L'Austria non apre all'Italia
…e nemmeno al Sudtirolo. Con qualche buona ragione.
La sera del 31 maggio ho ascoltato la conferenza stampa in streaming del Cancelliere Sebastian Kurz (Övp), affiancato dal vicepresidente Werner Kogler (Grüne) e dal ministro della Sanità Rudolf Anschober (Grüne), sulle misure da adottare per affrontare la vicenda del Coronavirus. Tutti in piedi, con mascherina se non parlano, e quando parlano la levano. Lo stesso i giornalisti, seduti di fronte.
Il governo austriaco dal 1° gennaio 2020 è formato dal partito popolare (Övp) e dai Verdi, sulla base di un programma contrattato. Otto ministre e sette mnistri, più il cancelliere, e due sottosegretarie, una dei Grüne e una indipendente scelta dai Grüne.
Volevo capire le ragioni e le intenzioni dei nostri vicini (che qui in Sudtirolo alcuni chiamano “Vaterland”, cioè patria, una parola che in Germania non viene più usata dal dopoguerra), la cui decisione di non aprire i confini con l’Italia ha suscitato scontento e qualche protesta da parte soprattutto degli operatori turistici, ma anche dei secessionisti, che hanno acceso fuochi notturni sulle montagne, formando scritte tipo “Jatz” (Ora più che mai), o “Los von Rom” (Via da Roma), o “Kurz- hol- uns- ins- heim” (Kurz riportaci a casa). Al Brennero alcuni consiglieri di opposizione delle assemblee locali, al di qua e al di là del confine, hanno fatto una manifestazione un po’ sparuta contro la permanenza della chiusura del confine di stato.
La giunta provinciale di Bolzano e la Svp (anche se sembra, non è la stessa cosa) sono rimasti in silenzio, “sotto choc” ha scritto qualcuno, delusi dalla scelta di Kurz (che chiamano Busenfreund, cioè amico del cuore), che si è ben guardato da accettare la loro proposta di aprire il confine del Brennero (e di conseguenza di istituire un confine di stato a Salorno?), e anche dalla disdetta della prevista riunione a Innsbruck dei tre presidenti dell’euregio Trentino-Sudtirolo-Tirolo.
L’epidemia in Austria
È stato un ascolto molto interessante. L’Austria è riuscita a frenare l’epidemia con norme simili a quelle italiane e procede concordando con i Länder i provvedimenti. E contando sulla medicina di base, che lì funziona, a differenza che in Italia e in Sudtirolo, si è presa cura dei malati, senza massacrare medici e infermieri.
Anche lì ci sono situazioni diverse, con il Tirolo molto infettato; e ha pesato l’episodio di Ischgl, località turistica che non ha dato notizia del focolaio nato nei suoi alberghi, finendo per spargere l’epidemia in numerosi paesi del nord Europa, tramite sciatori ignari ritornati a casa. Su questo è stata aperta subito una severa inchiesta giudiziaria ed è in atto una class-action di 2.500 turisti che si sono sentiti messi in pericolo o si sono ammalati, contro il piccolo ma affollatissimo centro turistico.
Il governo austriaco è riuscito tuttavia a riprendere il controllo, a limitare il numero dei morti e a piegare verso il basso la curva dei positivi, e già il 15 maggio, dopo diverse aperture parziali, 700.000 scolari dai 6 ai 14 anni sono tornati a scuola, che prima avevano “frequentato” online: con le mascherine, finché non entrano in classe e con il distanziamento e molta attenzione.
Ci sono stati alcuni casi di positività al virus in scuole del Vorarlberg e due a Vienna, un’insegnante e una scolara. Ma, messi in quarantena tutti coloro che avevano avuto contatti con i positivi, la scuola ha continuato a funzionare in presenza. Il 3 giugno si prevede che anche gli studenti dai 14 anni in su tornino a scuola. Di quindici giorni in quindici giorni, facendo sempre appello alla responsabilità di ognuno, sono cresciute le aperture. Il 31 maggio i risultati erano soddisfacenti, dopo una settimana senza un solo caso positivo, hanno ribadito i tre politici, lodando la popolazione. Alle lodi sono seguite anche le raccomandazioni e la promessa che in caso di aumento dei casi di positività si tornerà indietro, e se si troveranno focolai non si esiterà a dichiarare zone rosse e a chiuderle in quarantena.
I test verranno fatti immediatamente e i risultati arriveranno entro 24 ore al massimo, ha spiegato il ministro Anschober, che ha pianificato le misure in tutto il periodo di pandemia.
Kurz ha detto che il governo è consapevole della severità delle misure messe in atto, ma ha anche detto che sono state necessarie e infine riconosciute efficaci per fermare l’epidemia. Per il 15 giugno è prevista l’apertura dei confini con la Germania, la Svizzera e il Liechtenstein. Non con l’Italia. Parliamo con tutti i nostri vicini, ha detto il cancelliere, vorremmo che l’Europa aprisse i confini tutti insieme, ma non possiamo esporre la popolazione austriaca a rischi, dopo tanta fatica, e l’Italia, secondo l’OMS, è ancora in una situazione molto rischiosa.
Con cautela, un po’ alla volta, senza troppo ascoltare le pressioni delle categorie, l’Austria riaprirà gli alberghi e le gastronomie ancora chiuse, ma non quelle notturne, né le discoteche, e abolirà le mascherine (non hanno mai adottato scaldacolli o le maschere farlocche lasciate a Vienna dal carico destinato al Sudtirolo, come ringraziamento per avere usato l’aeroporto austriaco, ma le hanno fatte esaminare e poi buttate via), salvo sui trasporti pubblici, negli ambienti sanitari, nelle farmacie, nei negozi e in altri servizi dove le persone non possono tenere il metro di distanza.
