Regione: soldi, auto, turismo di lusso
Tutti gli interrogativi dietro i casi Atz e Grandi: il turismo politico, la gestione disinvolta del bene pubblico, il lato oscuro di “missioni” misteriose. Ma dietro c’è di più: la Regione, svuotata di competenze ma non di soldi, e diventata la pattumiera della partitocrazia locale.
Le due vicende di Budapest e di Mosca, del furto (continuato) di auto blu all’assessore Atz, e dell’arresto del funzionario Zaffi con malloppo di dollari, sono riuscite a scuotere l’immobile politica regionale. Anche nelle ovattate sale dei palazzi del potere locale, questa volta infatti è giunta, e ben chiara, l’eco di un’indignazione popolare ormai prossima al livello di guardia, che ha travolto i soliti tentativi di minimizzare, di far finta di niente.
Indignazione sacrosanta. Perché i due fatti, fin da una prima lettura, sono gravi. Approfondendo, lo sono molto di più; tanto da chiamare in causa il modo complessivo con cui è governata, e lo stesso ruolo e senso dell’istituzione Regione.
Cominciamo dal caso Atz: il furto a Budapest, di due (2) auto blu dell’assessore, che segue di pochi mesi il furto di un’altra auto blu sempre di Atz, sempre a Budapest, per un totale di tre (3) Audi 6, del valore di cento milioni ciascuna, rubate nello stesso posto alla stessa persona.
Il caso ha dell’incredibile: un record mondiale. La faccenda è ancora più strana, in quanto non si tratta di auto incustodite, ma di auto pubbliche con autista, il quale ne è anche responsabile e custode (ogni auto di rappresentanza delle nostre amministrazioni è assegnata a un autista; se per qualsiasi motivo un assessore utilizza un’altra auto, si trova assegnato anche il relativo autista).
Ora, dove era l’autista in occasione del primo furto? "A pagare una fattura" - è stata la risposta fornita da Atz a un’interrogazione consiliare; ma le fatture non le paga l’autista, bensì il funzionario che, come vedremo, segue sempre l’assessore.
E dove erano i due autisti in occasione del secondo e terzo furto? Quando già si sapeva che Budapest era città a rischio? "Sono venuti con noi a visitare il Parlamento" - è stata, per ora, la disarmante risposta. Su questa storia dei custodi che vanno a fare prima i funzionari pagatori, poi gli allegri turisti, ci sarà un’inchiesta interna della Giunta Regionale e ci sarà anche l’inchiesta di una commissione consiliare; noi auspichiamo che ci sia pure un’indagine della magistratura. Anche perché riteniamo inqualificabile per un rappresentante delle pubbliche istituzioni, e foriera di ulteriori perdite di pubblico di denaro, la reazione di Atz: "Di che vi preoccupate? Tanto, paga l’assicurazione!"
Ma altri aspetti sono ancora più preoccupanti. Le auto blu a Budapest erano in realtà tre: facendo la spola Bolzano-Budapest, trasportavano una folla di persone: 7 rappresentanti di Comuni sudtirolesi, 6 delle istituzioni scolastiche, l’assessore, il funzionario delegato, più eventuali ulteriori dipendenti regionali di cui non abbiamo riscontrato traccia negli atti ufficiali. Atz si muove circondato da una piccola corte: ovviamente a tutto provvede la munifica Regione.
E cosa fa Atz in questi suoi frequenti viaggi in Ungheria? Promuove (leggiamo dalla relativa delibera) "l’integrazione europea nel quadro della collaborazione fra la Regione e la minoranza tedesca in Ungheria". Il suddetto viaggio è riferito a un programma di "visite ed incontri o eventi culturali in Ungheria per l’avvio di gemellaggi con comuni della Repubblica di Ungheria"; e soprattutto di "iniziative e progetti nel campo scolastico promossi e/o sostenuti dalla Regione": cioè pubblicazione di libri per l’insegnamento del tedesco, sostegno a scuole, ecc.
