Teologia a Trento?
La proposta del sen. Tarcisio Andreolli di una nuova istituzione universitaria a Trento per dar vita a una facoltà di Teologia sta facendo il giro delle istituzioni già esistenti sul territorio e dei rispettivi organi interessati: dalla presidenza di giunta della P.A.T. all'assessorato di merito, dall'Istituto Trentino di Cultura al suo Consiglio di Amministrazione, dal Rettorato dell'Università degli Studi al Senato Accademico. Ma la sensazione che se ne ricava - da quanto si può apprendere dagli organi di stampa - è che tutto questo interesse sia mosso dalla preoccupazione di non lasciare ad altri il pacchetto di risorse (dai 6 ai 13 miliardi, le cifre che ricorrono) di questo nuovo eventuale capitolo di spesa da iscrivere nel bilancio provinciale. E si sa che una voce, una volta entrata nel bilancio, è una specie di bastione conquistato da cui non solo non si recede, ma che finisce sempre col costituire una base per ulteriori conquiste di risorse.
Ma nel merito della questione sembra di assistere al festival delle ovvietà o all'ennesima applicazione della legge di Peter, secondo la quale ciascuno arriva al vertice della propria incompetenza.
Ma perché non si sente l'esigenza di ragionare nel merito dell'argomento facendo appello alle competenze e mettendo queste attorno a un tavolo di discussione per trame delle indicazioni che possano essere la base seria per una proposta che effettivamente potrebbe fare di Trento un centro di attrazione ampiamente sovranazionale?
Nella mia qualità di direttore responsabile di Confronti, una rivista interreligiosa che da anni si sforza di far convivere e interagire nello stesso comitato di redazione cattolici, valdesi, evangelici, ebrei, islamici, per una elaborazione teologica che guarda a un mondo ormai plurietnico e multireligioso, dove ciascuno porta il contributo consapevole della propria identità come parzialità da far interagire con altre parzialità preziose, posso dire che una Facoltà Teologica così impostata potrebbe costituire effettivamente un unicum di grande novità che andrebbe ampiamente al di là delle stesse facoltà teologiche della vicina Germania. E le competenze ci sono in Italia e all'estero, basta che ci sia la volontà politica di metterle a contatto.
E Trento potrebbe diventare effettivamente un centro di attrazione in grado di collegare l'Europa con il Mediterraneo in una facoltà teologica che mette insieme con pari dignità e pari peso almeno le grandi religioni del libro: gli Ebrei della diaspora e gli Ebrei della terra promessa; i cristiani, nelle varie articolazioni - cattolica, protestante, ortodossa; gli islamici sunniti e sciiti, per elaborare una proposta di studio teologico che alle pretese soteriologiche esclusive possa pazientemente sostituire una base religiosa e teologica non solo di convivenza pacifica (dal popolo dell'alleanza all'alleanza tra i popoli), ma di reciproco riconoscimento e arricchimento, in una prospettiva planetaria in cui le singole identità parziali, di cui ciascuno si sente consapevole portatore, possano diventare contributi preziosi a cui tutti guardano con attenzione per attingervi quegli elementi di singolarità in un rapporto di reciprocità che riconosca i vari percorsi di rivelazione per una elaborazione teologica di liberazione e di libertà.
Il tutto a confronto con una società moderna secolarizzata e secolarizzante, ma che sente ormai il bisogno di andare oltre la conquistata tolleranza, per individuare, anche attraverso l'autorevolezza della memoria, le coordinate su cui tracciare le linee di un'identità pluralistica tutta da costruire, in grado di sostituire le identità pregresse non più idonee ormai a reggere le esigenze di legittimazione di un mondo e di una cittadinanza planetaria.
Per un progetto del genere, varrebbe la pena spendersi (e spendere); per altre cose, più banali, l'impegno e le risorse sarebbe meglio dirottarle altrove.