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Meno inquinamento, più efficienza

Non è un'utopia: ecologia e "egoismo" imprenditoriale possono coesistere

Sì, si può. Anzi, si deve, purché lo "sviluppo sostenibile" diventi una prospettiva realistica anziché mera fraseologia pubblicitaria. L'idea fondamentale è semplicissima, sebbene per tanto tempo industria abbia voluto dire inquinamento, e profitto un uso gratuito, irrispettoso ed irresponsabile dell'ambiente (ma sappiamo bene, poi, che anche il socialismo, almeno quello realizzato, non è stato altro che sfrenato industrialismo distruttivo; la "liberazione delle forze produttive " prospettata dal marxismo equivaleva, in definitiva, all'assoluto dominio dell'uomo sulla natura. E qui non parlo, di degradazioni staliniste: basta ed avanza leggere quanto Engels o Lenin avevano da dire in materia). Qui si tratta, invece, di una capitalistica economia di mercato "civilizzata", "dal volto umano", diciamo "eco-sociale". Il che, naturalmente, presuppone delle decisioni politiche, di apposite leggi, di un ordinamento civile che regoli il funzionamento del mercato. Per esempio, il principio che chi inquina paga. Che chi produce emissioni o rifiuti deve pagare. Che l'uso -o l'abuso- dell'ambiente non è gratuito.

Questi princìpi, queste leggi esistono in Europa (e soprattutto nell'Europa nordoccidentale: in Olanda, Germania, Austria, paesi scandinavi). Con la prossima riforma ecologica della tassazione, che ridurrà la pressione fiscale sul lavoro vivo e tasserà di più il consumo di risorse ed energia, arriveremo ad una nuova fase di civilizzazione delle spinte distruttive inerenti alle dinamiche del mercato capitalistico. Insomma, altro che neoliberalismo rampante!

Il programma "eco-profitto" che a Graz esiste da quattro anni e che, con una mozione verde passata all'unanimità in giugno, verrà realizzato anche a Innsbruck a partire dall'anno prossimo, parte dall'egoismo (per quanto illuminato) imprenditoriale. Dal punto di visto imprenditoriale, usare materie prime e lavoro per produrre, invece di merci vendibili, emissioni e rifiuti, è un'impresa tutt'altro che intelligente. E' vero che misure ambientali che incidono "dopo", (come un filtro, un depuratore) provocano un aumento dei costi (sia in termini assoluti che di costi per unità).

Un ripensamento delle tecnologie, del modo di produrre, un redesign ecologico, però può finire con un aumento dell'eco-efficienza, cioè con il produrre più merci, in modo più competitivo, meno rifiuti da smaltire e meno emissioni. Nella maggioranza dei casi, questi miglioramenti verso la cleaner production (produzione più pulita) o sono da realizzare a costo zero o richiedono investimenti che si ammortizzano in meno di due anni. Cioè, un imprenditore che continua ad inquinare, non è un imprenditore, è un cretino.

L'idea di cleaner production, dunque, ha fatto moltissima strada nella grande industria. Non ci volevano direttori generali illuminati ed idealisti, bastava un efficiente controllo dei costi. Cosi la 3 M di Minnesota ha sviluppato il suo programma dei 3 P ("Pollution prevention pays ", cioè si guadagna non inquinando). Certo, la "filosofia" viene dopo, e il marketing delle strategie più ecologiche non guasta alle vendite. Il programma "eco-profitto", poi, si rivolge alle imprese piccole e medie. A Innsbruck, più del 90% del le imprese hanno meno di 20 dipendenti. Queste imprese piccole e medie, poi, di regola non hanno un dipartimento controllo dei costi, non hanno un dipartimento ricerche, non hanno né il tempo né la forza-lavoro per cercare sul mercato le tecnologie per aumentare l'eco-efficienza. Spiegare ad un carrozziere che esistono già, a prezzi assolutamente finanziabili, tecnologie che permettono la riduzione, ad un 20%, della quantità di vernice, con la conseguente riduzione dei rifiuti (che poi sono rifiuti industriali pericolosi da smaltire a costi ingentissimi) e con un sostanziale miglioramento dell'ambiente di lavoro, non è poi un'impresa troppo ardua. In fin dei conti, vincono tutti: il padrone, i lavoratori, e l'ambiente. Appunto questo, il ruolo di chi trasferisce il know how su tecnologie più pulite alle imprese piccole e medie, è la funzione del Comune. La cui politica economica non può ridursi al garantire che ci sia una zona industriale o artigianale con le necessarie infrastrutture. E la politica ecologica non può ridursi al garantire, mediante divieti ed altri atti amministrative, un certo livello "sopportabile" di inquinamento. Invece di aiutare le piccole e medie imprese con delle sovvenzioni risibili, il Comune può centralizzare il suo investimento creando strutture -in cooperazione con le università, con imprese specializzate in eco-efficienza- che aiutino i piccoli padroni ad inquinare meno e a diventare più competitivi. Cosi si rafforza l'economia regionale, si creano nuovi posti di lavoro più intelligenti, si difende l'ambiente. Ed il Comune si comporta non solo come autorità, come Stato, ma come centro di servizio ed assistenza ai cittadini. Non è, insomma, una rivoluzione. E' una riforma che comporta più civiltà e più qualità della vita. E scusate se è poco.

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