W la povertà?
Era il giugno 1974, da pochi mesi i Paesi dell’Opec avevano raddoppiato il prezzo del petrolio e diminuito del 25% la produzione, al che gli Italiani si trovarono alle prese con la neonata “austerità”, che consistette nel blocco del traffico domenicale, la fine dei programmi televisivi a mezzanotte, la diminuzione della illuminazione pubblica e lo spegnimento notturno delle luci nelle vetrine dei negozi.
In quell’occasione lo scrittore Goffredo Parise scrisse un “Elogio della povertà” che, magari facendo un po’ di confusione fra miseria e sobrietà, tracciava un quadro catastrofico della società italiana, più pasoliniano di Pasolini, un po’ fuori misura per quei tempi, tutto sommato più virtuosi degli attuali.
Citiamo da quel lungo testo: “Il nostro Paese compra e basta. Si fida in modo idiota di Carosello e non dei propri occhi, della propria mente, del proprio palato, delle proprie mani e del proprio denaro. Il nostro Paese è un solo grande mercato di nevrotici tutti uguali, poveri e ricchi, che comprano, comprano, senza conoscere nulla, e poi buttano via e poi ricomprano. Il denaro non è più uno strumento economico, necessario a comprare o a vendere cose utili alla vita, uno strumento da usare con parsimonia e avarizia. No, è qualcosa di astratto e di religioso al tempo stesso, un fine”.
E ancora: “Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime barche”. Ebbene, quello scritto è stato “postato” da Beppe Grillo come augurio e regalo di Natale ai frequentatori del suo blog.
Dopo la mostruosa proliferazione di centri commerciali e boutique firmate verificatasi da quarant’anni fa ad oggi, la predica di Saviane appare sacrosanta, magari escludendo la scomunica dell’automobile e del motorino, non sempre superflui. Sulla riproposizione grillina di quel messaggio nasce però qualche perplessità, sia – diciamo così – estetica di fronte ad un elogio della povertà in un Paese come l’Italia dove la cosiddetta “povertà assoluta” riguarda quasi 5 milioni di persone, sia in merito al pulpito piuttosto incoerente dal quale discende la predica. “Bellissimo articolo. - chiosa un commentatore - Soprattutto considerato che è stato letto su un sito stracolmo di banner pubblicitari ed è stato scritto da qualcuno che ha un fatturato di circa 4 milioni di euro”.
E un altro: “Ma Beppe Grillo questo elogio della povertà l’ha copiato/incollato dalla sua casa in Kenya o dall’Aldebaran, lo yacht da 42 metri che usa durante le vacanze?”
Naturalmente, al di là della sparata poco opportuna di Grillo, la questione, nella quale si mescolano sobrietà, consumismo, ecologia, ecc, è talmente reale da essere diventata quasi stucchevole; e da provocare dei corti circuiti, come quello che emerge da una lettera pubblicata sull’Adige del 28 dicembre. Dove una madre con tre figli lamenta la scandalosa penuria, in Trentino, di centri commerciali, grandi magazzini e simili.
La signora, intendiamoci, sostiene di aspirare alla sobrietà, ed è proprio in nome del risparmio che vorrebbe avere maggiore possibilità di scelta. Nell’attesa – sembra di capire – è continuamente in viaggio in cerca di occasioni di risparmio. “Perché – si chiede - sono costretta ad andare a Brescia o a Padova o a Innsbruck per poter trovare un’Ikea?”. E fin qui, pazienza: i mobili sono una spesa grossa e il risparmio può valere il viaggio. Ma le trasferte verso le regioni confinanti appaiono obbligate anche per altri acquisti: “Mi chiedo perché dobbiamo accontentarci di alimentari come Poli, Coop e in Alto Adige Despar e non possiamo anche noi come tutte le regioni d’Italia avere Carrefour, Auchan, Iper Tosano... Perché devo andare a Bussolengo e trovarmi un supermercato Rossetto o a pochi chilometri di distanza nell’ampliato centro commerciale un enorme Auchan che fa le scarpe a tutti i nostri piccoli e grandi supermercati di regione?... Hanno aperto il Primark nell’enorme, nuovissimo centro commerciale Elnós di Brescia. Ci siete stati?”. E perfino per una pizza serale, la famiglia deve mettersi in viaggio per un bel po’ di chilometri: “Mi spiegate perché se voglio portare una volta in più a mangiare fuori i miei figli... sono costretta a spostarmi dalla regione?”.
Ammesso che la signora sia in buona fede, e cioè che la sua motivazione sia effettivamente l’aspirazione al risparmio e non uno ossessivo consumismo, come giudicare il suo atteggiamento? Aspettiamo lumi da Beppe Grillo.