“Nature is the New Minimalism”
Impronte vegetali. Trento, Galleria Civica, fino al 24 giugno
Viene da chiedersi se la semplicità del lavoro di Sam Falls, trentaquattrenne artista americano che espone alla Galleria Civica di Trento (fino al 24 giugno 2018, a cura di Margherita de Pilati), questo sereno protagonismo delle piante e delle foglie, sia una semplicità solo apparente, o sia invece esattamente ciò che appare, un modo di rifiutare l’eccesso di problematicità che l’arte contemporanea ci ha riservato, anche nelle sue fasi più recenti.
È vero che qualche passaggio di questa mostra accenna ad una visione meno quieta del rapporto tra la civiltà urbana e la natura – periferie semidesolate di Los Angeles nel film in super 8, dove si aggira anche qualche animale smarrito; strati di paraffine che alludono ai ghiacci in scioglimento – ma rimangono, nella mia impressione, incursioni slegate dal discorso principale e quasi inserite come omaggi a temi e stilemi che sono divenuti ormai un classico delle ricerche artistiche.
E sembra paradossale il riferimento al minimalismo rivendicato da Sam Falls per il suo modo di operare. Perché se è vero che le forme della natura, in particolare l’albero e la foglia, costituiscono un archetipo universale, è anche vero che gli artisti minimal degli anni Sessanta vollero liberarsi proprio delle forme organiche e puntare ad una forma assoluta e mentale.
Proprio per questa ragione, il minimalismo di allora faceva scarse o nulle concessioni al piacere estetico. Qui invece, il risultato percettivo, e perfino decorativo, prende un notevole rilievo, dove le pareti degli ambienti sono interamente occupate da forme fogliari trattate come moduli ripetuti all’infinito, senza alto né basso, appunto come si usa (si usava) nei parati e nelle stoffe.
Certo, merita attenzione il procedimento di Falls, che si serve, come ci spiega, di piante che lui stesso preleva, anche dai bassi fondali della costa californiana dove risiede, li adagia su grandi tele che cosparge di pigmenti colorati, lasciando poi che siano la pioggia, l’aria e l’umidità della notte a trasfigurare il tutto in questa sorta di dipinti a “stencil” che vediamo in galleria. Un procedimento analogo è quello da lui usato nelle sculture di argilla, le quali altro non sono che impronte di foglie, con un sentore di reperto fossile ma molto arricchito dal colore.
Del resto, anche le due sculture posizionate all’esterno puntano proprio ad ottenere delle mutazioni cromatiche delle superfici metalliche indotte dagli agenti atmosferici.
Tutto questo potrebbe, a prima vista, sembrare vicino alla filosofia sottesa al lavoro di molti artisti presenti ad Arte Sella, ma non lo è. Qui non abbiamo una dispersione dell’opera nella natura e nel tempo, ma un impiego della natura per la realizzazione dell’opera, di un’opera destinata a durare.
In definitiva l’intento estetico, nel lavoro di Sam Falls, appare preminente su implicazioni e complicazioni di altro genere. Ne abbiamo una riprova anche nella sala dedicata alle ceramiche, che contiene un riferimento al minimalismo delle origini, nel gioco di piani del basamento unitario delle sculture – per cui l’intera sala va vista come un’unica installazione – però con un’attenta e suadente modulazione di toni cromatici.
Dice Sam Falls, in una recente intervista, che intende “comunicare con l’elemento naturale senza essere realistico”, aggiungendo che “l’opera non è fatta per provare l’intelligenza dell’artista”. Il rischio opposto all’intellettualismo, difetto abbastanza praticato, è però di rendere marginale lo sguardo inquieto e aperto alla stratificazione di significati.