Insomma un autentico patronato della Regione (o meglio, di Atz) sulla minoranza tedesca in Ungheria. Ovviamente con i soldi pubblici: abbiamo riscontrato impegni di spesa per 5 miliardi e 500 milioni, ma non giuriamo che questa sia la cifra definitiva.
Di qui la domanda: che senso ha tutto questo? Perché mai la Regione deve sponsorizzare minoranze in giro per l’Europa? E cosa è questa sorta di sponsorizzazione etnica: l’assessore tedesco che si cerca e adotta la minoranza tedesca?
Tutto questo, tirato per i capelli, può essere formalmente legittimo. Esiste infatti una legge (la 10 del ’98) che prevede interventi della Regione per collaborare con le minoranze; si intendono le minoranze in Italia, ma un’interpretazione estensiva ha permesso di mettere in gioco le minoranze dell’universo mondo.
Ma la legittimità formale non giustifica il non-senso politico e il conseguente spreco di soldi pubblici.
Anche perché il tutto è apparentemente un non-senso per la Regione, ma non lo è per Atz, e la cosa acquista colorazioni preoccupanti. Roland Atz (con il suo collega Franz Pahl) rappresenta l’estrema destra della SVP, con forti simpatie per l’estrema destra tedesca. Su queste pagine la consigliera e assessora Alessandra Zendron ha più volte denunciato come le sovvenzioni della Regione, grazie all’interessamento dei due assessori, siano in alcuni casi finite a associazioni dell’estrema destra filo-nazista internazionale: il caso più clamoroso è stato quello della Föderalistische Union Europäischer Volksgruppen (FUEV), beneficiata di 70 milioni l’anno (vedi Perché la Regione non deve associarsi alla Fuev, QT del 21 aprile 2001) nonostante fino al ‘96 diffondesse il libro "Handbuch der Minderheiten", un manuale razzista sulle minoranze europee (altro che integrazione, convivenza, ecc!).
Insomma, non solo si sperperano soldi. Si finanziano piccoli personali feudi etnici, con preoccupanti collegamenti internazionali.
Veniamo al caso dell’assessore Tarcisio Grandi e del suo funzionario delegato Davide Zaffi. Ricapitoliamo i fatti: i due vanno a Mosca per un convegno (ovviamente finanziato dalla Regione, vi torneremo) muniti di robuste somme di denaro in contanti (17.000 dollari, 37 milioni di lire). Non dichiarano la somma (il che, per la legge russa, è un reato valutario); al ritorno Zaffi viene beccato con 11.000 dollari in tasca e arrestato; Grandi non se ne accorge (così dice) e vola in Italia.
A questo punto la vicenda si complica ulteriormente. A Mosca Zaffi viene sbattuto in cella d’isolamento, al buio e al freddo; a Trento Grandi continua a far finta di nulla, non dice a nessuno di Zaffi, sembra che persino neghi - in un primo momento - di essere stato a Mosca, né si attiva per soccorrere il suo funzionario. A Mosca, nelle fasi concitate dell’arresto, Zaffi era riuscito con il cellulare a far arrivare all’ambasciata italiana il suo S.O.S.: per tutta la giornata di mercoledì 28 novembre l’ambasciata, fin dalla prima mattina, tempesta la Regione di telefonate (ben undici): serve una dichiarazione ufficiale che attesti che Zaffi era in missione. Grandi non risponde, né riceve la moglie di Zaffi in lacrime. Solo a tarda sera, la Regione interviene, e invia le due righe richieste da Mosca, e la mattina dopo Zaffi viene liberato.
Diciamo subito di non capire appieno i significati di questa brutta storia.
Vediamo i tanti interrogativi. Zaffi e Grandi vanno all’estero come due sprovveduti: con i rotoli di dollari non circola nessuno (tranne chi ha affari sporchi). Tornati, hanno raccontato un sacco di fandonie: che a Mosca non funzionano le carte di credito, che non sarebbero possibili pagamenti bancari, ecc. Qualsiasi turista, uomo di affari, funzionario di banca, è in grado di smentirli; anzi, la stessa Regione, in occasione di altri convegni con l’Est, ha provveduto a pagamenti via banca, non attraverso gli spalloni. Perché il nostro duo invece se ne va con i milioni in tasca? E perché al ritorno ci racconta frottole?
