Energia, disuguaglianze, sicurezza: candidati e cittadini a confronto
Per fornire agli elettori degli elementi di giudizio abbiamo deciso di sviluppare tre argomenti in maniera un po’ particolare. Dapprima li abbiamo sottoposti a due candidati - Sara Ferrari e Diego Binelli - di due partiti (PD e Lega) dei grandi schieramenti contrapposti (non ce ne vogliano le formazioni minori, ma il giornalismo ha le sue esigenze, più acute nelle poche pagine di una piccola testata). Poi gli stessi argomenti li abbiamo fatti discutere a un Focus Group formato da alcuni cittadini, di variegata età ed orientamento politico.
Due avvertenze: causa l’impazzimento di Google-Meet, sovrapposto a quello di una campagna elettorale tardiva e supercompressa, non abbiamo potuto organizzare un vero dibattito tra i due politici, che ci hanno risposto via mail, senza alcun contraddittorio. Quindi il confronto tra le due posizioni dovrà autonomamente farlo il lettore: non sarà una cosa difficile, i due sono stati molto chiari. Seconda avvertenza: sempre causa tempi ridottissimi, non abbiamo potuto sottoporre le tesi dei due candidati ai cittadini del Focus, come avremmo voluto. Anche qui nessun problema, i nostri interlocutori hanno dibattuto tra di loro con vivacità e competenza, fornendo autonomamente variegati spunti di riflessione.
Il primo tema è l’energia. Quali sono le vostre proposte per uscire dalla crisi energetica?
Ferrari: La risposta strategica sono le fonti rinnovabili, che non daranno risultati domattina, ma sei mai cominci con una strategia di investimento strong non arriverai mai nemmeno a rispettare gli impegni relativi al cambiamento climatico. Invece nell’immediato la risposta può essere da una parte il tetto europeo al prezzo del gas, dall’altra gli aiuti. Cioè blocco delle tariffe per almeno un anno per imprese e famiglie, a seguire un contratto di luce sociale (mi piace molto come termine) che prevede per le famiglie più in difficoltà il 50% dei consumi elettrici a costo zero. E poi un piano nazionale di risparmio energetico.
Binelli: Due tipi di intervento. Uno immediato, per dare sostegno alle attività economiche, alle famiglie e alle imprese; su questo abbiamo chiesto già da subito uno stanziamento di 30 miliardi per il contenimento dei costi dell’energia che oggi stanno massacrando imprese e famiglie.
Poi come programma di governo siamo favorevolissimi alla transizione ecologica, con diverse tipologie di energia, dal fotovoltaico all’eolico, ma è evidente che non lsi fa in sei mesi, ci vogliono anni e nel contempo bisogna continuare con il sistema attuale. Siamo quindi per l’estrazione del gas naturale che oggi è nei giacimenti italiani, ma causa il no dei Cinque stelle non si è potuto estrarre, e per la sburocratizzazione che ha ritardato le centrali in fase di progettazione. E da ultimo, la visione del futuro, l’energia nucleare di quarta generazione.
Decliniamo il discorso delle rinnovabili in Trentino. Cosa si potrebbe/dovrebbe fare per gestire al meglio il nostro idroelettrico?
Binelli: Grazie al costante lavoro dei parlamentari della Lega, siamo riusciti ad ottenere la proroga della scadenza delle concessioni delle grandi derivazioni fino al 31 dicembre 2024, e l’allineamento a quella data delle scadenze delle nostre concessioni. Questi risultati ci consentono di programmare con più tranquillità il futuro. In fase di rinnovo, poi, si dovrà insistere sugli interventi di ammodernamento e potenziamento delle centrali per aumentarne la produzione senza intaccare l’ambiente.
Inoltre il nostro idroelettrico può essere utilizzato per la produzione di idrogeno verde, di cui già esistono iniziative per l’utilizzo, anche grazie ai fondi Pnrr, nella mobilità collettiva specie su rotaia; come pure per lo stoccaggio dell’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili (che per loro natura hanno una produzione molto variabile) e l’utilizzo quando c’è la richiesta.
