A Folgaria ci riprovano
Folgaria Ski, in perenne perdita, continua a chiedere nuovi soldi pubblici.
Da anni, cioè da quando sugli altipiani si è deciso di investire nel turismo dello sci e abbandonare quello estivo, a Folgaria si vive con angoscia. Nella seconda metà dello scorso decennio l’area sciabile venne ampliata verso il Veneto, sulla zona di Costa d’Agra e dei Fiorentini, demolendo molte tracce della Grande Guerra e ambienti naturali integri. Lo sviluppo dello sci era stato fortemente legato alla speculazione edilizia delle seconde case.
La mobilitazione ambientalista e della SAT fu determinata, ma non portò risultati, anche perché a sostenere quel modello di sviluppo vi era un sindaco forte, ambizioso, Alessandro Olivi, poi vicepresidente della Provincia, oggi consigliere provinciale del PD. Olivi irrideva la motivata opposizione degli ambientalisti, arrivando a promuovere un workshop-farsa sui cambiamenti climatici, tenutosi a metà novembre, proprio in concomitanza con tre giornate di intensa pioggia fin sopra i 2000 metri. I contenuti di quel dibattito sono poi stati demoliti dalla realtà: a Folgaria nevica sporadicamente e quando vi sono precipitazioni o freddi un po’ intensi che potrebbero favorire l’innevamento artificiale, la neve non rimane al suolo. Si scioglie, come succede su tutte le Alpi nelle quote comprese fra i 1000 e i 2000 metri. Sindaco ed esperti allora negarono i cambiamenti climatici già in atto, e risposero con minacce (querele) agli ambientalisti presenti in sala.
Solo pochi anni dopo ci si accorse che gli impianti si sostenevano solo con una crescita incredibile dell’indebitamento: in 10 anni la Provincia elargì oltre 60 milioni di euro, la Cassa Rurale locale venne commissariata dalla Banca d’Italia, il suo bilancio “curato” con il discutibile accorpamento con le Casse Rurali della Vallagarina.
Questotrentino, già nel dicembre 2014, intitolava un suo dettagliato servizio “Folgaria al capolinea”, per poi riprendere nel dicembre del 2017 con una ulteriore indagine, “Folgaria verso il disastro”. Questi servizi suscitarono attenzione e anche scandalo, e probabilmente contribuirono alla mancata rielezione degli amministratori che avevano supportato il modello di sviluppo ormai consunto. Ma il nuvo sindaco, l’architetto Walter Forrer, si dimostrò troppo debole nel contrastare i poteri locali che ancora ruotavano attorno alla società impiantistica Folgaria Ski, e che erano sempre supportati da mamma Provincia.
Si arrivò così alla defenestrazione di Forrer, per continuare come prima: accumulando debiti. Tanto che in questi mesi Folgaria Ski è costretta a varare un piano di ricapitalizzazione consistente, appoggiandosi ad un piano industriale che la stessa Trentino Sviluppo (che pur aveva assicurato appoggi e soldi ai tempi della normalizzazione della giunta Forrer) ha quasi ridicolizzato con una lunga serie di osservazioni critiche.
Trentino Sviluppo ritiene (alla buon’ora!) che il piano di rilancio 2020/24 sia troppo ancorato al supporto pubblico. Cioè che sia privo di idee, di innovazione. Il piano in sostanza chiede soldi: due milioni alla Provincia, 500.000 euro al Comune di Folgaria (con le casse già dissanguate dalle precedenti elargizioni) e l’acquisto di beni immobili da parte di Trentino Sviluppo. Cioè, il debito lo accollo alla proprietà pubblica.
E gli operatori privati rimangono spettatori? Folgaria Ski assicura di no; a dire della società, sono già attivi ed entro fine mese sosterranno in modo deciso la ricapitalizzazione.
Del percorso annunciato non è convinto il folgaretano ing. Giuseppe Canestri, il quale sostiene pubblicamente che la società tiene troppa polvere sotto il tappeto. A queste critiche i dirigenti della società sciistica, invece di confutare le asserzioni dell’ingegnere, rispondono con evidente fastidio, come del resto accadeva nel 2005-2007. Fatto sta che la società, invece di ridefinire il modello turistico o investire in politiche di risparmio vista la situazione climatica sempre più preoccupante, insiste nel pubblicizzare l’attivo di gestione 2019-2020 (depurato ovviamente dai debiti accumulati). Ma al momento nemmeno riesce a risolvere il debito maturato con Trentino Sviluppo sui canoni di locazione.
Non è forse venuto il momento, tardivamente certo, di abbandonare o rendere marginale l’industria dello sci sugli ameni altipiani a quote tra i 1100 e i 1700 metri e investire in obiettivi più consoni, con i cambiamenti climatici in atto? Non è certa questa l’intenzione di Folgaria Ski, e lo si può capire, ma perchè la politica continua ad assegnare un ruolo centrale a questa società, in perenne perdita, ancorata a uno sviluppo superato? Sta di fatto che periodicamente vengono avanzate proposte di nuove funivie: lago di Caldonazzo-Altipiani cimbri, o peggio ancora, Rovereto-Serrada-Folgaria. Progetti sostenuti anche nel disegno di rilancio economico varato dal Presidente della Provincia Fugatti, parte di quel minestrone di vecchi interventi che la stessa Confindustria definisce “una lenzuolata”. Se questi sono i percorsi dell’innovazione sugli altipiani, si preparano tempi bui.