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L’isola dei piccoli dèi

Un viaggio a Bali

Alberto Zandonati

Il viaggio per Bali, se fatto in aereo, spesso offre un ultimo scalo a nord dell’Equatore. È quindi negli aeroporti di Bangkok o di Kuala Lumpur, in attesa di reimbarcarti, che ti possono tornare alla memoria le lezioni di geografia e di storia dimenticate. Sarà la stanchezza del viaggio o il fuso orario che ancora non hai raggiunto, ma ti viene in mente Lattanzio e la sua terra piatta (“C’è qualcuno di buon senso che creda che ci siano uomini i cui piedi siano più in alto delle loro teste?”), oppure alcuni paurosi marinai che viaggiavano con Cristoforo Colombo e che pensavano di cadere dal bordo estremo della terra. Poi risali in aereo ancora per qualche ora, scivoli sotto l’Equatore, ma lo sbarco è regolare, i piedi ben saldi per terra, il sangue che scorre dalla parte giusta e i bagagli sul nastro trasportatore. Devi uscire nella notte e guardare il cielo per avere la conferma che sei in un posto diverso: le stelle si sono un po’ incasinate e non riesci a trovare nemmeno quelle due costellazioni che conosci e che negli anni passati sono sempre stata una buona scusa per passare le notti d’estate sdraiato sui prati.

Anche sopra le stelle è tutto diverso. Qui sei lontano dal monoteismo di un qualunque dio troppo invocato, ma puoi invece sceglierne uno di quelli minori. Un dio più vicino a te, che venga anche solo per un caffè o uno che ti possa aiutare nel mandare avanti il tuo negozio di spiedini di pollo e pannocchie bollite che porti in giro su tre ruote e due pedali.

In effetti hai solo l’imbarazzo della scelta, perché ti trovi in un posto in cui l’induismo si è mescolato all’animismo e il risultato sono le decine di divinità che normalmente richiedono offerte di frutta, fiori e incenso (ma anche cioccolatini e sigarette sono graditi) dentro piccoli vassoi di foglie di palma. Solo in alcuni periodi della vita hanno bisogno di cose più strane, come il fatto che i neonati non possano toccare terra per un anno (ma un anno balinese ha solo un paio di centinaia di giorni), oppure la limatura dei denti in adolescenza.

Per parlare con il tuo dio puoi fare come i bambini di Sanur, che affidano il loro messaggio agli aquiloni. Li vedi tutti i pomeriggi sulla spiaggia con la bassa marea, i pescatori con i cappelli di paglia in secondo piano e le montagne sullo sfondo. È da quelle montagne che ogni piccolo dio scende per mescolare la sua vita con la tua.

Uno che incontri spesso, se ti sposti sull’isola con un qualunque mezzo motorizzato, è quello che protegge gli autisti. È molto bravo, perché per fare la patente a Bali non serve l’esame di pratica ma basta un test psico-attitudinale. Di più, si guida sulla sinistra, sui motorini vengono caricate taniche di acqua, bombole di gas, gabbie di galline e, se c’è posto, moglie e figli.

Cani, scimmie e uomini

Il dio della strada per Jatiluwih invece è patrimonio dell’Unesco, perché possiede i panorami delle più famose risaie di Bali, costruite su terrazzamenti di terra e coltivate con i piedi nel fango da contadini attaccati ai buoi o a piccoli motocoltivatori. Su questa e sulle altre strade incontri anche tanti cani randagi, ma pure quelli sono “di famiglia”. Il dio che regola la loro riproduzione è il più distratto dell’olimpo balinese, e per questo gli danno una mano il governo e le associazioni di volontari.

Per le scimmie, invece, non c’è nulla da fare; sono delle mezze divinità e quindi si proteggono da sole. In particolare, quelle che vivono nella Monkey Forest Road a Ubud non si fanno problemi a raccogliere le preziose offerte degli inconsapevoli turisti: occhiali, cappellini, cartine geografiche... Altre, più tranquille, vivono e ingrassano divinamente, sempre foraggiate dai turisti che comprano banane e noccioline dai venditori ambulanti, in alcuni templi dell’isola. In questo caso hanno solo l’imbarazzo della scelta, dal momento che sembra che a Bali ci siano oltre ventimila templi. Infatti ogni casa dovrebbe averne uno, al quale bisogna poi aggiungere quello “ufficiale” di ogni singolo villaggio e tutti quelli dedicati alle varie divinità.

