La civiltà dell’ acqua
In difesa di una ricchezza trascurata: due esperienze aconfronto, quella istituzionale del Veneto e quella del volontariato in Trentino.
L'acqua: un bene così diffuso fino ad oggi sul nostro pianeta da non venir percepito come risorsa. Nella nostra società, dove tutto si misura con quantità di denaro, il basso prezzo dell’acqua determina il livello della coscienza presente in Italia sull’argomento. Si paga solo il servizio, mai la tutela del bene. Nella vicina Germania l’acqua costa cinque volte di più, eppure la Germania non vive la sofferenza che, ad esempio, troviamo al Sud o nelle isole. L’acqua da noi, dove ancora scorre, ispira contemplazione, poesia ed opere d’arte come nel passato. E come nel passato è stata anche protagonista di tragedie e quindi viene temuta per la sua possibile forza. E’ stata temuta da sempre, fin dai tempi del diluvio, per passare attraverso le grandi alluvioni fino ai disastri evitabili, preparati dall’uomo imprevidente, come il Vajont e Stava. E’ stata e viene ancora invocata, con danze propiziatrici nei periodi di siccità o per spegnere devastanti incendi. L’acqua, per forza di cose, è sempre stata compagna della vita dell’uomo: laddove è scarsa ha alimentato fantasia e sviluppato intelligenze nel raccoglierla e nel conservarla (le grandi vasche siriane o uzbeche, le canalizzazioni dell’Egitto o dell’Iraq, gli straordinari acquedotti romani). Laddove è presente in abbondanza al massimo è stata tenuta o imbrigliata per sfruttarla come risorsa energetica. Oggi, anche in terre ricche, l’acqua scarseggia, o perché l’abbiamo sfruttata al di là di ogni limite, o perché l’abbiamo inquinata. E’ motivo di tensioni e guerre (Israele-Palestina, alture del Golan, il conflitto contro i Curdi, nelle aree lacustri dell’Asia, in Africa). E’ motivo di conflitto fra popolazioni che abitano la montagna e quelle della pianura, popolazioni che vivono esigenze diverse da soddisfare con l’acqua. Ovunque, anche in prossimità di un lago o lungo le rive di un fiume, l’acqua è una risorsa sempre più scarsa, tanto che la follia consumistica della nostra società ci porta a comprarla imbottigliata ad un costo settemila volte superiore rispetto al costo dell’acqua di rubinetto. Non sembra che il mondo politico abbia ancora ben presente la drammaticità del problema; senza dubbio non nei nostri Comuni, né fra i cittadini, ovunque restii ad installare contatori. L’acqua è usata per ogni nostro passo: energia, irrigazione, uso domestico, innevamento artificiale.
Sono i pescatori ad accorgersi per primi che da tempo qualcosa non funziona più: i pesci muoiono, le poche acque rimaste si ritrovano ben canalizzate nei torrenti ed i rivi hanno perso capacità di autodepurazione grazie al solerte lavoro dei Bacini montani e del Servizio acque pubbliche. Sono anche gli alpinisti ad accorgersi che qualcosa non va: non solo i ghiacciai delle Alpi si stanno ritirando a ritmi inconsueti, ma hanno cambiato colore: quando non sono neri come quello della Marmolada, hanno assunto comunque ed ovunque una colorazione grigiastra. Da alcuni anni in Trentino l’associazionismo ambientalista si è intelligentemente alleato con il mondo dei pescatori. Le grandi iniziative per il rilascio di quantità minime di acqua nei torrenti, l’azione contro la diga di Valda ed il proliferare di centraline idroelettriche, le battaglie contro le discariche di rifiuti in pieno alveo fluviale, hanno costruito nella nostra popolazione un’attenzione impensabile solo fino a pochi anni fa. Il mondo politico ha preso atto di questa situazione solo con la nuova giunta provinciale, in particolare grazie alle forze della sinistra e ambientaliste. Per noi trentini è comunque interessante studiare l’esperienza che sta maturando nel Veneto, totalmente diversa. In quella regione si è costruita un’azione culturale e politica che potrebbe rivelarsi ben più incisiva. Renzo Franzin, senza alcun trionfalismo, ha ottime ragioni per dire che il Veneto non è solo terra di miracoli economici, ma è anche un miracolo ambientale. Da tre anni si è costituito un centro internazionale "Città dell’Acqua" che vede fra i promotori il momento istituzionale con la Regione Veneto, le Province di Belluno, Treviso, Venezia, il Comune di Mogliano Veneto e fra gli imprenditori i Consorzi di bonifica e la Fondazione Benetton, con il sostegno dell’Unesco. Attorno a questo nucleo lavorano, apprendono, propongono altri soggetti dell’imprenditoria, dell’associazionismo ambientalista, della ricerca scientifica a livello universitario, il mondo giornalistico. In pratica la società veneta ha preso consapevolezza dell’importanza strategica che riveste la risorsa acqua e si tenta di superare radicati antagonismi e conflittualità che sembravano inattaccabili.
