Carriera politica e idealità
Il caso di Cavalese: la irresistibile carriera di Mauro Gilmozzi.
Alla fine degli anni ’80 Cavalese veniva da un lungo periodo durante il quale avevano trionfato i poteri forti, le seconde case sorgevano come funghi, l’arroganza si era impadronita dell’amministrazione: la tradizionale gestione democristiana dei paesi trentini.
Con la sconfitta della DC nel 1990 e la vittoria delle liste civiche e di ispirazione socialista e verde, sembrava consolidato il tramonto di simili periodi.
Mauro Gilmozzi aveva rivestito la carica di sindaco e con coraggio aveva imposto il blocco dell’edilizia speculativa e investiva nelle idealità proposte dalla cultura della sinistra, che assieme a lui governava.
Dopo un decennio Gilmozzi è ancora alla guida del Comune e si è ritagliato spazi di potere importanti: presidente del Consorzio dei Comuni Trentini, presidente del Comprensorio di Fiemme, del Distretto sanitario, uomo importante della Margherita di Dellai, uomo di riferimento dei sindaci delle periferie. Candidato alle elezioni regionali, il successo gli è sfuggito per una manciata di voti: già gustava la carica di assessore al turismo, ma l’oste di turno lo ha rimesso in sala d’attesa.
Anche nell’imprenditoria locale la sua presenza non è marginale: presidente della Bioenergia, la società che sta costruendo l’impianto di teleriscaldamento a Cavalese, è presente con ruoli importanti nella Cassa Rurale, nelle imprese Misconel, nella società Cermis e in altre ancora.
Straordinariamente efficace la descrizione dei sindaci della Margherita che troviamo sul giornale della Lega Nord del Trentino a firma dell’on. Rolando Fontan: "La Margherita si è dimostrata essere il frutto dell’arrivismo personale di qualche sindaco post democristiano declinato in salsa localistica, il tutto condito dalla mancanza di qualsiasi progetto e strategia politica che non fosse l’occupazione del potere e il carrierismo personale".
Questa descrizione potrebbe inquadrare la personalità del sindaco di Cavalese?
L’attenzione ed i riconoscimenti che egli raccoglie presso i suoi colleghi, e perfino presso assessori e segretari provinciali di partiti della sinistra trentina, che sembrano ritenerlo un esempio da seguire, mostrerebbero altrimenti, ed allora, seppur brevemente, seguiamolo questo esempio nei suoi dodici ani di vita amministrativa.
Gilmozzi arriva in Comune come consigliere durante l’amministrazione Fontana (DC) ed in vista delle elezioni comunali impone all’assessore del suo gruppo civico, la lista Tre Abeti, di ispirazione repubblicana, di dimettersi, avviando così un’aspra, sacrosanta campagna politica contro la speculazione edilizia.
Si pone come punto di riferimento di un’area di centro-sinistra, che promuove iniziative a difesa dell’ospedale, contro la strada di fondovalle; il consenso ottenuto attorno a queste battaglie, e il sempre più accentuato isolamento del sindaco uscente, portano quest’area alla vittoria elettorale e Gilmozzi alla poltrona di sindaco.
Partono progetti fondamentali: il nuovo Piano Regolatore generale, la casa degli anziani, il piano della viabilità, una nuova attenzione alla formazione scolastica e alla cultura, l’assessorato alla pace. Sembra l’avvio di una lunga primavera, ma questo idillio viene frantumato da una decisione ancora oggi incomprensibile dell’area socialista che rompe con la giunta Gilmozzi nel dicembre 1993.
Il PATT ha appena vinto le elezioni provinciali, siamo in pieno avvio del progetto Abete, dell’alleanza Grandi-Tretter: in giunta entra il PATT assieme ad un transfuga democristiano, Carmelo Zini, oggi responsabile provinciale del Centro.
Alle elezioni successive, invece di affidarsi ad un’alleanza con quella parte di sinistra che gli era rimasta vicina e che tante idealità aveva portato, preferisce schierarsi con il PATT, nonostante i dubbi sollevati dai suoi rappresentati. Alle elezioni nazionali rimane vicino all’Abete, ma le cose non vanno bene: pochi mesi dopo scarica quindi il PATT e con uno straordinario "ribaltone" porta in giunta i suoi più acerrimi nemici, i transfughi democristiani che l’hanno osteggiato per sei anni in ogni iniziativa, anche con brutalità.
