Ancora sul “vallo-tomo” di Mori
Mercoledì 18 gennaio ho assistito in Consiglio comunale di Mori all’esposizione da parte del professore Giovanni Barla del Politecnico di Torino della perizia tecnica da lui elaborata, per conto della Provincia di Trento, allo scopo di valutare la scelta tecnica prevista dalla Provincia stessa, in particolare l’opzione del vallo tomo quale barriera paramassi, la posizione del trincerone, il grado di pericolosità del cosiddetto diedro in esame, le modalità di discesa degli elementi del pilastro roccioso nel caso della sua demolizione.
Com’era facilmente prevedibile, il luminare ha convalidato totalmente le proposte tecniche provinciali.
Purtroppo questa non è una novità: troppe volte i cosiddetti esperti sono stati chiamati per ribadire pareri tecnico-politici locali e solo con uno sforzo collettivo tenace e generoso si è riusciti a opporsi e a far prevalere soluzioni più corrette, ragionate ed equilibrate e meno settoriali.
Al professore sembra infatti non interessare che l’intero versante sopra l’abitato possa essere completamente devastato, prima coll’imponente vallo-tomo e coll’estesa scarifica a monte dello stesso, poi con la discesa dei massi rocciosi dal pilastro al trincerone.
Questa calata sembra prevista demolendo il pilastro mediante esplosivo, sistema al quale la protezione civile sembra molto affezionata.
Infatti il professore ha previsto più volte che le masse rocciose fossero lanciate, fenomeno imprevedibile per una massa inizialmente inerte e che la discesa potesse raggiungere al vallo tomo velocità di tutto rispetto, dell’ordine dei 90 km/ora.
Non si comprende poi come si possa ipotizzare il distacco di tutto il nucleo centrale del pilastro, se non mediante un’attenta indagine sul posto con particolare strumentazione. Certo non è valutando il sito con l’elicottero che questo si possa dire.
E anche se fosse vero che la superstite resistenza fosse affidata alla sola zona bassa, dove, secondo il professore, non è tecnicamente possibile realizzare un rinforzo, il problema, a mio parere, si può superare con un’azione diretta sul masso condotta da tecnici specializzati con estrema cautela, eseguendo fori di ancoraggio lungo i lati verticali del pinnacolo con carotatrici a punta diamantata a sola rotazione, bloccando nei fori robusti ancoraggi e tendendo da questi sopra il masso una ragnatela di reti e di potenti funi d’acciaio.
Successivamente, assicurata la immobilità del mostro, si potrà chiodare il pinnacolo alla parete, in condizioni di sicurezza, così come realizzato sulla Paganella a monte di Zambana Vecchia, in condizioni ben più gravi e rischiose di quelle di Mori, e chiudere le fessurazioni con malte cementizi espansive.
Naturalmente bisognerebbe prima porre in opera sulle fessurazioni degli strumenti di monitoraggio e di allarme. Prudenzialmente vi sarebbe l’opportunità di sgomberare l’abitato sottostante, solamente però nel breve periodo necessario per il bloccaggio del masso.
Non si comprende infine come possa essere realizzato il vallo tomo in sicurezza durante il grande lavoro di scavo e riporto nella paleofrana che ricopre il versante, senza produrre pericolose vibrazioni e azioni dinamiche sul masso in esame, nelle operazioni di scavo, sollevamento e scarico dei blocchi ciclopici esistenti.
Verso la conclusione, il professore di Ingegneria di Trento, titolare della cattedra di Paesaggio, ha invitato la popolazione di Mori, con alcuni esempietti poco probanti, ad avere coraggio negli interventi, se da questi deriva la sicurezza dell’abitato.
Infine sono stati proiettati alcuni rendering a lavori ultimati del vallo-tomo. In essi il trincerone non appare nella sua mostruosa invadenza, ma come una graziosa area verde e l’area di scarifica a monte del vallo è di estensione più limitata rispetto a quella disegnata nella sezione tecnica verticale. I rendering rendono quindi ben poco la realtà.