Così le maestre hanno vinto
Dopo 20 anni di sofferenza lavoratrici e sindacato si impongono. Oggi negli asili nido, domani chissà.
Le Cooperative Bellesini, Città Futura, Proges, Amica, Coccinella e la Provincia di Trento che le finanzia abbondantemente, hanno perduto la partita. Vinta dalle lavoratrici degli asili nido: per la prima volta educatrici ed ausiliarie sono scese in piazza in centinaia. E poi ci sono riscese. Si tratta di donne (e pochi uomini) che guadagnano dai 900 ai 1.200 euro mensili accudendo e crescendo, part time o fino a 36 ore, anche 9 bambini ognuna, dai pochi mesi ai 3 anni di età. Dopo due decenni in cui i salari medi italiani sono rimasti al palo e ora sono inferiori del 30% rispetto a quelli dei colleghi francesi e tedeschi. La lotta sindacale per la dignità del lavoro e la decenza del salario è ripresa. Dimostrando che lo sciopero è l’arma più importante in mano ai lavoratori per difendere salari e diritti. Il sindacato torna a fare il sindacato, non più la cinghia di trasmissione di partiti che non rappresentano più soprattutto i lavoratori.
Nel marzo 2022 le assemblee sindacali di UIL, CISL, CGIL avevano chiarito alle lavoratrici dei nidi che solo alle educatrici laureate era stato riconosciuto dalle cooperative sociali il livello D2 previsto dal contratto nazionale (80 euro in più al mese per chi guadagnava già così poco). Una speculazione del “padronato”, con la sicurezza che quel personale non avrebbe trovato il coraggio di ribellarsi a quello che era a tutti gli effetti un sopruso. Alla prima assemblea generale si erano presentate 7 educatrici delle coop che gestiscono asili nido (gli altri sono comunali). I sindacati chiarirono che senza numeri nessun risultato era possibile.
Serena e Marina erano due delle 7. Ecco ciò che ne pensano oggi: “Da lì scattò il campanello. Ci salì una certa rabbia che ci fece riflettere: pensammo che forse era mancata l’informazione alle colleghe. E allora l’abbiamo fatta noi, attivandoci. Tutte noi, non solo le laureate, anche chi aveva il Baby Life (personale con la scuola superiore e migliaia di ore di corso successive, ndr) o molti anni di esperienza, aveva il diritto di ottenere questo aumento”.
Si trattava di poche decine di euro al mese, 80 in busta paga, dopo tanti anni in cui era peggiorato il carico di lavoro. Non una richiesta assurda ma la volontà di dimostrare che le educatrici non ce la facevano più. Nel gennaio 2022 era stato riconosciuto loro il livello D2, ma i datori di lavoro avevano nicchiato, riconoscendo quell’aumento solo alle laureate.
Serena e Marina sono due leader delle giovani donne che hanno preso parte alle due manifestazioni che hanno portato a questa prima, significativa vittoria sindacale dopo tanti anni. “Chiarimmo alle colleghe che si doveva combattere affinché i nostri diritti fossero riconosciuti. A tutte doveva essere riconosciuto quell’aumento. Di più, anche gli arretrati dal dicembre 2019, anno di entrata in vigore del contratto, che non erano stati versati neanche alle laureate”.
Perché eravate così poche all’inizio?
“Perché agiamo in cooperative, non nei nidi comunali: siamo ricattabili, lavorando in piccole aziende a diretto contatto con la direzione. C’era tanta paura di perdere il posto di lavoro. Dopo il primo incontro ci abbiamo messo mesi per avvicinare le colleghe, convincerle. Quando hanno saputo che ognuna di noi perdeva ingiustamente 80 euro lordi al mese su un salario che va dai 900 ai 1.200… il tam tam, incontri personali o il semplice WhatsApp e le informazioni si sono sparse. Pian piano le persone si sono rese conto”.
Uno dei vostri problemi è l’orario, che vi è imposto. Le 36 ore sarebbero il tempo pieno ma…
“… ci sono cooperative che assumono le educatrici, per decisione politica e insindacabile, per 12 ore e poi però le usano per 36, pagandole, alla fine, per queste: ma quando vai in maternità la base del calcolo per il tuo salario mensile è quella delle 12 ore e così per il trattamento pensionistico. Un trucco. La seconda assemblea fu nel novembre del 2022. Con nostra sorpresa ci siamo trovate in sede CGIL in più di 200 educatrici. Importante: in questo movimento siamo riuscite a coinvolgere anche le educatrici laureate che, in fondo, erano state soddisfatte. Le abbiamo convinte a lottare per noi, anche rendendole edotte del fatto che comunque a loro non erano stati riconosciuti gli arretrati di quell’aumento. In quella assemblea i sindacalisti di CGIL e CISL si erano meravigliati. Non ci stavamo, da tante che eravamo, negli spazi che ci avrebbero dovuto ospitare. Allora la proposta fu di trasferirci direttamente in piazza Dante… e fu la prima manifestazione”.
Non era male per un sindacato fermo da anni.
“Ne parlarono i giornali, i politici intervennero, venne detto subito che c’erano i fondi. Noi gli demmo tempo un paio di mesi ma non accadde nulla. Quindi coi sindacati abbiamo convocato una nuova assemblea. Era l’inizio di quest’anno e siamo andate in massa davanti alla Federazione e…”.
…l’assessore Bisesti scese in piazza a parlarvi. La politica non vuole piazzate.
