2014: anno 30 d. M. (dopo Moser)
Pietro Gottardi, sull’Adige, commemora i trent’anni del record dell’ora di Francesco Moser con una sparata pirotecnica che lascia stupefatti. Il botto più grosso è all’inizio: “Il 1984 [fu] un anno zero, con Francesco Moser nel ruolo di Cristo..., a separare ciò che lo sport è stato prima di lui e ciò che è diventato dopo”.
Quella sua impresa, con tutta la preparazione che la precedette, fu “un autentico salto nel vuoto, una sorta di primo passo dell’uomo sulla Luna”. Insomma, “fu l’anno zero del ciclismo e dello sport”. O, tanto per ripeterlo in altro modo, quella “linea lunga 51 chilometri e 151 metri (la distanza percorsa da Moser in un’ora, n.d.r.) fece da confine fra due ere dello sport”.
Per chi ancora non avesse capito, “Francesco Moser fu senza tema di smentita un antesignano: fu lui il primo atleta di altissimo livello, conosciuto in Italia e nel mondo, ad aprire idealmente le porte dello sport alla scienza”. E quindi - replay! - “il 51,151 di Città del Messico fu spartiacque fra l’ante e il post Moser”.
Perché tante enfatiche ripetizioni, da che nasce tanto entusiasmo?
Prima di tutto, la novità tecnica delle cosiddette “ruote lenticolari”. Ma basta scorrere Wikipedia e si vedrà che nel 1933 un altro possibile Cristo, tale Francis Faure, polverizzò il record grazie a un bizzarra “bicicletta reclinata”. Quanto al record di Eddy Merckx, quello appunto battuto da Moser, fu anch’esso favorito da una novità meccanica, una bicicletta superleggera di appena 5 kg. E gli storici 51 km. e 151 metri di Moser furono a loro volta superati da tale Graeme Obree che si era inventato un bizzarro manubrio che rendeva la bici più aerodinamica.
Ma la scienza, con Moser, intervenne più massicciamente, con uno stuolo di specialisti: “il professor Conconi, il dottor Ferrari, il professor Arcelli, il dottor Aldo Sassi, l’Equipe Enervit, il professor Dal Monte”. Particolarmente interessante fu “l’intuizione del professor Conconi proposta a Moser di arricchire il sangue di globuli rossi per migliorare la performance aerobica”, che però “Moser ha dichiarato di non aver praticato”, che “ai tempi non era comunque considerata doping”, ma che purtroppo “prese poi una piega perniciosissima, modificando nel dna (e non certo migliorandoli) tutti gli sport di fatica, ‘avvelenati’ da epo, ematocriti marmellatosi e sacche di sangue”.
Anche a proposito dell’arricchimento del sangue, il nostro cronista fa paragoni in grande stile: questa pratica, oggi considerata diabolica, è un po’ “come la teoria della relatività di Einstein, utilizzata in seguito per realizzare la bomba atomica”: una grande trovata che qualche sciagurato pratica per fini illeciti.
Segue l’elencazione di altri ritrovati tecnici: “Si iniziò a parlare di soglia anaerobica, di test Conconi, di acido lattico, di controlli del lattato” e poi il cardiofrequenzimetro, ecc. ecc.
Di fronte a tanta splendida tecnologia, poco importa se nel 2000 l’Unione Ciclistica Internazionale decise di annullare il record di Moser ed altri successivi ottenuti con biciclette che sempre meno assomigliavano a biciclette. Di fronte all’impresa del 1984 ogni enfasi è lecita. E il buon Gottardi, ad un lettore che considera un po’ troppo ampollosa la sua commemorazione, lungi dal pentirsi ribadisce: “Rimane il fatto che il record di Moser è stato davvero un anno zero dello sport. Da quel giorno in poi (post Moser) lo sport non è stato più quello di prima (ante Moser)”.