Tutti e tre i ministri hanno detto: 1 metro. Un metro fra le persone, fra i tavoli nei ristoranti, fra i banchi di scuola. Non come in Italia, dove se il presidente Conte dice 1 metro, i presidenti di regione dicono 2 e i sindaci 3. E pur di far vedere che si fa qualcosa di diverso si crea confusione fra le persone che sono già disorientate da questa vicenda che ha messo molti a dura prova.
Mi ha colpito che durante la conferenza stampa, durata un’ora, né da parte del governo né dei giornalisti delle numerose testate presenti, è mai stato nominato il Sudtirolo. Incredibile, se si pensi che qui si scalpita e si fanno proposte di eccezioni, rispetto a chi abita a sud di Salorno come se fossero scontate.
Da noi, intanto...
D’altronde non credo che sfuggano agli Austriaci i nostri scandali locali, che si prova a mettere a tacere attraverso operazioni sottobanco, come l’istituzione per legge di un’azienda che ricomprerà dalla protezione civile provinciale le mascherine che tre diverse istituzioni (DEKKRA, INAIL, Università di Innsbruck) hanno dichiarato inadeguate (vedi l’appassionante racconto a puntate su salto.it di Christoph Franceschini che sembra una fiction noir) per cui si sono sprecati quasi 40 milioni.
O che si creda al fake-marketing, che loda una sanità pubblica penosa, tacendo che la sanità territoriale è un disastro e che l’ospedale di Bolzano è riuscito – dove è riuscito – a salvare vite solo massacrando medici e infermieri generosi. Questi ultimi sono stati chiamati eroi e alla fine puniti, con i premi in denaro provinciali, distribuiti in modo ingiusto e immorale: tantissimo a chi comincia oggi a occuparsi di Covid19, pochi euro agli infermieri e quattro volte tanto ai medici. Gli infermieri ricorreranno al Tar, ma rimane un sapore amaro per il disprezzo dimostrato verso chi ha fatto sacrifici e si trova di fronte a un’amministrazione incapace e ingiusta.
Kompatscher, colpito anch’egli da virus (non Corona), ha annunciato, come misura di incentivazione agli albergatori che gli stanno sul collo facendogli salire la temperatura, che tutti i turisti potranno essere sottoposti gratis a tampone, come parte del pacchetto “Vacanze in Sudtirolo”.
Ma perché i turisti austriaci (ma anche gli altri) dovrebbero correre negli alberghi a farsi fare i test (che non si sa neppure che valore abbiano), mentre si negano i tamponi agli infermieri e alla popolazione, anche a chi ha avuto pesanti sintomi?
Per passare due settimane in quarantena pagata? E ad ammalarsi se hanno rapporti con il resto della popolazione abbandonata a sé stessa? O a rischiare la salute a Ortisei dove si racconta che c’è l’immunità di massa?
Che cosa deve pensare Kurz dell’Italia, con tanti morti e positivi, dove il 1° di giugno un medico, proprio di Milano, se ne esce a dire che il virus non esiste più? E di Bolzano e Merano, dove qualche centinaio di Wutbürger (cittadini arrabbiati), insieme a no-vax e ad altri esoterici, hanno contestato le misure di prevenzione del Coronavirus? A Vienna erano 150 in tutto i cittadini arrabbiati, fra cui un po’ di estremisti di destra.
Al suo paese, ora senza positivi e con in totale 25 persone in cura intensiva, il cancelliere ha detto: per ora non ci sono né medicine né vaccini, la convivenza con il virus potrebbe durare 2 mesi o diversi anni. E ha detto che lo stato si prepara ad attrezzarsi con una sanità che sia in grado di affrontare una eventuale nuova ondata.
In Sudtirolo non si parla neppure di investire in sanità pubblica, anche se sotto questo aspetto siamo più simili alla Lombardia che al Veneto. Si disinfettano inutilmente le strade con i cannoni da neve adattati, si distribuiscono mascherine (a Bolzano una a testa spedita in una busta) mesi dopo averne reso obbligatorio l’uso. Nel frattempo sono state vendute a prezzi scandalosi.
Kurz e gli altri ministri, tutti molto giovani, hanno espresso cordoglio per la morte di tante persone. Non hanno detto neppure una volta che sono morti “vecchi” o malati di altre malattie, come è stato ripetuto per mesi in Italia da politici ed esperti, come se fosse un’attenuante alle responsabilità della strage nelle case di riposo e nelle fabbriche e della sanità privatizzata. Non hanno fatto capire ai giovani del loro paese che “tanto loro non si ammalano”, anzitutto perché non è vero, e poi perché è immorale. In Italia invece il diritto alla movida viene prima dell’educazione al rispetto della vita.
I Grüne filano d’accordo con la Övp in questo tempo di Coronavirus, condividendo molti principi, ma sostengono apertamente il “Recovery Fund”, la nuova misura contro l’impoverimento dovuto alla pandemia, che ritengono una misura necessaria per sostenere i paesi più colpiti e per portare avanti il progetto europeo. In questo sono lontani da Kurz, che ha schierato l’Austria con Olanda, Finlandia, Svezia e Danimarca a favore di una politica di austerity, quella che ha distrutto la Grecia. E che permette all’Austria di continuare ad essere un paradiso fiscale.