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Il colore emozionale

L’arte del paesaggio in Moggioli e Frangi, con un piccolo omaggio a Carlo Scarpa.

Non sarà stato facile per una galleria d’arte privata, l’Officina d’Arte in corso Porta Borsari di Verona, riunire una quarantina di opere di Umberto Moggioli, tra cui tanti indiscussi capolavori e opere poco note al grande pubblico. A miracolo avvenuto e girovagando tra le sue vedute, i ritratti, le nature morte, possiamo provare a definire in poche linee i dieci anni fatidici di produzione fino alla prematura scomparsa (a 32 anni di spagnola, 1919).

"San Francesco nel deserto" (1912) di Umberto Moggioli.

Dai paesaggi ridotti a tavolozza iridescente, come nel caso del "Canale veneziano" del 1908 o della "Veduta di riva degli Schiavoni" del1907, in cui l’artista trentino sembra aver assorbito e addirittura superato la scuola ciardiana, pian piano si fa strada una ricerca di spazi di silenzio per meglio riflettere sugli esiti più straordinari della pittura del passato e della pittura europea del suo tempo. In opere apparentemente diverse diventano tratti distintivi una certa aura romantica come anche lo spirito anticonvenzionale di un Van Gogh o la ricerca di un altrove, non nei mari del Sud, come in Gauguin, ma in alcune isole della laguna. Moggioli cerca nuovi accordi, dà maggiore fluidità ai colore, ritorna sugli stessi soggetti per meglio spremerne i succhi, non preoccupandosi troppo dei tromboni della critica. Quel che più gli preme "è di rendere il carattere delle cose e delle persone con la maggior semplicità plastica possibile".

All’icona del paesaggio si contrappone il movimento del tempo nei colori indefinibili di un’alba o di un crepuscolo. "L’isola del silenzio", "S. Franceso del deserto" del 1912 non sono più pitture di paesaggio, ma luoghi dello spirito; il blu misto al verde di "Barene", sebbene faccia riferimento ad un coacervo di contingenze, sembra sfidare la morte nel segno della pittura, della grande pittura che ferma l’istante e lo rende eterno.

In un pomeriggio di pioggia battente si può anche provare a confrontare il taglio orizzontale di quest’ultimo quadro di Moggioli con il pannello centrale del "Trittico" di Giovanni Frangi, dedicato a Venezia, in mostra nelle sale della Galleria dello Scudo, a pochi passi dalla precedente.

Altro periodo, altra parrocchia, altro formato, altre libertà: e sempre emerge con chiara evidenza il rigore di chi sa "vedere", di chi sa cogliere l’essenziale con pochi tratti, pochi colori, di chi lavora per riduzione come nei bianchi e neri stratosferici dei pannelli laterali, di chi con immediatezza punta al colore emozionale. Bellissimi anche i suoi Acquari e i Paesaggi italiani.

Piove ancora. Ultima nota, la Mostra su Carlo Scarpa nelle sale del Museo di Castelvecchio, che lui stesso restaurò a partire dal ’57: progetti di riordino di musei ( Gallerie dell’Accademia, Fondazione Querini Stampalia di Venezia, Gipsoteca Canoviana di Possagno...) e allestimenti di esposizioni prestigiose (quelle di Klee, Mondrian Bellini...). Al di là di ogni retorica e per problemi di spazio presentiamo una foto che crediamo sintetizzi la ricerca di un grandissimo maestro.

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