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“Ai confini del corpo”

Franco Rella, Ai confini del corpo. Feltrinelli, Milano, 2000, pp. 251, £.40.000.

Serravalli Luigi

Confini è parola usata con diversi significati: divisione fra territori, ma anche estensione del territorio. L’essere umano vive legato al corpo e mitizza una vita extra-corporea. Chi vede le cose in perfetta simmetria come gli Indù, e chi in modo asimmetrico come noi. Rella procede, come aveva fatto con il primo libro famoso, "Il silenzio e le parole" (1980) soffermandosi sui valori di una dialettica degli opposti, riferibile per esempio a una diade ricchissima di possibilità come Eros e Thanatos. Il procedere attraverso a un doppio (come ha insegnato il russo Michail Mikajlovitch Bachtin (1895/1975), offre la possibilità di un tessuto critico denso di richiami, allusioni e raggiungimenti).

Rella, partendo sopra tutto da Georges Bataille (1879/1962) e dal suo tempo, incalza il corpo in atteggiamenti e realtà contrarie, dove, sopra tutto la donna, viene spesso chiamata in causa come protagonista. Il paganesimo, i padri penitenziali, il Rinascimento, il neo classicismo winkelmanniano, il romanticismo, la modernità e il post moderno, ogni epoca ha le sue proposte fra amore e morte, nell’evoluzione di una problematica (in parte chiusa nei suoi misteri originali) che Rella esplora, indaga, spesso con metodi di un romanzo poliziesco, inserendo nello studio ora scientifico ora filosofico veri e propri momenti narrativi (le schegge che riguardano la storia di Claudia). Una specie di cerchio di Moebius, infinito, dove la suspense è compensata dalle scoperte e dalle sorprese. Alla fine la soluzione del mistero sarà rimandata ad un altro libro. Forse continuerà il gioco delle scatole cinesi.

Rella, in gran forma, si destreggia, ora filosofo o saggista, ora narratore, psicologo, psicanalista e perfino poeta. Un esistenzialista in movimento cosciente delle grandi lezioni del passato e preoccupato per i risultati del futuro.

Fra Eros e Thanatos si pone l’organicità, sfuggita dai mistici e dall’idealismo, più accettata, in era elettronica e scientifica perché, nonostante le apparenze, nella materia organica appare ciò che chiamiamo vita: tanto in una rosa quanto in uno spinoso cactus (esclusa ogni minima supposizione positivista o materialista).

Il corpo è la medietà: apollineo - dice Nietzsche nello studio della tragedia greca -, immonda reliquia nelle bare dell’Orcagna al cimitero di Pisa.

Rella chiama ad aiuto e conforto i suoi innumerevoli amici: Flaubert, Baudelaire, ma anche Zola, Thomas Mann e Rilke, ma soprattutto Proust. La verità aggalla da infinite citazioni, una verità possibile, sempre in movimento. Romanzieri recenti si accostano a Kafka e Pirandello nonché alle terribili mistiche del passato.

La bellezza del libro sta nel fascino di questa avventura critica dove il lettore non è chiamato solo ad imparare, ma a partecipare, aggiungere i suoi contributi. Il pianeta, come in Kubrick, è un’ "arancia meccanica", piccolo globo che si muove, sollecitato dalla gravitazione e tanti altri meccanismi. Bisogna guardare, come ha scritto Schnitzler e come dice Kubrick, con "Eyes wide shut", a occhi aperti. Cioè quegli occhi che indagano dentro al cervello l’altra diade famosa fra pensiero pensato e pensiero pensante. Rella quasi gioca fra dialettica degli opposti e dialettica dei distinti, fra ragionamento e racconto, psicanalisi e psichiatria.

Il territorio del corpo quindi appare, più che altro, un motivo per la mente di rimettere tutto in gioco dopo Freud, Lacan e le scoperte dell’elettromagnetismo. Sempre ricordando la distanza fra mistero e scienza, dove ognuna è della massima importanza.

L’esistenzialismo si muove anch’esso fra misticismo (Soloviev e Kierkegaard) e ragione: ma anche qui c’è un profondo divario fra Heidegger e Sartre. Forse nel russo Berdiaev Rella avverte una disponibilità maggiore, sempre in movimento e sviluppo. Tuttavia Rella si dilunga più di tutto su Bataille, un giocoliere del paradosso, un funambolo deciso a passeggiare sopra l’abisso su un filo sempre più sottile rifiutandosi, fino all’ultimo, di precipitare nel baratro. E Bataille ci riporta alla donna fulva di Zola, a Nanà e alla donna origine del mondo, nel tremendo quadro di Courbet.

Il corpo è stato definito da Sartre "L’essere e il niente", può darci "La nausea", Boccaccio lo loderà come "il maggior dolzore", ma Rella dice che è come una fata Morgana, come quelle costellazioni lontane che alcuni vedono e per altri restano nell’oscurità dei cieli. Solo Dante è riuscito a dare ai corpi dei morti più forza che a quelli dei vivi. Nei confini del corpo siamo tutti parte in causa.

Rella di libro in libro, ci ha abituati a concepire il viaggio come invenzione e scoperta.

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