A tutt’oggi Gilmozzi amministra con questi signori; e nonostante l’ormai lungo governo, in paese non si nota alcuna traccia di innovazione, anzi. L’attuale opposizione di centro-destra, PATT e liste civiche, denuncia la presenza di un decisionismo che è divenuto autoritarismo, altri parlano di regime; in sostanza, si ha la sensazione di essere ritornati agli ultimi tempi dell’era democristiana, rappresentata dal sindaco Giorgio Fontana.
Entriamo ora nel merito dei problemi. Va dato atto al sindaco di aver mantenuto una coerenza importante sul blocco delle seconde case, e non è cosa di poco conto. Le altre realizzazioni che stanno per essere portate a termine, se amministrativamente vengono concluse sotto la sua guida, sono state però ideate e avviate assieme ad altri soggetti, guarda caso dell’area della sinistra o ambientalista: la casa degli anziani, il teleriscaldamento, il valore dell’istruzione, i problemi sociali. Per le altre tematiche rileviamo invece contraddizioni, o assenze pesanti, specialmente nel settore sociale, nell’attenzione verso le fasce deboli.
Poi c’è la questione ospedale. Poco prima delle elezioni comunali Gilmozzi si dimette con clamore da presidente del Distretto Sanitario causa l’inutilità di questo ruolo ed i continui attacchi che la struttura sanitaria delle valli di Fiemme subisce dalla Provincia. Non appena eletto, viene riconfermato nell’incarico e nomina una commissione consigliare sulla sanità, priva di autonomia e di ruolo, gestita da uomini a lui direttamente collegati e che prima di muovere un passo hanno bisogno di chiedere autorizzazione e consigli. La Provincia intanto prosegue nella razionalizzazione dei servizi sanitari in valle, con un continuo declassamento di ogni struttura presente sia all’interno dell’ospedale che sul territorio. Il tema della prevenzione rimane poi totalmente assente.
Asilo-nido: dal 1973 a Cavalese si annuncia come imminente l’istituzione del nido. Gilmozzi pensa inizialmente ad una struttura di valle, ma trova ostacoli insormontabili nel campanilismo e nella miopia degli altri sindaci. Lo promette nel suo comune, o per lo meno garantisce l’avvio del servizio delle Tagesmutter: a tutt’oggi nulla è presente sul territorio.
Associazionismo: oltre 40 associazioni operanti a Cavalese da anni chiedono una sede decente, uno spazio di ritrovo anche comune. Gli spazi pubblici da sfruttare ci sarebbero, ma nulla si muove.
Insomma, tutto quanto riguarda il sociale, i bisogni reali del cittadino, non assume priorità amministrativa: basti pensare alla mensa nelle scuole, ricavata a scapito degli spazi per la formazione scolastica, e realizzata in tempi lunghissimi.
Le barriere architettoniche? Provate a frequentare il Comprensorio di Fiemme, il municipio, la pretura, altri uffici di pubblico servizio. Nulla viene fatto per aiutare i disabili, nè per tradurre in pratica gli adeguamenti di questi edifici pur programmati ai tempi della prima legislatura dello stesso Gilmozzi.
Anche sul tema dei rifiuti, in veste di presidente del Comprensorio, nella passata legislatura Gilmozzi aveva promosso una commissione che oltre a trovare eventuali alternative alla costruzione della folle discarica di Capriana, doveva elaborare un progetto pluriennale di riduzione della produzione di rifiuti. Ma le spinte a favore della discarica erano troppo forti, nonostante le alternative possibili; i sindaci di Fiemme hanno sempre preteso la costruzione di quella discarica e così, con l’accomodante beneplacito del presidente comprensoriale, si è investito nell’insana costruzione, ed il lavoro della commissione è rimasto ad ammuffire nei cassetti della giunta comprensoriale.
E può continuare l’elenco delle innovazioni avviate nella prima legislatura di Gilmozzi, e poi dallo stesso insabbiate. Era prevista una graduale riappropriazione di spazi pubblici da parte dei cittadini: in pratica si doveva liberare l’abitato di Cavalese dall’invadenza delle auto e permettere ai turisti di godere dello spettacolo degli edifici importanti e delle piazzette che caratterizzano il centro storico. Nel piano regolatore venne così inserito un apposito capitolo sull’argomento e seguirono alcune decisioni importanti in questa direzione. Ma non appena libero della ingombrante presenza della sinistra e degli ambientalisti, ecco che dal piano regolatore spariscono questi intenti e il paese ritorna quello del 1990: auto ovunque, fin sui marciapiedi, fino all’entrata di negozi ed uffici e il traffico che in certe ore trasforma l’abitato in una camera a gas.
