La collezione Chigi Saracini di Siena
Dipinti, sculture, maioliche, suppellettili e mobili in mostra fino al 30 aprile a Mantova in Palazzo Te.
In questi giorni a Mantova (fino al 30 aprile) è esposta una parte importante della collezione Chigi Saracini che ha sede a Siena in uno dei palazzi storici più prestigiosi della città che ospita inoltre l’Accademia Musicale Chigiana.
Iniziata nell’Ottocento ad opera di Galgano Saracini e arricchitasi notevolmente fino alla scomparsa degli eredi e all’acquisizione della stessa da parte del Monte dei Paschi di Siena, questa ricchissima raccolta d’arte sta lì a testimoniare in certo qual modo la volontà di arginare la dispersione di testimonianze artistiche locali e non solo. Chiusa di solito al pubblico, trova in questa occasione adeguata ospitalità nelle Fruttiere di Palazzo Te , allestite con intelligenza nella sobria scenografia che, di stanza in stanza, marca il passare dei secoli e del gusto.
Poche sono le opere di grande formato: particolarmente per la scultura varrà il criterio della "kleinplastik" che tanto si addice ai maestri senesi. Già l’inizio è esaltante: il tabernacolo tricuspidato con l’Annunciazione di Giovanni di Agostino del secondo quarto del Trecento, nella modalità lineare di stendere i volumi nell’adozione di una "melodiosa ritmica"(Carli), ci rammenta gli insuperati esiti di Maitani e di Goro di Gregorio.
Da presso seguono alcuni capolavori del Sassetta che rivelano "per tutto intero il suo svolgimento una personalità senese" - ebbe a dire Federico Zeri - ma che palesano la conoscenza diretta della lezione di Masolino e di Masaccio ai Carmini (nella figura più immediatamente riconoscibile dell’ignudo della tavoletta di San Martino e in quelle dolenti del S. Giovanni e della Vergine, visto che il Crocifisso fu sacrificato nel 1820 "per far porte" dai frati della chiesa di San Martino di Siena), mediata inoltre dal sontoso campionario della pittura del gotico internazionale e che sfocia in una sintesi di grande effetto come nel caso della stupenda Adorazione dei Magi. Seguono il Tabernacolo del maestro dell’Osservanza che, se pur si accorda al linguaggio tardogotico, tradisce negli sportelli laterali l’influenza dei modi di Domenico Veneziano, la tavola devozionale di Sano di Pietro di alta qualità tecnica e infine il tondo della Madonna in adorazione di Biagio di Antonio, in stretta associazione con lo stile del Ghirlandaio, ma da guardare con attenzione per l’iconografia curiosa del San Giuseppe che governa gli anomali.
Col Cinquecento Domenico Beccafumi sembra avere il primato in questa città e nella pittura e nella scultura. Nell’esposizione mantovana sono documentati questi due momenti della sua attività con due dipinti, il Sant’Ignazio di Antiochia dalla vena anticlassica e i putti reggimedaglione dalle accese tonalità, e una terracotta con un San Girolamo colto nella magica immediatezza dell’invenzione.
Ma non è da meno per qualità l’altarolo portatile e lo splendido ritratto di fanciulla dipinti da Andrea del Brescianino, presente a Siena dal 1506 fino al 1524, tra il classicismo di Raffaello e l’eccentrica visione del Beccafumi.
Nel passaggio al nuovo secolo si distingue la Susanna di Palma il Giovane che riassume nell’orchestrazione della scena i fasti della pittura veneziana tra Veronese e Tintoretto, ma ormai il Seicento senese vive o nella meditazione di un violento luminismo da parte dei post-caravaggeschi e in particolar modo nelle opere del pittore Rutilio Manetti o nelle fredde tonalità di un Bernardino Mei o ancora nell’idea romana di ascendenza berniniana del suo collaboratore Giuseppe Mazzuoli.
La mostra mantovana riserverà altre sorprese.