Covid:un’altra ondata e la sanità trentina crolla
Personale insufficiente e sfinito: subito più OSS, infermieri, medici. Sono 600 i sospesi, sul 12% di non vaccinati.
Se arriva un?altra ondata di Covid in inverno che possa ancheso lo ricordare quella del 2019-2020, il sistema sanitario trentino rischierà di cadere sulle ginocchia. Ancor più adesso che alle 200 sospensioni dal lavoro di personale sanitario no-vax, se ne sono aggiunte, nella seconda tornata, 386. I numeri del personaleerano e sono ancor più inadeguati e gli operatori non ce la fanno più. Si deve iniziare da subito a pensare ad
assunzioni in ogni settore: OSS, infermieri, medici ma anche tecnici di laboratorio e radiologia. Tra le molte centinaia di persone che martedì 26 ottobre erano in piazza a Trento per chiedere lo sblocco dei contratti pubblici moltissimi erano i sanitari. E Fugatti non si è fatto trovare.
La Sanità trentina è burn out, come si dice nell?ambiente, piagato da anglicismi: cioè con la sindrome da stress lavorativo.
Il personale è stato travolto dalla piena del Covid.
Ha risposto a dovere, sia nel sistema sanitario che in quello assistenziale.Ma i suoi numeri già prima della pandemia erano insufficienti e ora lo sono drammaticamente di più. Per non parlare delle promesse di ricompense spese dal potere pubblico che non sono statemantenute, lasciando i lavoratori con l?idea di essere stati beffati. I nostri “eroi del Covid” oggi si trovano con le batterie scariche. Ancora superlavoro, cancellazione di riposi e impossibilità di fare ferie. Così nei pronto soccorso, nei reparti degli ospedali pubblici e privati e nelle Rsa. E, dio non voglia, se dovesse presentarsi una recrudescenza della pandemia (come in Gran Bretagna o in Urss, paesi che hanno allentato troppo presto le misure di contenimento) il sistema sanitario ed assistenziale potrebbe collassare.
Dietro questa situazione non c?è solo il Covid e la cattiva gestione da parte della giunta provinciale: è dai tempi del centrosinistra, e per non fare nomi dell?assessore alla Sanità Luca Zeni, che è passata l?idea che sia necessario asciugare lo Stato sociale: meno personale, meno attenzione agli ambiti di valle, più burocratizzazione del sistema.
Abbiamo scelto a casouno dei tre sindacati confederali, la Uil. Giuseppe Varagone, segretario del settore Sanità, ci dice: "Un imperativo categorico: assumere. La situazione è complicata. Prima del Covid c?era una carenza di personale nel sistema sanitario. Col Covid il fenomeno si è aggravato: c?è stato chi si è ammalato e ora ci sono i ‘sospesi? e coloro che si sono allontanati volontariamente, nei due ospedali maggiori soprattutto. E chi paga già adesso sono i cittadini".
Si pensi ai normali esami di laboratorio, alle cure nei reparti ospedalieri, alle visite specialistiche per le quali si è costretti ad attese lunghissime. "Il personale è provato. Oggi, in più, tra infermieri emedici si parla di 200 sospesi.Ma ci sono stati, anche se non sappiamo quanti, coloro che si sono spontaneamente licenziati (nei due casi soprattutto tra i no-vax, n.d.r.). Nei reparti il personale è costretto ancora a saltare i turni di riposo. Ora l?Azienda Sanitaria dice che farà presto un concorso per nuove assunzioni, per Oss e infermieri. E i medici? E i tecnici di laboratorio, radiologia? Per ora in Azienda non si è assistito a sforamenti degli orari. Ma se hai diritto a due riposi, uno salta. Attenti, se il Covid dovesse…". E quanto presto si faranno i concorsi, visto che è già tardi?
Ecco un medico ospedaliero pubblico, di Pronto Soccorso, che chiede l?anonimato: "Nel marzo 2020 il Covid fu un mostro sconosciuto che non eravamo pronti ad affrontare: dal punto di vista scientifico ma anche emotivo. Solo in un secondo tempo ci sono stati dei corsi voluti dall?Azienda Sanitaria, poi l?uso massiccio di presidi, mascherine ecc. Ma c?era comunque un immane sovraccarico di lavoro. Noi costituivamo il primo accesso alla struttura sanitaria. Non c?erano terapie e davanti ci si paravano sempre nuove direttive. Mutevoli".
Ora, ottobre 2021, quali sono le difficoltà?
"Molteplici. - risponde il medico - Dobbiamo fronteggiare vari utenti no-vax, fermamente convinti e non vaccinati. Che non appena avvertono qualche sintomo potenzialmente ascrivibile al Covid, corrono da noi. Ed è invece una banale febbriciattola o diarrea. Poi coloro, tra i vaccinati, che pensano ai presunti effetti avversi del vaccino. Qualsiasi sintomo banale che prima non era nemmeno preso in considerazione, ora è imputato al vaccino. Un dolore alle gambe… ed uno pensa alla trombosi. Non solo no-vax, ma anche le informazioni dei media. Hanno pompato notizie anche false e tendenziose che hanno demonizzato il vaccino. E tra i responsabili politici, molti hanno detto di tutto e di più". Apri tutto, chiudi tutto, apri tutto… vaccino ni, la destra ci ha sguazzato. "Nel pre Covid eravamo già in numero insufficiente per le turnazioni regolari e continuavamo a saltare i giorni liberi. Ma nella prima fase siamo stati aiutati da medici volontari della Protezione Civile che sono giunti a dar man forte anche ai Pronti Soccorso. Poi basta". Il limite massimo è stato raggiunto.