Ferrari: Sulle grandi derivazioni idroelettriche l’Italia - e la nostra Provincia - è stato l’unico Paese in Europa a legiferare per metterle a gara. Gli altri sono rimasti alla finestra, non mettendo sul mercato il loro oro blu. Dovremmo batterci in Europa perché un bene così prezioso rimanga pubblico e non venga sottoposto alla concorrenza. Anche sul rinnovo delle piccole derivazioni avremmo dovuto aspettare a legiferare - le altre Regioni non lo hanno fatto - e capire come integrare le piccole derivazioni idroelettriche nelle comunità energetiche dei Comuni, che invece con la messa a gara si vedranno sottrarre ingenti risorse. Se poi si raggiungerà l’obiettivo di slegare il prezzo dell'energia elettrica da quello del gas, l’energia idroelettrica diverrà concorrenziale, con ricadute positive per il nostro territorio.
Sulla concessione di nuove derivazioni, invece, si apre il grande tema della sostenibilità di questo tipo di energia rinnovabile, rispetto a un clima che sta cambiando, la priorità dell’uso potabile e irriguo dell’acqua e la necessità di mantenere in fiumi e torrenti un deflusso minimo che non comprometta l’ecosistema.
Secondo argomento: le diseguaglianze, molto aumentate, anche prima dell’ultima crisi. Quali soluzioni? Abbassare le tasse? Alzare i salari?
Inoltre: la strategia emergenziale dei bonus quanto può durare, visto che costa moltissimo e non risolve il problema?
Binelli: Sono diverse le iniziative che si dovrebbero, mettere in campo al fine di aiutare e sostenere i lavoratori: 1) Riduzione del cuneo fiscale di 10 punti per i prossimi 10 anni; 2) Detassazione del lavoro straordinario e dei premi di produttività; 3) Tutela del potere di acquisto dei salari rispetto all’inflazione;
1. Introduzione del reato di sfruttamento per i datori di lavoro che utilizzano lavoratori “in nero”; 4) Rendere strutturale l’esonero contributivo per le assunzioni di giovani di età inferiore ai 35 anni 5) Indicizzazione delle pensioni per mantenerne il potere di acquisto, indipendentemente dall’inflazione.
Più in generale si ritiene di proporre un’imposta proporzionale sui redditi (flat tax) quale misura decisiva per snellire e semplificare il sistema, estendendola alle partite Iva con fatturato fino a € 100mila, come già previsto dalla legge di bilancio del 2019. Il passaggio successivo dovrà poi essere quello di estenderla a tutte le persone fisiche e giuridiche, senza limiti di reddito.
Altro intervento da attuare è l’abbattimento dell’Iva sui beni di prima necessità, a beneficio soprattutto delle fasce più deboli.
Ferrari: La strategia dei bonus è una risposta emergenziale. Alcuni, come l’ecobonus 110%, hanno perseguito obiettivi condivisibili come l’efficientamento energetico degli edifici, ma lo hanno fatto in modo iniquo (si poteva ristrutturare allo stesso modo la prima, come la terza casa, una casa in classe B, come una in classe G, il miniappartamento in condominio, come la villetta, senza variabili legate al reddito).
Il contrasto alle disuguaglianze è invece una priorità che non si persegue di certo con la flat tax. Serve maggiore progressività nella tassazione, facendo pagare di più a chi guadagna di più, spostando la tassazione dal reddito da lavoro ai patrimoni, ma solo a davvero ingenti: lasciare più soldi in busta paga a chi guadagna meno, altrimenti la ricchezza si concentra nelle mani di pochi. La flat tax è invece iniqua e insostenibile, perché porterebbe a privatizzare sanità e scuola altrimenti insostenibili, così come insostenibile sarebbe la nostra Autonomia che vedrebbe calare le risorse.
Terzo tema: la sicurezza. C’è un problema sicurezza a Trento? I dati ci dicono che il Trentino, per numero di denunce di reati legati alla sicurezza (dai furti alle rapine agli omicidi), è al 97° posto tra le 106 province italiane. Anche i valori assoluti di certi reati, come scippi, rapine in pubblica via, sono irrisori, e in progressiva diminuzione. Di cosa stiamo parlando?
Binelli: Il fatto che il Trentino si trovi in una situazione migliore di altre parti d’Italia. non ci autorizza a dormire sonni tranquilli. I recenti avvenimenti saliti alla ribalta delle cronache locali ci dicono che da noi c’è un crescente problema legato alla criminalità. La continua diminuzione delle forze dell’ordine a presidio delle nostre città unita alle deleterie politiche della sinistra, stanno comportando un progressivo peggioramento della sicurezza. Non penso occorra attendere di scalare le classifiche per iniziare a preoccuparsi degli eventi che sono già sotto gli occhi di tutti, basta fare un giro per Trento e Rovereto ed ascoltare per rendersi conto della situazione. Serve potenziare la videosorveglianza, e dotare le forze di polizia locale di strumenti quali il taser, utile ed efficace, fortemente voluto dalla Lega e altrettanto fortemente osteggiato dalla sinistra.
