Pista da allargare, alberi da tagliare...
Come gruppo di associazioni e movimenti ambientalisti per la difesa della montagna e dei beni comuni del Trentino, ci opponiamo convintamente alla proposta della società Funivie Madonna di Campiglio S.P.A. di sistemazione e allargamento della pista Poza Vecia. Abbiamo marciato assieme in più di venti sigle e oltre 200 persone in Panarotta poco più di un mese fa: i punti di raccordo su cui ci siamo incontrati per la difesa della montagna della Valsugana, ci spingono a parlare unitamente anche contro lo scempio proposto nelle Dolomiti di Brenta in Val Rendena.
La pista Poza Vecia è una pista blu che da decenni consente a migliaia di sciatori di rientrare dall'area sciistica del Grostè verso il valico di Campo Carlo Magno. Data la poca pendenza, la pista impone una bassa velocità agli sciatori che, anzi, devono aiutarsi in qualche punto con le racchette per proseguire: non un inconveniente, ma un pregio che consente di ammirare il bellissimo bosco che la pista attraversa, senza creare alcun problema di sicurezza.
L’idea della società che gestisce le funivie è quella di allargare la pista, aumentandone oltretutto la pendenza con importanti lavori di movimentazione di terra e sacrificando 2,7 ettari di bosco che in parte rientrano nell’area protetta del Parco Naturale Adamello Brenta. Ad ovest della pista è inoltre presente una sorgente idropotabile che potrebbe essere compromessa dalle opere.
Il terzo obiettivo dell’intervento è infine quello di installare un impianto di innevamento artificiale, oggi assente. Numerosi studi ormai certificano il calo di precipitazioni nevose sotto i 2000 metri: nonostante questo, in tutta Italia l’unica azione di adattamento prevista è la costruzione di impianti di innevamento artificiale, peraltro sussidiati da ingenti finanziamenti pubblici.
L’Italia oggi è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale, con il 90% di piste innevate artificialmente. Inoltre, secondo le stime del WWF e di Legambiente, circa 95 milioni di metri cubi d’acqua all’anno vengono impiegati a questo scopo, pari al fabbisogno di una città di circa un milione di abitanti.
A causa del cambiamento climatico in atto, produrre neve avrà costi sempre maggiori e saranno sempre meno numerose le giornate con temperature adeguate per la sua produzione. Ovviamente, continuare ad allargare il demanio sciabile, come nel caso della pista Poza Vecia, non farà che aumentare la richiesta di neve artificiale e il conseguente consumo di acqua, bene sempre più prezioso in un contesto di grave riscaldamento globale, nonché la già enorme domanda di energia necessaria a produrla, in un periodo nel quale dovremmo pesare molto bene gli utilizzi delle nostre fonti energetiche.
È il caso di ricordare che i boschi sono fondamentali per la conservazione della biodiversità, per l’assorbimento della CO2, per la stabilità dei pendii e per evitare l’eccessivo ruscellamento superficiale indotto da eventi meteorologici sempre più intensi.
La società Funivie Madonna di Campiglio con questi interventi quindi non fa altro che contribuire alla crisi climatica che metterà sempre più a rischio la sua stessa attività. Sottolineiamo infine che, come suggerito dalle Linee Guida per l’Adattamento della Convenzione sulle Alpi, di cui l’Italia fa parte, e dallo studio di Banca d’Italia “Cambiamento climatico e turismo invernale per l'Italia”, occorre operare una riduzione della dipendenza economica locale dall’attività sciistica, diversificando i prodotti turistici includendo attività che siano meno dipendenti dalle precipitazioni nevose, sempre più incerte e variabili.
L’intervento proposto a Campiglio va in direzione esattamente opposta a quanto suggerito, aumentando ulteriormente il peso di un settore che si troverà molto presto inevitabilmente in crisi.
Il comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio, che con le località di Pinzolo, Marilleva e Folgarida raggiunge i 156 km di piste, ha sicuramente notevoli ricadute economiche positive per la valle: proprio per questo, queste attività devono essere in grado di diversificarsi quanto prima, pena il trascinare l’economia di intere valli in un baratro. Inoltre, non si possono nascondere gli importanti impatti negativi ambientali e sociali.
La gestione del comprensorio necessita di equilibrio, lungimiranza e di rispetto per il territorio montano che è il bene più prezioso da salvaguardare per le future generazioni.
Seguono le firme di 21 associazioni ambientaliste