Secondo aspetto: i nostri rappresentanti hanno commesso un reato. A Zaffi esprimiamo tutta la solidarietà per l’indegno trattamento cui è stato sottoposto da una polizia evidentemente non usa al rispetto dei diritti umani. Rimane il fatto: lui ha torto. E lo ha ancor più proprio perché è il rappresentante di un’istituzione: non può una delegazione ufficiale andare all’estero infrangendone le leggi. "Così fan tutti" - si è giustificato Zaffi. Primo, non è vero, nessuna persona di buon senso va in giro con decine di milioni in tasca. Secondo: in ogni caso, l’infrazione generalizzata della legge, anche se fosse effettiva, non sarebbe una giustificazione accettabile per un rappresentante istituzionale.
Come per Atz, anche in questo caso si pone poi l’interrogativo: cosa facevano i nostri rappresentanti all’estero? La motivazione è un convegno, all’interno di una serie di "iniziative e programmi volti a promuovere nell’Est europeo e in particolare nelle aree post-sovietiche gli ideali del regionalismo in senso europeista e la pratica della cooperazione interregionale" tutte cose per cui vengono stanziati 250 milioni. Questo convegno avrebbe fatto interloquire i rappresentanti della minoranza transistriana (minoranza secessionista della Moldavia) con il relativo governo, dando – dicono i nostri – un fattivo contributo a una soluzione dei problemi del posto.
Sarà così? Effettivamente la Regione sta svolgendo – e con successo - un ruolo di preparazione di un clima culturale utile a raffreddare situazioni di potenziale pericolo? Forse.
Però ci permettiamo di dubitarne. Soprattutto perché Tarcisio Grandi, questa grande, luminosa, prestigiosa operazione internazionale, la ha avvolta nel mistero. E non solo – il che sarebbe in qualche misura comprensibile – a seguito del grottesco esito all’aeroporto di Mosca. Ma anche prima. Di questo convegno, della partenza della delegazione trentina, non sapeva niente nessuno. Non sono stati avvisati i giornali. Non è stato avvisato nemmeno l’ufficio stampa della Regione.
Insomma, le pompose intestazioni delle delibere parlano di collaborazioni tra i popoli ecc; così pure le giustificazioni postume; la realtà invece è quella di un assessore che di nascosto va all’Est con un pacco di milioni; e che quando ritorna tenta di nascondere tutto, anche a costo di lasciar marcire in carcere il proprio collaboratore più fidato.
C’è sotto qualcosa? Non lo sappiamo. Anche qui sarebbe cosa buona e giusta che, a fianco delle doverose inchieste consiliari, ce ne fosse una della magistratura, magari per fugare i più che legittimi dubbi.
Di sicuro non va l’approccio della Regione al problema. Queste velleità di politica estera ci sembrano francamente ridicole. Concordiamo con quanto ci ha risposto, in conferenza stampa, la stessa Presidente Cogo: "Se intendiamo affrontare problemi di tal genere, dobbiamo farlo con il massimo di pubblicità e di coinvolgimento dell’opinione pubblica."
Per intanto – aggiungiamo noi - la smania di convegni all’estero, è solo una fonte inaccettabile di sprechi.
Tutto questo rimanda al problema di fondo, la Regione. Perché la "convegnite acuta" non è malattia solo di un paio di assessori. E’ diffusissima fra gli stessi funzionari.
Intendiamoci, nella Regione c’è gente che lavora, e lavora bene. I pochissimi compiti che le sono rimasti sono svolti in maniera ineccepibile, tra cui anche alcuni convegni e iniziative politico-culturali di buon livello. Però è un fatto che l’istituzione in questi anni è stata via via svuotata, fino a diventare una scatola vuota. Contemporaneamente però sono rimasti i soldi e il personale, con assunzioni al 90% clientelari.