Nel Veneto, come in tutta Italia, il bene acqua è stato solo usato, e male: dalle violenze al ghiacciaio della Marmolada alle aggressive canalizzazioni dei torrenti e dei fiumi, alle assurde briglie, alle continue dighe. Osservare il Piave lungo la pianura veneta, è avvilente. Una civiltà che tratti i suoi corsi d’acqua in quel modo non ha diritto a un futuro ed i risultati si vedono: le falde acquifere continuano ad abbassarsi, i consorzi di bonifica non hanno più acqua per irrigare le campagne e quando dopo poche ore di pioggia quest’acqua arriva con inaudita violenza, provoca alluvioni anche in terre che nel passato erano ritenute sicure, come l’area di Bassano del Grappa. Attorno a questo centro si stanno sviluppando iniziative oltremodo interessanti che portano al recupero e alla valorizzazione scientifica delle aree umide, al ripristino dei parchi fluviali (Sile) e degli ambiti paesaggistici, allo studio della storia delle nostre civiltà legate all’acqua; si parte così dal mondo contadino e dal bosco per arrivare all’uso intensivo della risorsa preteso dall’industria, fino ai sacrari dell’elettricità. Ci si incammina poi lungo i tanti errori del mondo contadino, che fino a pochi anni fa ha usato i consorzi di bonifica come collettori di voti per la Democrazia Cristiana, aprendo poco lungimiranti conflitti con gli ambientalisti, e ha curato interessi solo di parte, incapace di progettualità complessive, di interagire con i bisogni e la cultura della montagna (vedi la proposta di diga sul Vanoi). Per raccogliere e divulgare le esperienze che provengono da questo complesso ed anche entusiasmante laboratorio, è stata fondata una rivista dal significativo titolo, "Silis", un semestrale di riflessione e proposta. All’interno di tanta ricchezza c’è un limite: l’associazionismo ambientalista è marginale, non può aderirvi statutariamente, in quanto le quote di iscrizione sono troppo elevate, e tutti conosciamo le ristrettezze economiche di questo piccolo universo.
Le due esperienze tanto diverse fra loro del Trentino e del Veneto ci portano ad una considerazione. C’è un forte bisogno di integrazione. Il volontariato trentino deve oggi compiere il passo più impegnativo: costruire un tavolo di lavoro permanente che coinvolga anche l’associazionismo imprenditoriale, il mondo della ricerca scientifica e storica, il mondo politico. E il Veneto deve sciogliere questo gruppo di lavoro in modo più aperto all’interno dell’associazionismo ambientalista. Durante la presentazione della rivista si è parlato giustamente di costruire un "federalismo dell’acqua", federalismo istituzionale e federalismo di gestione, un federalismo delle culture che gravitano attorno all’acqua. Ma ciò sarà possibile solo se si lavora con una logica di bacino, con una visione complessiva dei bisogni della nostra società e della natura. Il federalismo non può prescindere infatti da un elevato senso di responsabilità, di solidarietà. Se perde queste due caratteristiche, scade nell’egoismo, nella logica dei rapporti di forza. Dalle due regioni deve nascere una progettualità comune: l’Adige infatti sgorga dalla provincia di Bolzano, attraversa il Trentino e arriva nel Veneto. La Brenta nasce in Valsugana e arriva nel Veneto. Entrambi i corsi d’acqua soffrono errori di gestione fin dalle loro sorgenti, la Brenta in particolare, e questi errori arrecano conseguenze devastanti nella pianura veneta. Vogliamo parlare di civiltà dell’acqua? Bene, cominciamo a costruire una civiltà politica seria, che superi stupide diffidenze, interessi particolari e settoriali e, come il Veneto e la storia ci insegnano, riportiamo l’acqua ad essere motore di sviluppo culturale e di progresso civile. Le due esperienze possono costruire progettualità fino a ieri impensabili.