Ricordando Giordano Bruno
Il 17 febbraio ricorreva l’anniversario della morte di Giordano Bruno, bruciato nel rogo di Campo de’ Fiori nell’anno giubilare 1600 in seguito alla condanna capitale pronunciata dalla Inquisizione.
E’ opportuno ricordarlo non tanto per condannare ancora una volta il misfatto compiuto dalla Chiesa quattro secoli fa, ma perché viviamo in tempi difficili, pieni di oscuri veleni e di chiare minacce alla libertà di pensiero. Non vorremmo che il futuro ci riservasse altri roghi, magari solo virtuali ma non per questo meno mortiferi.
Nato a Nola nel 1548, Giordano Bruno fu accolto giovanissimo nel chiostro dei Domenicani a Napoli per essere avviato alla vita religiosa. Per 13 anni si dedicò allo studio della teologia e a segrete letture di filosofi proibiti, manifestando ben presto le prime tendenze ereticali del suo spirito vivace, appassionato, insofferente ai "paraocchi" che la Chiesa voleva imporgli. Viaggiò per l’Italia, andò in Svizzera, a Parigi, a Londra, a Wittemberg (l’Atene tedesca), a Praga e a Francoforte, insegnando liberamente la sua filosofia e pubblicando le sue opere latine. Il destino ebbe una svolta con il trasferimento a Venezia su invito del patrizio Giovanni Mocenigo che, attratto dalla sua notorietà di studioso e di uomo colto, voleva imparare le regole di mnemotecnica per cui Giordano Bruno era diventato famoso. Ma nel volger di poco tempo l’ammirazione si muta in malanimo. Il 23 maggio 1592 Mocenigo lo denuncia all’Inquisitore di Venezia per eresia. Il giorno dopo alle 3 del mattino Bruno viene prelevato da casa Mocenigo e incarcerato nelle prigioni del Santo Uffizio. Non sarà mai più libero.
Il processo da Venezia passò a Roma nel 1593 e durò 7 anni. Bruno non solo si rifiutò di ritrattare, ma con l’impeto che gli era proprio ribadì le sue convinzioni religiose e cosmologiche. E lo fece con forza e a volte con impeto lirico commovente. Un solo esempio tratto dalle carte del processo: "Io penso a un universo infinito. Stimo infatti cosa indegna della infinita potenza divina che, potendo creare oltre a questo mondo un altro e altri ancora, infiniti, ne avesse prodotto uno solo, finito. Così io ho parlato di infiniti mondi particolari simili alla Terra".
Giordano Bruno fu condannato anche per questa affermazione ritenuta eretica. Le scoperte di galassie lontane fatte come la nostra, di pianeti esterni al sistema solare simili alla Terra, e di elementari forme biologiche provenienti dal cosmo, costituiscono un magnifico omaggio alle sue intuizioni.
In questo breve scritto non è possibile ricordare le numerose opere e la traccia del suo pensiero irrequieto che aderì alla teoria copernicana e preparò il terreno alla rivoluzione galileiana. E’ però opportuno ribadire che egli meritatamente è assurto a simbolo della libertà di pensiero. Al momento della sentenza egli dichiarò ai giudici: "Forse avete più paura voi nel condannarmi, che io nel subire la condanna". La fiamma del rogo che arde vivo Giordano Bruno con i suoi ‘eroici furori’, brucia anche la libertà di espressione e di pensiero. Un ammonimento per tutti a ricordare il detto attribuito a Voltaire: "Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo".