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QT n. 1, gennaio 2016 Monitor: Arte

Tutto MART

“Le Collezioni” - “La coscienza del vero. Capolavori dell’Ottocento da Courbet a Segantini”

Vladimiro Sternini

“Le Collezioni”: non è una mostra. È una permanente che ha l’ambizione di rimanere finalmente tale, quella che da tempo chiedevano i molti turisti che arrivando al Mart si lamentavano perché nel percorso non c’è nulla di futurista; quella che forse anche i trentini, in fondo, aspettavano da tempo. Una collezione permanente che, in ogni caso, segnerà profondamente l’identità del Museo, evidenziandone nettamente le linee di ricerca intraprese, dal Futurismo al Novecento, rimarcando al contempo l’apertura alla sperimentazione delle forme d’arte contemporanee. Questo spiega anche i due sottotitoli che ribadiscono questo doppio sguardo: “L’invenzione del moderno” e “L’irruzione del contemporaneo”; uno sguardo che coincide con quello del nuovo direttore Gianfranco Maraniello, curatore del doppio percorso assieme a Denis Isaia e Daniela Ferrari.

Attingendo dalle circa ventimila opere conservate nel caveau del Museo, il doppio percorso attraversa, in stretta relazione con l’architettura di Mario Botta e sviluppandosi su due piani del Museo, due secoli di storia dell’arte italiana e internazionale. Una storia affiancata - ed anche questa è una gradita novità - da introduzioni e approfondimenti didattici, quasi un “ritorno all’ordine” dopo mostre in cui sembravano essersi dissolte perfino le più banali didascalie.

Il percorso si sviluppa in ordine cronologico, dalla fine dell’800 alla scena contemporanea, includendo artisti come Medardo Rosso, Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Fausto Melotti, Alberto Burri, Lucio Fontana, Mario Merz e Bruce Nauman, fino alle ultime generazioni. La mostra “Le Collezioni” occuperà stabilmente due delle quattro gallerie del Museo nelle quali troveranno spazio, a rotazione, le più importanti opere del Mart, che saranno affiancate, nella altre gallerie, da mostre tematiche o monografiche.

“La coscienza del vero. Capolavori dell’Ottocento da Courbet a Segantini Rovereto”, Mart, fino al 3 aprile.

Sempre amato dal grande pubblico, ma purtroppo ancora orfano della sua sede naturale, Palazzo delle Albere, l’Ottocento torna a far parlare di sé in questa mostra che indaga il rapporto tra realtà e rappresentazione nella pittura del tempo. Un’ottantina le opere esposte, cronologicamente comprese tra il Romanticismo e il 1895, anno di quella prima Biennale di Venezia che aprì definitivamente alla contemporaneità.

Giuseppe Tominz, Doppio ritratto (1830)

La poetica del Vero caratterizza buona parte della cultura europea della seconda metà dell’Ottocento, non solo in ambito artistico, ma anche filosofico e letterario. Il Realismo di Gustave Courbet, al quale è dedicata un’intera sala, funse in qualche modo da apripista, affrancando la pittura da temi allegorici, mitologici e storici, predominanti nella prima metà del secolo. Accanto all’aristocrazia, iniziano ad essere messe al centro dell’opera le classi subalterne: la borghesia, soprattutto, ma anche il proletariato urbano e i contadini. Una pittura del vero che si sviluppa soprattutto in due direzioni: da una parte il paesaggio, sia naturale che urbano, come negli scorci veneziani di Eugenio Prati; dall’altra il ritratto e l’autoritratto, temi fortemente legati allo sviluppo e diffusione della fotografia, invenzione che se da una parte semplificò di molto il lavoro degli artisti - celebre il caso di Degas, che realizzò il ritratto della principessa di Metternich copiandolo da una fotografia -, dall’altro li spinse, nell’impari concorrenza verso un maggiore mimetismo, ad accentuare la ricerca psicologica del soggetto. Il ruolo centrale della fotografia è sottolineato nel percorso anche da vari scatti posti sia in relazione con le opere, sia come esemplificazione dell’estrema diffusione, nella seconda metà del XIX secolo, del ritratto fotografico tascabile e a basso costo, la cosiddetta carte-de-visite, ben rappresentata in mostra anche da un esemplare realizzato dall’inventore di questo rivoluzionario formato, il fotografo parigino André-Adolphe-Eugène Disdéri.

Tra gli artisti artisti documentati ricordiamo anche Segantini, Hayez, Boldini, Lenbach, Bellosio, Bianchi, Degli Avancini, Guardassoni, Molmenti e Tominz.

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