Darsi da fare per rendere più vivibile il paese viene percepito quasi come un intralcio all’attività economica e amministrativa; mentre è fondamentale offrire risposte efficaci e immediate alle esigenze della società Cermis.
Dal 1990 al 1995 era scontato che le piste non dovessero arrivare fino al fondovalle ed infatti si erano sacrificati spazi di bosco e territorio importanti all’intermedia della funivie per il potenziamento dei parcheggi. Il 3 febbraio 1998 arriva lo shock della strage impunita del Cermis. Quale migliore occasione per rimangiarsi ogni intento di attenzione verso l’ambiente? Con procedura d’urgenza si sostituisce la funivia con una cabinovia che arriva in fondovalle e attraversa l’Avisio, e si stanno ora attendendo le autorizzazioni per avere la pista ed i parcheggi fino nell’alveo del torrente Avisio. Quello che era impossibile prima è divenuto necessità ed imposizione grazie alla tragedia del 3 febbraio.
Anche la vicenda del teleriscaldamento è emblematica di come l’amministrare possa trasformarsi in gestione del potere. Nel 2000 un’assemblea dei soci della società Bionergia aveva espresso il desiderio di avere rappresentati nel consiglio d’amministrazione i piccoli utenti. Detto-fatto. Poche settimane fa la Bioenergia organizza un’assemblea informale di alcuni di questi piccoli utenti, evitando però di invitare soci presenti in condomini o amministratori di questi condomini. Perchè? Perché questi amministratori detengono quote complessive che li trasformano in utenti importanti. Diventa così semplice, e forse formalmente corretto, gestire la piccola assemblea di preparazione e far votare da questa due nomi da presentare all’assemblea generale. Anche in sede di assemblea generale viene impedito non solo di votare, ma perfino di intervenire a parte di piccoli utenti: i due nomi votati in loro rappresentanza - guarda caso - sono uomini vicini al presidente di Bioenergia e sindaco di Cavalese: uno ex direttore e l’altro attuale vicedirettore della Cassa Rurale. Nel Consiglio d’amministrazione viene così indirettamente rafforzata la posizione della Cassa Rurale locale, e non ci sarà il rischio, mentre si parla di bilanci, di dover perdere tempo a sentire le lamentele dei paesani.
Intanto, in un paese scavato e sconvolto in decine di zone diverse, la ditta Misconel ritarda il ripristino dei danni causati non solo alla viabilità pubblica, ma - fatto gravissimo - anche quelli imposti per i vari passaggi ai privati.
Chi va a protestare in Comune viene rimpallato alla Bionergia, chi si rivolge alla Bionergia viene spedito alle imprese Misconel e quest’ultima azienda rimanda le responsabilità al Comune e alla società Bionergia. Il cerchio si chiude, come sempre all’italiana, con danni e beffe che ricadono sempre sul cittadino.
Mauro Gilmozzi è un sindaco certamente capace dal punto di vista amministrativo, certamente astuto. Non ha bisogno come Berlusconi dei sondaggi per sentire il polso dei suoi elettori, perché dispone di una rete straordinariamente diffusa di amici e sostenitori. Ma non solo. Ha ricostruito in Comune il vecchio partito dei geometri. Vantandosi di non avere alcuna appartenenza politica, è riuscito ad accattivarsi la simpatia di persone che probabilmente poco hanno a che spartire con le sue idealità. E forte di tutto questo ha accentrato talmente tanti poteri da risultare il referente fondamentale in valle di tanti interessi e situazioni; gli stessi sindaci di valle davanti a lui si inchinano, pendono dalle sue labbra, anche se a volte non perdono occasione, come avvenuto a Capriana e non solo, di fargli perdere quei pochi voti che gli sarebbero risultati sufficienti per volare a Trento.
Non c’è dubbio, Gilmozzi è l’uomo forte della valle. Del resto, è consuetudine per Fiemme investire più nelle persone che in idealità e progetti. Negli anni ’70 trionfava Vinante, al quale subentrò il tandem Betta-Craffonara, ora siamo in piena era Gilmozzi. A quanto pare, vige la consuetudine di dare fiducia a persone prive di specifica cultura politica se non nell’avversione verso la sinistra e l’ambientalismo; persone disposte a schierarsi con il forte del momento, a carpire il sentire comune della maggioranza degli elettori e a guidarlo, a trasformare l’intelligenza in furbizia e malizia,a governare in funzione del potere, a trasformare l’autorità in autoritarismo.