Attenzione particolare va posta poi al fenomeno delle baby gang, in forte crescita e derivante da una mancanza di educazione e senso civico in una parte, seppur minoritaria, dei giovani. Infine, ma certamente non per ultimo, va ripreso il tema del controllo dell’immigrazione mediante l’applicazione dei decreti sicurezza voluti da Salvini e che hanno dimostrato di funzionare. Il fenomeno dell’immigrazione incontrollata si ripercuote infatti, come i dati dimostrano, sui fenomeni delinquenziali di cui trattiamo.
Ferrari: Ricordo che in una sua visita a Trento nel luglio scorso il sottosegretario agli interni Molteni si era soffermato sul problema del rischio delle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico e sulla movida giovanile nel centro storico. Come a dire che il problema sicurezza intesa come rischio per l’incolumità di persone e cose non è una priorità. La questione della sicurezza non è infatti un tema di ordine pubblico, ma piuttosto un tema di coesione sociale. Con questo nessuno nega che ci siano episodi di microcriminalità che vanno repressi anche nel capoluogo, ma qui, come nel resto del Paese, serve investire prevalentemente in presidi sociali, luoghi di aggregazione dove costruire relazioni e presidiare con esse il territorio. Animatori di comunità, portinerie sociali, associazioni, locali diffusi in città, come nelle valli, assistenza psicologica per gli adolescenti, per prevenire e dare risposte al disagio che è cresciuto in questo susseguirsi di crisi.
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Dopo le ricette dei politici, ecco le opinioni di alcuni cittadini-elettori: Lorenzo, pensionato; Guido, impiegato pubblico; Tiziano, studente e Paolo, imprenditore.
Cominciamo parlando di energia. Quali sono le proposte più convincenti per uscire dalla crisi energetica?
Guido: Io considero tre approcci. Cercare il metano da fonti alternative alla Russia, usare il nucleare e infine le rinnovabili. Personalmente quella che mi convince di più è l’uso delle rinnovabili che hanno un potenziale di sviluppo immenso. Il problema è se su questo si vuole investire. Pensiamo che sulle fonti fossili stiamo investendo pesantemente da un secolo e mezzo. Ora non si può pretendere che, ad esempio, l’eolico faccia gli stessi risultati che dà il petrolio. Quindi questo è l’ambito che può svilupparsi di più, anche se parliamo di un ventaglio di fonti. E questa è una grande differenza con le altre. Il nucleare è comunque una fonte, le rinnovabili sono svariate. E andrebbero trattate come una fonte energetica come le altre, nel senso che non si può fare il discorso “ma in Italia non c’è abbastanza vento”, come ad esempio nel Mare del Nord. Ma in Italia non c’è nemmeno petrolio, lo compriamo. Si può comprare allo stesso modo l’energia elettrica eolica da chi la fa in grandi quantità. Perché anche comprandola, l’energia da fonti rinnovabili è quella che ha maggiori possibilità di crescita e di abbattimento dei costi. Questa è una strada di medio e lungo periodo e qui la cornice di ragionamento è quella della tutela ambientale. Al di fuori di questo c’è solo la contingenza spicciola, del prossimo inverno. Ma fra tre anni il problema sarà sempre la crisi climatica. Siamo già in ritardo. Per quanto riguarda il nucleare, non l’ho mai amato. Ha certamente dei lati convincenti, ma ce ne sono altri che mettono in discussione la fattibilità tecnica rispetto ai costi.
Paolo: Cosa altro consideri tra le rinnovabili, oltre fotovoltaico ed eolico?
Guido: Geotermico, o anche il solare a concentrazione. Il solare a concentrazione ad esempio è una risorsa immensa. Ovviamente non da fare a Trento, ma come noi compriamo il petrolio dall’Algeria, possiamo fare centrali col solare a concentrazione in un posto che ha 360 giorni di sole l’anno.
Paolo: A me questa non pare una soluzione al problema globale. Nel senso che devi trovare i luoghi con insolazioni medie annue molto alte.
Guido: Questo va visto con una prospettiva extranazionale. Anche per il nucleare noi non abbiamo niente.
Paolo: Quindi con un collegamento molto più stretto con l’Europa.
Guido: Ma anche col Mediterraneo. Come abbiamo adesso coi paesi produttori di petrolio.
