Albere: domani è un altro giorno
Qualche modesto suggerimento sul come si potrebbero sistemare i dintorni dell’antica villa
Ho letto nei giorni scorsi sul Corriere del Trentino l’accorato-arrabbiato intervento di Michelangelo Lupo e quello molto più cauto e interlocutorio del soprintendente Marzatico a proposito della villa delle Albere. Non ho letto quanto dichiarato da Sgarbi in una precedente intervista, ma non me ne dolgo più di tanto, considerando che non lo sopporto più di un secondo quando compare in tv.
La villa dei Madruzzo e la sua travagliata vicenda sono anche per me - come noto - quasi un’ossessione, fin dai tempi ormai lontanissimi del mio “Piano per il centro storico”. Mi permetto pertanto di offrire sommessamente ai lettori alcune personali considerazioni, pur sapendo benissimo di correre il rischio di fare la parte del solito vecchietto bisbetico che commenta da una panchina i lavori in corso.
Che il palazzo delle Albere necessiti di ulteriori restauri è innegabile e mi auguro il processo continui rapidamente e felicemente, come assicurato da Marzatico.
Che il suo destino non sia certo delegabile alla dilagante moda del food-expo, pure. Tuttavia devo dire che piuttosto di vederlo desolatamente chiuso e abbandonato, mi sono rincuorato nel poterlo rivisitare e nel riscoprirne certi angoli affascinanti, nonostante la presenza dei salami e delle mortadelle che hanno urtato la suscettibilità dell’amico Michelangelo Lupo.
Che il MUSE di Renzo Piano sia dissonante con l’architettura rinascimentale della Villa è a tutti evidente, ma sono convinto che un rapporto più che potenziale fra i due si sia comunque già realizzato e che esso possa trovare valori anche più forti in futuro, capaci di esaltare entrambe le opere nella loro autonoma differente “bellezza”, a cominciare dall’intuizione delle vedute dentro-fuori e degli specchi d’acqua esterni che Piano stesso ha messo in opera e che offrono un legame tutto sommato interessante a quelle evidenti e naturali dissonanze.
Manca ad oggi, però, un progetto organico di tipo urbano-paesaggistico di tutti gli spazi “tra”: fra la villa e il suo prato; fra la peschiera, il prato, il MUSE e il brutto cadente stadio, nonché col fiume; e poi fra il prato e l’antico viale verso la città attraverso un sottopasso ahimè banale (ma meno male che c’è).
Questi spazi sono stati via via parzialmente riempiti grazie alle iniziative didattiche (lodevoli in sé) del MUSE (serre, orto, installazioni varie), ma si tratta di fazzoletti che riempiono più o meno casualmente lo spazio: è completamente mancante un progetto d’insieme, che solo un bravo architetto del paesaggio saprebbe fare.
Si tratta di un grande progetto di spazio pubblico: dovrebbe affrontare il ridisegno della peschiera e del prato intero (ripensando radicalmente il fronte verso lo stadio), dello spazio del sottopasso (da trasformare in galleria?), di quello delle antiche scuderie (da restaurare e ripensare), della fascia di accesso e attraversamento del cimitero (un bosco? Un mercato dei fiori? Un giardino dei semplici? Che altro? Chi dice non possa essere uno spazio gradevole e non troppo malinconico?), perfino di tutta la via Madruzzo fino ai Tre portoni, che è una mia vecchia ossessione fin da piccolo (uno spazio per il mercato settimanale? Un lungo passeggio coperto?).
Ne trarrebbe vantaggio il MUSE, diventato subito un polo impareggiabile d’attrazione e anzi una vera porta della città, in un rapporto finalmente più diretto con la città interna, e ne trarrebbe vantaggio qualsiasi altra attività espositiva o congressuale si possa svolgere nell’antica villa: al servizio del sistema museale trentino nel suo complesso e ad introduzione alla città tutta e alla sua storia.
È un’occasione eccezionale di rinnovo urbano, ma occorre avere il coraggio di un progetto complessivo e organico di tutti quegli spazi, ambizioso, nemmeno troppo costoso, che pensando al passato sappia immaginare un futuro.
Sarebbe un tema bellissimo per un workshop progettuale da offrire assieme ad architetti, artisti e paesaggisti: ci penso ogni volta che cammino lungo quel percorso, quasi a passare in rassegna un bel pezzo di vita. Chi ha qualche idea da spendere, la spenda. Le città, al giorno d’oggi, si possono rifare più dal basso che dall’alto: i tempi dei principi-vescovi sono ormai storia passata.
Domani è un altro giorno, come diceva Rossella O’Hara.