Cosa avete imparato dal Covid?
"Come ospedali periferici si è avvertita molto la mancanza di un rianimatore in presenza nelle ore notturne. C?era, ma in reperibilità. Poi nei reparti Covid che gli ospedali hanno dedicato alla terapia sub-intensiva la criticità fondamentale era quella della carenza di personale medico ed infermieristico: dopo 18 mesi siamo in burn out, senza più tempo libero, saltando le ferie. Stremati, all?estremo delle forze". Inutile chiedere al giovane medico il “che fare?”. Aumentare subito il personale e, in previsione di possibili nuove fasi del Covid, pensare ad una organizzazione in parallelo a quella di cura: per il normale espletamento di visite specialistiche ed esami clinici: per ammalati oncologici, in terapia immunosoppressiva, i trapiantati o con problemi cronici.
Ma non si può riferirsi solo al sistema ospedaliero. Si deve affrontare anche quello delle Rsa, delle case per anziani che hanno conosciuto, la metà almeno, le peggiori tragedie. A farlo ci aiuta Marcella Tomasi, segretaria della Uil Enti locali: "Per le Rsa il dramma è duplice. Sono dei presidi sociali ma anche sanitari. E un accompagnamento al fine vita. Ma col Covid le Rsa sono diventate soprattutto delle strutture sanitarie e tutti vi erano impreparati. In pochi giorni si sono trasformate in Geriatrie e lungodegenze, con spostamenti di ospiti e personale di qui e di là. Sono state ribaltate come un calzino. E subito sono state chiuse sull?esterno". Niente più parenti, a dare una mano e dare conforto ai “nonni”. "Mancava la socialità, si è tolto un pezzo di normalità agli anziani, è aumentata l?aggressività…".
E il personale?
"Molti si sono ammalati, altri si sono assentati per precauzione: avevano vecchi in casa e figli. Abbiamo allora chiesto appartamenti protetti per i lavoratori. E c?è stata gente che per settimane non rientrava a casa. La turnistica non esisteva già più: si doveva fare come e con chi c?era. I numeri erano al minimo sindacale: c?erano ferie, malattie".
A fine primavera 2021 il personale sanitario ed assistenziale era sfinito. "Dopo un periodo di maggiore tranquillità, ora c?è la vaccinazione. – incalza Tomasi - Ma durante un lungo periodo si è parlato quasi solo delle esigenze degli ospiti e della formazione del personale. Mai si era parlato di vaccinazione. Era a quel punto che sarebbe servita l?informazione al personale". Sulla utilità ed indispensabilità del vaccino per tutti, sulla sostanziale sicurezza dello stesso e sulla rarità di risposte anomale e gravi. "Il sistema ha tenuto. Ma ora, oltre alla generale spossatezza, si apre un altro grosso problema per Oss e infermieri. Ci sarà una fase di pensionamenti, mentre le scuole infermieristiche non sfornano abbastanza personale per la sostituzione".
Manuel Cescatti lavora, come Oss, nelle Rsa: "Lavorare per la Sanità o nelle case di riposo è molto diverso. Negli ospedali si offre qualità, non il conto dei minuti di servizio per ogni ospite come accade da noi. E c?è una diversità di utenza: qui l?anziano ha bisogno di tanto più accudimento. Ecco perché Oss e infermieri vogliono andarsene da queste strutture. Nella Sanità c?è più varietà di lavoro, più possibilità di sviluppo della professionalità". Non solo per la differenza di salario.
Una domanda brutale, Cescatti: ci sono stati anche i furbetti del Covid tra di voi?
"Qualcuno ci può essere stato: ma dipendeva dai genitori a carico, dalla nonna che stava male, dai figli a casa e dalla paura di passare la malattia a loro, dal marito con patologie. Io ad esempio sono un padre single con figli. E c?era mancanza di dispositivi di protezione individuale e di qualsiasi linea guida. Quindi paura, e tentativi di salvarsi da soli".
E la stanchezza. "Turni di 10-12 ore. Gente che faceva la doccia e doveva tornare in turno. Eravamo tutti sulla stessa barca e dovevamo salvare il salvabile. Ogni giorno facevi la conta su chi c?era e su quella base partivi a lavorare. E si finiva quando si finiva, mettendo da parte le esigenze personali. Ma ora siamo al lumicino". Poi è iniziata la vaccinazione a tappeto che ora è vicina all?85% dei vaccinabili (mancando i più giovani per ora).
Tra i sindacati c?è stata qualche fibrillazione sul vaccino. Il segretario
Varagone: "La Uil si è schierata subito quando il decreto 44 ha previsto la vaccinazione obbligatoria per i sanitari, poi il green pass. Abbiamo scelto di stare con le regole. Se qualcuno gioca sulla ambiguità della legge, questo non sta nella Uil".
Si calcola che a metà ottobre circa il 12% del personale delle Rsa non fosse ancora vaccinato. "Pochi i no-vax, molti invece gli scettici. Perché non si è fatto un lavoro di sensibilizzazione. C?è stato un solo corso di informazione dell?Apt" afferma Marcella Tomasi.
Una proposta da parte diManuel Cescatti: "Tra di noi c?è tanta gente stanca, debole, che ha bisogno di tempo. Perché non concedere il tampone salivare?".