Tiziano: Nell’immediato la crisi va affrontata con l’intervento pubblico per sostenere aziende e famiglie. Particolarmente quelle più povere. Per il futuro, concordo con Guido: il futuro è nelle rinnovabili. Che è poi la scelta dell’Europa. Il problema è che si era partiti nel 2005 col Conto Energia. La cosa si è fermata di fatto nel 2013 e quindi abbiamo perso 10 anni. Altri stati hanno lavorato e qualcuno arriva oggi ad un 70% del fabbisogno totale. L’Italia è al 35%. Il nucleare si può valutare, ma ci vogliono almeno 15 anni e grandi investimenti. E non può essere visto solo come una questione nazionale.Paolo: Concordo che il problema delle rinnovabili debba essere un problema extrastatale. Però in Europa potremmo contare parecchio e potremmo comunque avere un nostro piano per le rinnovabili. Quanto al nucleare, mi rendo conto dei rischi e dei problemi, ma in questo momento ritengo che il nucleare sia quello che in termini di potenza erogabile è quello che si avvicina di più alla situazione che abbiamo avuto finora in cui avevamo le centrali termoelettriche a idrocarburi che davano il grosso dell’energia. Mi rendo conto che un politico che faccia questo discorso è praticamente sicuro di non essere rieletto, ma va detto che non siamo esenti dai rischi del nucleare. Se succede qualcosa in Francia siamo nei guai esattamente come se accadesse in Italia.
Lorenzo: Ma anche le fonti alternative non risolveranno il problema, perché di energia ce ne vuole sempre di più. Noi vecchietti ci ricordiamo di quando le case chiedevano un solo kilowatt per unità. Adesso abbiamo una situazione politica complicatissima e poco tempo per trovare una soluzione. Bello pensare che i pannelli o le pale eoliche risolvano, ma non vedo chi potrebbe sacrificare la propria campagna per fare un campo di pannelli solari. Mi pare un problema difficilissimo da risolvere.
Paolo: Ma l’energia da metano, nel lungo termine, non dovrebbe essere utilizzata perché produce gas serra.
Quindi finiremo per importare energia solare?
Guido: Il grande assente da questo discorso mi pare il tema della riduzione dei consumi. Non ho sentito nessuno parlarne seriamente. E invece credo che si debba dire che i nostri consumi energetici dovranno scendere massicciamente. Ho sentito anche di grandi aziende che hanno trovato il modo di fare risparmi anche molto consistenti. I margini per ridurre i consumi ci sono. Ci sono reti energetiche intelligenti, si possono rivedere i processi produttivi allo scopo di ridurre i consumi. Questa cosa però deve diventare una priorità come diventa una priorità costruire una centrale. Deve avere lo stesso peso nelle scelte politiche e di investimento. Ma di questo non si parla.
Come rispondiamo a Putin? Lui ci farà soffrire quest’inverno. Vi propongo tre risposte possibili: cediamo al ricatto di Putin così che questo inverno non soffriamo oppure; a Putin rispondiamo con le armi, o infine ci adattiamo all’idea che soffriremo.
Paolo: Non si può prescindere da un’autodisciplina diffusa in modo massiccio. Dobbiamo cambiare abitudini. Come abbiamo fatto durante la crisi petrolifera del ’74. Ma dobbiamo capire che ci serve anche senso civico. Perché anche se io posso permettermi di riscaldare casa a 40 gradi, devo pormi almeno il limite dei 23/24 gradi.
Tiziano: È chiaro che non possiamo cedere a ricatti, ma non possiamo neanche entrare in guerra. La terza ipotesi è l’unica che rimane sul tavolo. Se tutti facciamo la nostra parte alleggeriamo il peso della situazione. Il consumo domestico di energia può essere molto ridotto. Poi concordo che serve molto senso civico per raggiungere un obiettivo che deve essere collettivo.
Guido: Fra le tre, senz’altro l’ultima. Ma mi piacerebbe che si dicesse chiaro che, anche se tutti fanno la loro parte, non tutti - facendo la loro parte - cambiano le cose alla stessa maniera. Qualcuno dovrà dirlo che ci sono persone che inquinano cento, mille volte le altre. E poi bisogna uscire dalla logica del sacrificio della singola persona.
Non per prendermela col sistema produttivo, ma se la parte preponderante del consumo viene all’industria, allora bisogna ad esempio spingere al massimo sull’efficienza del sistema.
