Io dico No
Vorrei intervenire, da modesto e semplice cittadino e a titolo personale, nel dibattito sul referendum costituzionale. A puro titolo personale, sono propenso per il No, per alcuni motivi che vorrei qui esplicitare.
1) Il Senato proposto è, a mio modesto parere, un Senato non credibile nelle sue capacità funzionali, prima ancora che nella sua “nomina”, poiché ritengo sia davvero improponibile avere senatori a part-time; ma davvero pensiamo che consiglieri regionali/provinciali e sindaci possano avere il tempo di recarsi a Roma due-tre giorni alla settimana e pure svolgere i compiti per i quali sono stati eletti dal popolo? Se davvero pensiamo questo, allora possiamo affermare che finora non stanno lavorando abbastanza per ciò per cui sono stati eletti e quindi avvaloriamo le tesi che sostengono che i nostri politici sono strapagati per nulla. Ora, siccome personalmente non è questa la mia opinione, direi che i senatori sarebbe meglio eleggerli tra persone che non ricoprono già altre cariche, cosicché il sindaco possa fare bene il sindaco e i consiglieri regionali pure; ma davvero pensiamo che, per esempio, il sindaco Andreatta possa fare pure il senatore? Con i problemi che ha a dirigere il comune di Trento?
2) Altra questione: la “nomina” dei senatori; e qui si perde di credibilità nei confronti della democrazia. Credo che, in questo grave momento di allontanamento tra politica e cittadinanza, togliere l’elezione diretta di una Camera sia un errore molto grave; inoltre, sapere che i senatori saranno nominati dai partiti (perché è ciò che avverrà) e quindi saranno scelti tra i fedelissimi della segreterie politiche, garantirà solamente un ulteriore allontanamento della politica dalla vita reale. Un passaggio elettorale, invece, legittimerebbe tale incarico. Aggiungo, poi, che se proprio volessimo parlare di riforma vera, si sarebbe potuto optare per eliminare integralmente il Senato. Questa poteva essere una soluzione davvero innovativa e risparmiosa. E, soprattutto, credibile.
3) La questione trentina della salvaguardia dell’autonomia: molti sostenitori trentini del Sì, dicono che ci dovrà essere “intesa” tra Stato e Province di Trento e Bolzano per temi che riguardano l’autonomia; ebbene, nella riforma costituzionale si trova anche “la causa di forza maggiore” che determina il fatto che, qualora non si giunga ad una intesa in tempi certi e graditi dal governo centrale, questo potrebbe far pesare la propria autorità. Chi ci assicura che questa clausola non venga anche applicata alla famosa ”intesa”? Non riesco a trovare supporti su cui basare la mia fiducia a questa “intesa”! La trovo davvero poco affidabile come motivazione della tesi che sostiene che la nostra autonomia ne uscirà rafforzata in caso di vittoria del Sì!
Non sono mai stato contro le innovazioni, per formazione personale e lavoro, ma le innovazioni che si introducono non possono, anzi non devono, ampliare la divergenza tra politica e cittadini, non devono creare aree grigie peggiori di quelle già esistenti. Cambiare solo per cambiare era una visione negativa combattuta saggiamente proprio da questo centro sinistra, ma mi pare che ora si stia smarrendo il senso della logica e ne trovo sempre più evidenza anche negli spot elettorali del premier, che pur di catturare voti pro Sì, accetta anche di riproporre il ponte sullo stretto di Messina, tanto inviso alla sinistra fino a qualche tempo fa, ma che ora appare come una merce di scambio accettabile, pur di rimanere in sella a tutti i costi e pur di far passare il referendum. E guardate che questo non è un altro discorso, perché è legatissimo alla vicenda referendaria. Renzi cede sul ponte di Messina e acquisisce i voti referendari della destra; peccato però che molti a sinistra comincino davvero ad avere sensi di nausea verso questi modi di fare politica che ricordano tanto il ventennio berlusconiano. Cambiamo tutto per non cambiare nulla? Ecco la sensazione che noi comuni cittadini cominciamo ad avere; ecco perché molti cittadini sono propensi a votare No!