La regina della pasta
La ricomparsa in maniera esplicita della donna regina della casa
Lo slogan (“Ogni donna è una regina e si merita una Reggia”), che reclamizza una pasta - la pasta Reggia, appunto – è basata su un povero gioco di parole. La musica è quella di un canto popolar-goliardico che racconta le imprese erotiche di un frate confessore: “Co’ sta pioggia e co’ sto vento...”. La testimonial è la modella spagnola Zaira Bas, che anziché una regina potrebbe essere la lussuosa fidanzata di un calciatore. La location, infine, è la reggia di Caserta (dove si produce la pasta in questione), ma vista la raffinatezza di tutto il resto, poteva bastare alla bisogna un qualche villone dei Casamonica.
Ma il succo della faccenda è la ricomparsa in maniera esplicita della donna regina della casa, idea che è messa in scena in infiniti altri spot, ma che qui, appunto, è teorizzata con fulminante semplicità. Non arriviamo a dire che una tale pubblicità sia un sottoprodotto della attuale rinascita dei Grandi Valori, dalla Patria Sovrana alla Famiglia Tradizionale e dunque alla donna risospinta al solo ruolo di casalinga (manca la Religione: tutta colpa di Papa Francesco). Si evince comunque dai molti commenti (perché anche a proposito degli spot televisivi sui social ferve il dibattito) che, come sul tema dei migranti, anche sulla pasta Reggia l’Italia si spacca: un po’ per ragioni estetiche, più spesso su base ideologica.
Anzitutto sgombriamo il campo dai commenti bizzarri, come alcuni riguardanti la musica, che per alcuni non sarebbe, come abbiamo detto, quella di un canto fra l’irriverente e il pornografico, ma una ninna-nanna, oppure un tema che “riecheggia gli anni Ottanta”. Poi, varie parole in libertà, seppure sorprendentemente espresse in un buon italiano: ad esempio, la modella protagonista “è entrata perfettamente nei panni della verace e maliziosa guagliona partenopea capace di dare le dritte giuste e i giusti ammiccamenti anche in fatto di scelta del marchio adatto ad un alimento così legato al gusto personale, al profondo piacere intimo della buona tavola”.
Entrando nel merito, molti giudizi prescindono da una valutazione del “messaggio”, dividendosi più meno equamente fra gli “orribile” e i “semplice”, “diretta”, “efficace”, “solare”, “geniale”. E qui c’è poco da commentare: de gustibus...
Altri vanno più in profondità, in maniera inattesa: “In tempi come questo, in cui la mancanza di rispetto per le donne è così inquietante, sentir dire ‘ogni donna è una regina e si merita una reggia’ è qualcosa di rinfrancante per lo spirito”.
E finalmente le proteste: “Ma il senso della pubblicità è che ogni donna si merita di stare in cucina?”. “Siamo ancora dipinte come estensione delle cucine di casa. Complimentoni ai geni del marketing”.
A queste accuse si ribatte secondo un collaudato meccanismo di cui negli ultimi tempi abbiamo avuto – a proposito di temi ben più scottanti – numerosi esempi. “Quanto siete pesanti. Tutti pronti a criticare con la vostra cattiveria, sempre a giudicare...”. E soprattutto: “Vedo dai commenti che capire l’ironia non è da tutti”. Non stentiamo a credere che gli autori dello spot, una importante casa di produzione, lungi dall’essere dei biechi maschilisti, siano persone “moderne” e abbiano voluto lavorare sull’ironia. Sta di fatto che sui temi più sensibili – la xenofobia, ma anche il rapporto uomo-donna – sarebbe meglio non giocare più di tanto, giustificandosi poi tirando in ballo lo scherzo, la goliardata, l’ironia.
Un ex pubblicitario, prendendo come spunto lo spot – molto tradizionale – del detersivo Cif, propone un curioso ribaltamento dei ruoli “Far arrivare i ragazzi dopo la vittoria a rugby, lasciare che sporchino, far arrivare la madre con il Cif spiegando che pulisce benissimo e dicendo però, in modo umoristico, che la casa non si pulisce da sola; dare quindi il Cif in mano al marito o al figlio mentre lei, di colpo vestita da hockey, viene chiamata da fuori dalle compagne di squadra per partire e saluta, lasciando increduli marito e figlio. Uno spot del genere sicuramente non passerebbe inosservato, non potrebbe essere tacciato di quel politicamente corretto che chi difende sessismo e mentalità retrograde generalmente usa come risposta a tutto, e avrebbe sicuramente molti appoggi (e molti acquirenti)”.
Troppo azzardato?