Il caso Daniza /1
Nel lontano 1968 un piccolo gruppo di amici (5 o 7), una dei quali ero io, anziché battagliare a Sociologia, decise, seguendo le orme di Gian Giacomo Gallarati Scotti, di battagliare per l’orso bruno. Venne così costituita la prima sezione regionale (dopo Roma) del WWF Italia, allo scopo di occuparsi della salvaguardia dell’orso bruno delle Alpi, specie a gravissimo rischio di estinzione e la cui salvezza non interessava granché le autorità. Con i nostri pochi mezzi (talvolta avemmo dei contributi pubblici, ma poca cosa) organizzammo conferenze sull’argomento, ricerche sul terreno, pagammo una guardia per 3/4 anni, organizzammo due convegni internazionali a cui parteciparono i massimi esperti europei, assegnammo i premi”Attila” (di cui abbiamo il copyright) e il premio “San Romedio per la protezione dell’orso delle Alpi”, con la collaborazione, fra gli altri, dello svizzero Hans Ulrich Roth (il primo in Eurasia a mettere il collare a un orso) e di Fausto Stefanelli, già facente funzione di direttore del Parco del Gran Paradiso. Insomma, un sacco di lavoro per tener desto l’interesse per questo grande mammifero di cui sopravvivevano in Trentino gli ultimi esemplari delle Alpi.
A un certo punto, ad orsi quasi scomparsi, fu costituito un gruppo di lavoro fra WWF, CAI di Milano e Museo delle Scienze Naturali di Trento, a cui parteciparono anche Fabio Osti e molti di quelli che avevano lavorato con noi, dopo di che il Parco Adamello-Brenta (presidente Egidio Valentini) propose il rinsanguamento. Ed arrivò il Progetto Life Ursus, progetto internazionale - non dimentichiamolo - che sta andando avanti per la sua strada. Tutta la nostra attività sugli orsi, tengo a sottolinearlo, anche se talvolta potevamo essere in contrasto con le autorità o i residenti, ebbe sempre un carattere civile.
Adesso saltano fuori, come da una scatola a sorpresa, questi fanatici membri di un partito animalista europeo mai sentito nominare, ed altre sigle più o meno anonime, comunque quasi tutte da fuori, che sembrano più che altro desiderosi di visibilità e di seminare zizzania, cosa in cui riescono benissimo, e che si comportano in modo così arrogante da ottenere un risultato assolutamente contrario all’obiettivo che urlano: salvare Daniza dalla prigionia.
Oltre a far infuriare i Rendeneri, con le loro violente pressioni sui politici li inducono a ostinarsi sulle loro posizioni. È questo che vogliono? Sono furiosa anch’io, come i Rendeneri, davanti all’imbecillità di gente che va avanti come panzer senza pensare alle conseguenze dei propri atti, che rischiano di buttare al vento cinquant’anni di lavoro in campo ambientalista.