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Politica ed economia

Quali politici hanno supportato a Roma il progetto del Gruppo bancario trentino? Questa è stata la domanda a diversi interlocutori del mondo bancario e cooperativo: nella stragrande maggioranza la risposta è stata un ammiccare furbo, mezze parole, oppure – con chi c’era confidenza – frasi apertamente ironiche. Il senso comunque era praticamente unanime: non c’è stato nessun appoggio, ed è meglio così.

Anzi, e ne parliamo più diffusamente nella coverstory di pagina 8, proprio l’assenza di padrinaggi politici può essere stato uno dei fattori del successo del Gruppo Cassa Centrale Banca: un progetto che faceva leva sulle capacità tecniche, industriali, non sugli appoggi in alto loco (di cui “doveva” godere, per la semplice localizzazione geografica, il concorrente Gruppo Iccrea, romano e quindi per definizione ammanicato). Infatti in tutto il mondo bancario italiano si è visto in questi ultimi anni quanto siano comodi gli appoggi politici; ma anche quanto siano alla lunga rovinosi, perché inducono pigrizia, clientela, senso di impunità.

Queste dinamiche le abbiamo viste anche qui in Trentino, in molteplici settori: noi abbiamo seguito il caso emblematico della Cantina LaVis, che dopo anni di colpevole o peloso padrinaggio (di Dellai anzitutto, di Isa e poi di Rossi), solo dopo vigorose iniezioni di denaro pubblico, e anni di sacrifici di oltre mille contadini, si sta avviando su un incerto percorso di risanamento; ma altre analoghe vicende ci sono state, soprattutto nel settore edilizio, dove proprio le imprese più contigue a questo o quel potente, sono rovinosamente franate. O nel settore del porfido, ultraprotetto da sindaci e assessori comunali e provinciali, e probabilmente anche per questo miserevolmente collassato su se stesso. O - ultimo caso - nell’ambito delle costruzioni, la Btd Primiero, che proprio dalla contiguità con un pezzo da novanta della cooperazione, Renato Dalpalù, aveva tratto prima una rapidissima ascesa, poi un ancor più rapido tracollo, con esiti attualmente al vaglio della giustizia penale. Le leggi dell’economia sembrano implacabili: se fondi il tuo business sugli appoggi, avrai un’industria fuori mercato, destinata a una fine penosa.

Vediamo un altro esempio, che abbiamo trattato in QT di giugno: la frutticoltura. In questi mesi i grandi consorzi melicoli, Melinda in testa, sembra abbiano cambiato decisamente rotta, reagendo a una crisi di mercato con investimenti nel biologico e più in generale nella qualità. Molto bene, reagire cambiando rotta, quando si tratta di grandi realtà, non è facile; avere il coraggio di queste decisioni (che implicano svariate riconversioni, a iniziare da quelle in campagna) è di per sé positivo. Eppure anche qui c’è da riflettere sui rapporti industria-politica.

In Trentino c’è un Istituto Agrario (quello di San Michele, oggi Fondazione Mach) deputato alla ricerca in questo campo. Bene, cosa ha fatto in questi anni nel settore biologico? Praticamente niente, o peggio, lo ha delegittimato. E cosa ha fatto nel settore della qualità, a iniziare da quella sensoriale? Anche qui, molto poco; pur avendo attrezzatissimi laboratori per valutare il gradimento organolettico dei prodotti, cominciando dai frutti, si è ben guardato dal testare la qualità della produzione. Nella convinzione (quanto mai realistica, purtroppo) che giudizi non positivi non sarebbero stati tollerati dai grandi consorzi, e quindi dai politici. Ecco come questa invadenza del potere economico, collegato a quello politico, ha castrato sia la ricerca sia la stessa valutazione sui propri prodotti. In definitiva è stato, nel medio periodo, del tutto controproducente.

Che lezione trarre? In Trentino ci sono settori economici che hanno grande capacità propulsiva. C’è da esserne fieri, e fiduciosi nel futuro. Purtroppo però non vediamo una pubblica amministrazione che sappia avere con essi un rapporto sinergico, positivo. Tra gli operatori economici sani il concetto dominante è “alla larga dalla politica”. Che sembra il massimo di positività che si possa raggiungere.

È decisamente poco. La responsabilità non è solo della famigerata politica, ma anche della cultura degli imprenditori, e pensiamo che il caso dei rapporti con l’Istituto Agrario lo evidenzi in maniera emblematica. Ma nell’attuale situazione, probabilmente, una giusta distanza tra politica ed economia, è la soluzione migliore.