famiglia nel calderone delle istituzioni in crisi, vorrei precisare che non è tanto la coppia ad essere in crisi quanto il matrimonio, soprattutto quello religioso. Così come non si può parlare di crisi delle vocazioni ma del sacerdozio cattolico omologato, che è un’altra cosa.
Quando durante il concerto di Natale in Vaticano viene censurata la cantante Lauryn Hill perché legge un proclama contro i preti pedofili di Boston dove, per pagare le oltre 500 vittime conclamate degli abusi dei preti (sempre coperti dalla gerarchia) si è dovuta vendere anche la cattedrale, si può capire anche la flessione negativa delle vocazioni sacerdotali. Boston non è poi così lontana né così diversa da Trento.
O no?