Abbiamo quindi tanta gente, tanti soldi, pochissimo lavoro. Ed ecco che in Regione c’è la gara a partecipare a convegni in giro per l’Europa, e anche fuori. Non si creda che un convegno sia un’esperienza noiosa: si alloggia in un hotel di lusso, scortati da macchine di prestigio, attorniati dalle hostess, ragazze giovani, carine e (nei paesi dell’Est) indigenti.
E’ la cuccagna. Anche perché i costi sono tutti a carico di Pantalone, che per di più paga al nostro turista anche l’indennità di trasferta.
Si vuole di più? Pronti. Per chi non si sente troppo un intellettuale, e si stuferebbe nel sentire alcune ore di relazioni, c’è la possibilità di seguire manifestazioni varie, sportivo/folkloristico/culturali, sempre all’estero, cui la Regione partecipa due volte: con un contributo, e con la partecipazione di un suo funzionario. E’ possibile, tanto per fare un esempio, farsi una vacanza negli Stati Uniti al seguito di una squadra di pallavolo in tournée.
Quindi oltre Atz, oltre Grandi, è l’istituzione in profonda decadenza. In questi mesi la Cogo ha tentato di tappare le falle più vistose. Ha tentato in alcuni casi di arginare Atz; ha timidamente tentato di regolamentare viaggi e contributi. Non è stata sostenuta (a iniziare dal suo partito, i Ds, che hanno sposato l’immobilismo più assoluto) e allora ha pensato bene di lasciar perdere, e limitarsi a vivacchiare.
D’altra parte per la partitocrazia la Regione va sostanzialmente bene così come è, in quanto svolge l’utile funzione di pattumiera. La Svp infatti vi scarica i propri, imbarazzanti estremisti, i Pahl e gli Atz: in Regione si gestiscono come feudi i propri assessorati, da cui possono instaurare strani rapporti con realtà estere; e così non rompono in casa. Discreditano l’istituzione? E’ lo stesso, anzi meglio: la Regione dalla Svp è sempre solo sopportata.
Per la politica trentina è più o meno lo stesso, a parte i roboanti discorsi sull’Autonomia: la Regione è il posto dove scaricare il politico impresentabile, quello che si compera con quattro denari (l’assessorato regionale) per formare una maggioranza, i Grandi, i Panizza, le Dominici. Anche qui la pattumiera ha la sua utilità.
Se poi aggiungiamo le assunzioni clientelari, e il fatto che tutti i regolamenti (a iniziare da quello sui finanziamenti ai gruppi consiliari) prevedono controlli e rendiconti sempre meno stringenti dei corrispondenti provinciali, il quadro si completa. La Regione funge da camera di compensazione della partitocrazia.
Adesso – forse – si è raggiunto il fondo. I disperati e talora patetici tentativi della Cogo di dare un senso alla propria presidenza stanno trovando, sull’onda dell’indignazione popolare, qualche sponda. All’ultima seduta del Consiglio Regionale, di fronte alla proposta di Claudio Taverna (Alleanza Nazionale) di istituire una Commissione consiliare d’inchiesta sui fatti di Praga e Mosca, la maggioranza Svp-Ulivo era incerta, la voglia di insabbiare era tanta. Interveniva la Cogo: "Io, alla Commissione voto a favore" diceva, facendo imbufalire il capogruppo Svp, Denicolò, che usciva dalla stanza sbattendo la porta.
Poi però la Svp ci ripensava, non poteva rimanere da sola a difendere chi si fa rubare auto blu in serie. E così Denicolò in aula si pronunciava a favore della commissione d’inchiesta, anzi rilanciava chiedendone due, una per i fatti di Mosca e una per quelli di Budapest, nel probabile tentativo di affogare Grandi per salvare Atz.
Così le commissioni d’inchiesta si faranno. E probabilmente si accetteranno le proposte di Cogo sui controlli a viaggi, spese, convegni.
Ma finché non si ridisegnerà da capo a fondo una nuova Regione, il declino continuerà.