No alla diga del Vanoi
Lo osteggiammo dal primo apparire nel 1998, quel fantasma che aleggiava in val Cortèlla minacciando il torrente Vanoi, fino alla sua sconfitta e dipartita nel 2005. Una battaglia intensa che vide schierati in dibattiti e manifestazioni molti fronti. L’imperativo era dire di NO ad un’opera assurda e salvare uno degli ultimi corsi d’acqua a corsa libera (8 km in tutto) esistenti nell’arco alpino (dalla Francia alla Slovenia) trascorsi vent’anni, ormai quasi estinti.
In piena guerra per l’acqua e con in tasca i soldi del PNRR, quel fantasma assetato, ora si ripresenta con fattezze da Mazinga Zeta, Lord Fenner, Sterminator…
Di nuovo allarme! Torniamo a porci infinite domande alle quali sono state già date più volte risposte; non rimane altro che dissotterrare l’ascia di guerra. Le valli di Primiero e Vanoi devono ancora dare risposte convincenti e, non solo per quanto ci si aspetta dalle amministrazioni ma anche di chi ci vive. Dei segnali sarebbero auspicabili.
Chi (al di là di ogni confine) preposto al governo e alla politica, alla tutela dei territori, chi conosce i luoghi e la storia trascorsa, chi ora dovrà esercitare i propri poteri e alfine decidere, non può accettare un tale azzardo. Il rischio è quello che si vadano a compiere una sequenza demoniaca di crimini:
Un enorme invaso da 33 milioni di metri cubi (uno in più di Forte Buso, tre volte la Noana, quattro volte lo Schenèr) in area ad elevato rischio idrogeologico certificato (non potresti metterci né un tavolo né una panchina!); più di 2 milioni di metri cubi di materiale morenico e roccioso incombenti sul bacino; la messa in pericolo per i paesi e gli abitanti a valle; l’inevitabile cambiamento climatico nelle vallate circostanti; costi strabilianti per una diga a scopi plurimi inconciliabili (laminazione piene, riserva idrica e sfruttamento idroelettrico); un enorme impiego di mezzi pesanti che per anni condizionerebbe la circolazione sulla via dello Schenèr con, oltre all’importazione (20.000 camion di solo calcestruzzo!), l’asportazione di intere montagne di detriti; il movimentare uomini, merci e mezzi per costruire nuove strade, edificare ponti, gallerie, terrazzamenti, 60.000 metri quadrati di montagna da impermeabilizzare e un bastione di 116 metri per creare il tappo; una quantità di azioni e devastazioni inquinanti indescrivibile; la via di comunicazione della Cortèlla (sempre strategica nonostante l’abbandono) cancellata dalle mappe; lo scempio di una valle selvaggia; la scomparsa del Genius loci; l’annullamento di un torrente (un tempo habitat della lontra) ora oasi protetta per salvare dall’estinzione la trota marmorata.
Tirando le somme: un dissesto catastrofico sia sull’areale montano sia sul bacino idrografico di Cismon e Brenta, che vedrebbero strangolata l’unica vena vitale capace di rivitalizzazione, autodepurazione e ricarica delle falde da Passo Cinque Croci fino al mare. Sarebbe come amputare l’ultimo torrente sopravvissuto allo sfruttamento e che avanza con bandiera bianca.
Da non sottovalutare la sequenza di alternative ad un tale invaso.
Vi sono studi intelligenti per salvaguardare tutto e tutti, costi assolutamente non paragonabili all’enorme investimento che richiederebbe la diga, con buone prospettive di riequilibrare, come nei vasi comunicanti, le necessarie logiche e sinergie tra montagna e pianura.
Alla portata media di 3,76 mc/sec., per inondare tutto servirebbero: 3 mesi, 11 giorni, 13 ore, 56 minuti, 35 secondi. questo il tempo necessario per inondare e mettere a repentaglio un vasto territorio, estinguere la val Cortèlla e il ricordo dell’ultimo torrente.
Chi attende gli esiti di questa vicenda e induce a tergiversare in vista di considerare i benefici possibili d’un progetto da molti punti di vista catastrofico, dovrebbe almeno avere il coraggio di elencarne qualcuno. Non si sa mai che il nostro accanimento possa essere smentito. Mettiamo dunque le carte in tavola.
Speriamo che questa vicenda non vada per le lunghe e si vada presto a ragionare dal verso giusto; per ora non ci rimane che manifestare e tenere desta l’attenzione su ciò che, nonostante le giustificate contrarietà, potrebbe accadere!
I corsi d’acqua sono fonte di vita. L’acqua deve essere tutelata nei suoi usi plurimi. Ciò che non può e non deve accadere è che una funzione diventi prevaricante, che pregiudichi le altre, che danneggi o comprometta irreversibilmente le condizioni di vita dell’uomo e dell’ecosistema.
Le acque del Vanoi sono inviolabili, un patrimonio comune da tutelare per le prossime generazioni che rischiano di non avere più cognizione dell’esistenza dei torrenti. Chi se la sente metta a sventolare il proprio striscione.