“Macbeth”
Esseri umani in balia di un destino già scritto
“Amo Shakespeare perché è veramente nostro contemporaneo”. Sono parole di Serena Sinigaglia a pochi giorni dal debutto del Macbeth da lei diretto, parole che sintetizzano perfettamente il suo amore per il grande drammaturgo inglese e il suo modo di leggerlo ed interpretarlo. Terza tappa di un progetto triennale (di cui è auspicabile un seguito) di formazione di una Compagnia Regionale portato avanti dal Teatro Stabile di Bolzano, Centro Servizi Culturali Santa Chiara e Coordinamento Teatrale Trentino, questa nuova e suggestiva versione della tragedia scozzese ha debuttato il 30 ottobre al Cuminetti di Trento, dove ha replicato fino all’11 novembre, andando in scena 12 volte.
Il rapporto della regista con “l’autore teatrale più formativo in assoluto” è di lungo corso: dopo i confronti con Romeo e Giulietta e con Re Lear, era il momento giusto per misurarsi con Macbeth. “Ci sono testi di Shakespeare che non puoi mettere in scena se prima non hai incontrato gli attori giusti”, afferma Serena Sinigaglia nelle note di regia. Ecco, Macbeth è tra quei drammi, e a questo punto della loro carriera due attori come Fausto Russo Alesi ed Arianna Scommegna erano pronti a calarsi nella parte dei due protagonisti (senza dimenticare Stefano Orlandi in quella di Banquo). Si aggiunga poi l’imperdibile occasione formativa offerta ai sei attori trentino-altoatesini selezionati e ai cinque giovani provenienti dalla Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino.
Con questo cast la regista ha creato, grazie anche all’accurata versione di Letizia Russo, un Macbeth contemporaneo, nel senso dato al termine da Jan Kott. Il saggista polacco fondamentalmente vedeva la contemporaneità di Shakespeare nella rappresentazione dell’uomo che, stritolato nel grande meccanismo della Storia, ritrova la propria dimensione umana interrogandosi sul senso della vita e sul suo proprio destino.
L’impostazione registica sembra mettere a frutto questa lezione, e in modo originale ed appassionante. Seguendo questa linea, i due protagonisti non sono due mostri, ma due esseri umani che devono eseguire materialmente un destino già scritto, obbligati a compiere, omicidio dopo omicidio, tutto quel male dal quale si fanno corrodere. Fausto Russo Alesi rende con enorme efficacia la complessità e la tragicità del carattere di Macbeth. All’inizio condottiero coraggioso e leale, che mira a diventare re in virtù del suo valore militare. Poi uomo tormentato dalle paure e dai rimorsi fin già dalla preparazione del regicidio (sangue che chiama altro sangue, in una catena che non si può arrestare), a disagio nel dover uccidere per raggiungere e, una volta salito al trono, mantenere quel potere che pur desidera. Infine pazzo in preda alla follia, quando ormai non ha più paura di nulla perché ha compreso di non avere scelta. Arianna Scommegna dà corpo e anima ad una Lady Macbeth che ha il coraggio di farsi attraversare dagli eventi, anche i più duri. Nella coppia indubbiamente è lei “l’uomo”, lei a soggiogare, con irruente sensualità e forza ammaliatrice, il marito a compiere il male.
Anche lei però non è naturalmente disposta al male, quanto piuttosto una donna che anch’essa deve farsi strumento di un destino già prefigurato. Macbeth e Lady Macbeth, in un mondo in cui si deve uccidere, scelgono di sporcarsi le mani: da qui la paura, il rimorso, la debolezza, l’impotenza, la follia che albergano in loro.
La scena, realizzata da Maria Spazzi e illuminata da Gerardo Buzzanca, è evocativa e d’impatto: un piano inclinato coperto di sabbia bianca – scelta originale e coraggiosa, se si pensa che il colore comunemente associato alla tragedia è il nero – dominato al centro da una profonda buca. La sabbia bianca è l’elemento essenziale del mondo del Macbeth. Questa materia, con cui entrano in contatto – chi più, chi meno – tutti i personaggi, è l’habitat naturale delle Streghe. Interpretate in modo convincente da Pierpaolo Preziuso, Federica Quartana ed Elvira Scorza, esse sono esseri asessuati che si esprimono con un intrigante grammelot che rende bene l’idea di un linguaggio esoterico. La loro importanza sta nel fatto che esse hanno tra le mani il destino a cui gli uomini non possono sfuggire.
La regia di Serena Sinigaglia riesce a valorizzare tutti gli attori e tutte le parti. Stefano Orlandi è un solido e concreto Banquo; Giovanni Battaglia mostra versatilità spiegando egual efficacia prima nel candore di Duncan e poi nel popolaresco del portiere; Sebastiano Kiniger dà un particolare taglio interpretativo a Malcolm; Alfonso Genova è un dolente Macduff; Maria Giulia Scarcella una curiosa Lady Macduff sudamericaneggiante, con Sara Rosa Losilla nei panni del figlio; chiudono il cerchio Noemi Grasso (Ross) e Paolo Grossi e Gianluca Bazzoli, impegnati in più parti. Fuori scena, ben confezionati i costumi di Katarina Vukcevic in collaborazione con gli allievi del biennio specialistico dell’Accademia delle Belle Arti di Brera e indovinate le musiche di Sandra Zoccolan.