A differenza delle scimmie, però, non tutti gli animali umani possono entrare nei templi. C’è il divieto, quasi scontato nella banalità che accomuna molte religioni nella loro malcelata misoginia, per le donne durante il ciclo, per quelle incinte e per quelle che hanno partorito da poco. Più originali i divieti per i bambini che non hanno ancora perso il primo dentino o per chi, per un qualunque motivo, è adirato e non ha una sufficiente serenità d’animo.

Per recuperare questa condizione, fortunatamente esiste a Bali il piccolo dio dei massaggi. È una divinità sincretica e geniale che combina l’energica pressione utilizzata nello shiatsu, medicina tradizionale cinese, riflessologia e oli balinesi. Quando ha finito, poi, ti offre una tisana rilassante.

Chi non si rilassa è il dio delle orchestre gamelan e delle danze balinesi. È un dio che deve gestire strumenti musicali con scale di cinque note con intervalli uguali o scale di sette note con intervalli irregolari. Ma soprattutto è un dio che accende lo sguardo delle danzatrici, ne segue ogni movimento, dalla sinuosa inclinazione di collo e spalle, passando per dita affusolate e polsi sottili, tronco, bacino e ginocchia avvolti in vesti colorate, fino a caviglie e piedi che sostengono e orientano con grazia ed eleganza. È un dio che ti sorprende perché, dopo aver lavorato secoli per legare il singolo movimento ad un solo significato, non parla con corpi rigidi ma ti rapisce invece con un senso di espressività magica.

La calma e il sorriso

Il dio che ti può spaventare di più è quello dei vulcani, ma in realtà è dal 1963 che non ricopre di cenere tutta l’isola. In questi ultimi anni si limita ad accogliere i viaggiatori che, partendo in piena notte, risalgono nel buio sugli strati accumulati delle colate laviche per ammirare l’alba sul cratere. Otto volte su dieci però l’alba non c’è. C’è solo un chiarore che si diffonde nelle nebbie umide. C’è però anche la festa buffa di una colazione a base di uova sode e banane cotte nelle buche scavate nel terreno caldo e mangiate seduti su pietre tiepide, circondati dai vapori che escono dalle rocce, uno dei regali del dio vulcano. L’altro suo regalo, che ti piacerà ancora di più, è quello delle acque termali. Un altro piccolo dio che ti aspetta in fondo alla valle, in mezzo alla foresta tropicale, ha costruito delle vasche con teste di dragone che ti annaffiano di acqua calda per rilassarti alla fine di queste giornate.

Ed è alla fine di queste giornate che ripensi al dio della calma e del sorriso da cui sembrerebbero posseduti gli abitanti di Bali. Ed è alla fine di queste giornate che dimentichi di essere un occidentale più o meno razionale, o più o meno cattolico. Ti affidi allora al tuo taxista, che in realtà è un sacerdote induista, sperando che possa farti un esorcismo al contrario; un esorcismo che lavori sulla tua anima non per togliere una presenza scomoda, ma un esorcismo che aggiunga serenità, in modo che anche tu possa riportare a casa almeno il ricordo di una piccola isola e di ogni suo piccolo dio.

Angeli e Demoni

Bali, l’attentato del 2002: 190 morti.

Anche se la conclusione di questo racconto di viaggio a Bali può dare l’impressione idilliaca di un’isola costruita sulla serenità, non bisogna dimenticare alcuni aspetti nella storia (recente e meno) che possono aiutare a farsi un’idea più precisa della realtà balinese.

A solo titolo di esempio partiamo dalle lotte per la conquista dell’isola alla metà dell’Ottocento, che portarono intere popolazioni a praticare degli attacchi suicidi (puputan) contro gli invasori olandesi.

Ci furono poi gli episodi del 1965/66, durante la controrivoluzione che defenestrò Sukarno, quando la popolazione stessa massacrò i militanti comunisti e la minoranza cinese a milioni di persone; proprio a Bali l’eccidio fu così efferato, che gli stessi generali fascisti che gli avevano dato il via, poi confessarono: “Non riuscivamo più a fermarli”.

Più di recente gli attentati del 2002 e 2005, diretti più che altro contro i turisti occidentali, e al loro legame con le tensioni della situazione internazionale più che con superficiali richiami a scontri di civiltà. Insomma, la realtà è molto complessa, dietro quegli splendidi miti sorrisi ci sono tutte le pulsioni, anche quelle pessime, che peraltro si agitano dentro di noi.

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