Lorenzo: Quando è caduto il muro erano stati fatti certi accordi. E invece l’area di influenza della Russia è entrata progressivamente a far parte della Nato. Non abbiamo capito la mentalità dei russi. Gli Stati Uniti ne hanno combinate di tutti i colori e nessuno ha detto niente: Irak, Siria… Poi l’Ucraina. E come gli americani hanno la dottrina Monroe, anche i russi pensano che certe aree debbano restare sotto la loro influenza.
Per il resto, l’Europa gestisce le sanzioni, gli Stati Uniti gestiscono tutta la loro guerra da oltre l’oceano. E hanno gas, petrolio, legname, tutto E noi ne paghiamo lo scotto. Sul cosa fare…purtroppo non possiamo mollare. Dobbiamo sacrificarci. E credo che dobbiamo impegnarci tutti, partecipare tutti a questo sforzo per risparmiare.
Questione diseguaglianza sociale. Che è in crescita da molto prima di questa crisi. Quali soluzioni? Abbassare le tasse o alzare i salari?
Tiziano: Le diseguaglianze si riducono puntando sulla progressività della tassazione. E quindi dovremmo rivedere radicalmente la struttura fiscale che ci darebbe risorse per redistribuire servizi.
Paolo: Personalmente mi fa paura il discorso di redistribuzione del reddito perché abbiamo visto dove arriva. Sono a favore di una redistribuzione basata sul merito, non solo sulla diseguaglianza. È necessario puntare sulla meritocrazia nelle aziende e quindi tagliare un po’ le unghie al sindacato che, da questo punto di vista, non ha aiutato la crescita autentica del paese. È stato un difensore delle rendite di posizione. Inoltre, per quanto riguarda le imprese, non vanno abbassate le tasse, ma certamente bisogna defiscalizzare gli investimenti.
Lorenzo: Abbiamo livelli di ingiustizia enorme in Italia: c’è gente che ha pensioni di 700/800 euro al mese dopo aver lavorato una vita. La soluzione la troviamo nella Costituzione, che parla di tassazione progressiva.
Guido: I salari non possono alzarsi per decreto. Abbassare le tasse certamente devierebbe il denaro dove può diventare produttivo. A me quello che spaventa di questa ipotesi è che la diseguaglianza non si riduce mettendo o lasciando più soldi nelle tasche delle persone. Si riduce veramente dando i servizi per cui quei soldi sarebbero utilizzati. Per cui meno tasse rischia di diventare solo meno sanità, meno istruzione, meno supporto all’alloggio. E queste cose si possono fare solo con la spesa pubblica.
Infine la questione sicurezza. Secondo voi c’è davvero un problema sicurezza a Trento?
Lorenzo: Secondo me no. Penso proprio che non ci sia da aver paura, ma qui ritorna il discorso dell’ingiustizia e dell’equità. Persone che non hanno nessuna prospettiva, si sentono al di fuori della legge e di tutto. Vedono che non avranno un futuro e quindi creano la situazione in cui la gente si spaventa. Ma sono i buoni trentini che comprano quel che vendono. Su questo nessuna parola è mai stata spesa.
Paolo: Forse perché non abito in centro, ma non ho la percezione di insicurezza.
Tiziano: In Trentino non c’è vera grande criminalità, ma c’è un problema con quella parte di popolazione che non è integrata. E se noi non la integriamo questa va a creare un problema. Anzi, più che di un problema, parlerei di un fastidio nel vedere persone che si ritrovano a spacciare, a bivaccare senza una prospettiva. Del resto, non conoscendo la lingua e non riuscendo a trovare un lavoro, non entrano nel tessuto economico e non si danno una prospettiva di vita. Credo che si debba lavorare sull’integrazione e con una politica sulle droghe leggere diversa dal proibizionismo attuale.
Guido: Io personalmente il problema non lo percepisco e ogni tanto mi viene da sorridere. Ma la realtà è che se un sufficiente numero di persone a Trento lo percepisce, il problema esiste. Quello che bisogna fare è evitare che questa percezione diventi il grimaldello per chi che la vuole usare maliziosamente per raccogliere consenso. Credo che si dovrebbe puntare molto sull’integrazione, anche fosse soltanto con occupazioni di pubblica utilità. E poi, oltre alla carota ci vorrebbe anche il bastone. Quindi la presenza delle forze dell’ordine. Sarebbe sufficiente, come una volta, il vigile urbano che vedi, che passa e ripassa. Perchè quando si parla di paura fisica siamo su un terreno delicato. Se una persona ha bisogno di sentirsi protetta, quella persona merita di avere una risposta.