“Esatto. Ci tranquillizzò e ci disse che i soldi c’erano. Alcune di noi si offrirono di entrare nel palazzo coi rappresentanti sindacali e aprire il famoso 'tavolo'. I sindacati in quel caso furono piuttosto bravi. La controparte voleva firmare già a quel punto un accordo. Ma il sindacato ricordò loro che il contratto di categoria era del dicembre 2019 e che quindi la controparte avrebbe dovuto liquidare anche gli arretrati. Si minacciava una nuova discesa in piazza”.
Altro incontro e avanti col “tavolo”.
“In aprile un nuovo incontro. Due ore di contrattazione vivace. L’accordo pareva lontano. Le coop offrivano poco, i sindacati rilanciavano. Ma si giunse a un livello che a noi parve dignitoso: tutte le educatrici avrebbero avuto diritto all’aumento. E per gli arretrati 2019-2022 si è definito il pagamento di una cifra una tantum eguale per tutti, non proporzionale alle ore di contratto (che come abbiamo visto talvolta sono fasulle, ndr). A noi va bene, non miriamo a mettere in crisi le coop. Ci si è accordati sui 750 euro che non è la somma aritmetica del 'perduto', ma dobbiamo considerare anche che in quel periodo c’è stato il Covid e i nidi furono chiusi per un certo tempo. Gli arretrati arriveranno in 2 tranche, la prima con lo stipendio di giugno, la seconda in ottobre”.
Mancherebbe qualcosa. Nei nidi lavorano anche degli ausiliari, cuoche ecc. che però nelle cooperative vengono usati, talora, a fianco delle educatrici.
“Vero. I sindacati hanno chiesto per gli ausiliari un passaggio al livello B1, cosa che solo 2 cooperative sinora non hanno concesso”.
Una vittoria, quindi.
“Sì. Ha giocato forte la nostra unione di categoria. Poi era una causa giusta, il rinnovo del contratto era stato fatto anni fa e, tra l’altro, il livello del costo della vita, l’inflazione, negli ultimi mesi era aumentato tanto e i nostri stipendi da troppo tempo erano rimasti al palo. L’unione e la convinzione forte ci hanno permesso di raggiungere l’obiettivo”.
E adesso?
“Questo è stato un primo passo che ha fatto capire alle lavoratrici che l’unione e la giusta informazione hanno fatto il miracolo”.
Il miracolo lo ha reso possibile la vostra discesa in piazza, chiudendo per la prima volta i nidi.
“Siamo state determinate. È stata la prima volta nella storia che i nidi hanno chiuso per assemblea sindacale. Finora era stata convocata sempre fuori orario, la sera. Le due manifestazioni sono state convocate al mattino, mettendo in difficoltà le famiglie, e questo ci dispiace, ma era l’unico modo per richiamare l’attenzione delle cooperative”.
La lezione?
“L’unione fa la forza. Nel nostro servizio alla fine sono venute tutte mentre prima c’erano timore e sospetto. Ora nell’ambiente c’è un clima di soddisfazione. Potrebbe essere che si sia sbloccata quella paura. Un punto di partenza. Siamo pronte e più forti per difendere i nostri diritti”.
Il giudizio sui sindacati?
“Sono stati disponibili, propositivi, fermi nelle richieste. Si sono esposti e ci hanno creduto”.
Rimangono delle rivendicazioni?
“Abbiamo visto soddisfatto un diritto che stava già sulla carta, nel contratto. Questo ci dà la forza di pensare che unite saremo in grado di ottenere un lavoro e uno stipendio giusti”..
Le famiglie dei bambini come hanno reagito ai due giorni di chiusura?
“Alcuni hanno voluto informarsi con noi. Non si sono sbilanciati più di tanto. Ma alcuni se fossero state informati prima delle nostre condizioni di lavoro sarebbero venuti in piazza con noi. Ovvio che chiudere un servizio crea disagio. Le famiglie si sono informate e in generale hanno capito e giustificato. Non abbiamo avuto la sensazione che ci fossero molte famiglie contrariate”.
Le prossime mosse?
“Ora c’è in ballo il contratto nazionale, se ne discuterà questa estate. Naturalmente si dovrà parlare di inflazione e aumenti salariali”.
Cosa pensate, in generale, del servizio che prestate alla società e della considerazione che la stessa ha di voi?
“Abbiamo una responsabilità non indifferente. Trattiamo con bambini da 3 mesi a 3 anni e ci occupiamo di pasti, cambi, sonno, malattia. Responsabilità grande. E negli ultimi anni le cose erano decisamente peggiorate per noi. I rapporti numerici tra educatrici e bambini si sono elevati molto. Oggi un'educatrice si occupa di 6 lattanti o di 9 divezzi. 9 bambini per una sola operatrice e per ore, magari 32 (più 4 di altri servizi), sono un’enormità. Una categoria svalorizzata, la nostra”.
O sfruttata?
“Sì, può essere. Questo è stato un primo passo per farlo capire alla comunità. Noi stiamo crescendo il futuro di tutti: futuri medici, insegnanti, operai, commesse. Sostenendo spesso anche i genitori che non sempre o non tutti sono forti o preparati come dovrebbero essere. Con un investimento emotivo, fisico e mentale per noi molto alto”.
Infatti in Italia nascono sempre meno bambini. E si trovano sempre meno ragazze (e ragazzi) disposti a lavorare negli asili nido. Una prima volta dopo troppi anni.