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La strana coppia all'assalto del sindacato

Andrea Grosselli e Lorenzo Fedel

Una campagna martellante con un incredibile dispendio di mezzi e di denari. Alla propaganda referendaria della strana coppia Bonino-Pannella risponde il sindacato schierato compatto contro quei referendum che abolirebbero alcune fondamentali tutele dei lavoratori (dalla sanità pubblica alle regole sui licenziamenti, dal finanziamento ai patronati ai limiti per il lavoro precario).

Paolo Dal Rì, segretario provinciale della Cisl.

Di tutto questo ci parla Paolo Dal Rì, segretario della Cisl trentina, che espone la posizione dei sindacati confederali. "Questi referendum, oltre a sottrarre argomenti di grande complessità all’unica sede in cui se ne dovrebbe discutere, cioè al Parlamento, sono la punta dell’iceberg di una cultura pericolosa che vuole limitare i diritti dei lavoratori, che riuniti nei sindacati hanno lottato per ottenere tutele fondamentali. Solo grazie a queste si può parlare oggi di libertà per i lavoratori: se questi referendum passassero torneremmo indietro di decenni e i lavoratori si troverebbero in balia di un mercato privo di regole."

Secondo Dal Rì, l’esasperazione ideologica dei quesiti ha lo scopo di indebolire i sindacati e colpire la concertazione, lo strumento che ha consentito di conciliare riforme strutturali e le garanzie fondamentali dei lavoratori. "Un sindacato debole – dice Dal Rì – non serve neppure agli imprenditori, perché favorirebbe il diffondersi di un sindacalismo confuso "stile Cobas" di pura contrapposizione, incapace di ragionare in prospettiva e di trovare mediazioni. Perciò abbiamo chiesto agli imprenditori trentini di prendere posizione contro questi referendum: nessuno finora ci ha risposto, neppure nel settore della cooperazione".

E a proposito dei quesiti riguardanti i finanziamenti ai patronati?

"I patronati, che non sono solo organizzati dai sindacati, ma anche da altri soggetti tra cui gli imprenditori, svolgono un’attività fondamentale, offrendo gratuitamente una serie di servizi riguardanti la tutela che avrebbero costi molto maggiori se ci si dovesse rivolgere a consulenti privati. I patronati ricevono contributi pubblici proprio in virtù dei loro servizi, che lo Stato non garantisce direttamente."

Un altro referendum propone di abolire le trattenute sindacali, cioè l’automatico prelievo dallo stipendio della quota di iscrizione per i lavoratori associati ad uno dei sindacati: "Questo quesito esprime nel modo forse più evidente una posizione antisindacale: l’adesione a un sindacato è del tutto volontaria, e chi è iscritto può in ogni momento revocare la propria sottoscrizione. Difendere i lavoratori non è oggi una funzione priva di significato, anzi. I radicali invece credono che esso debba essere spazzato via..."

I referendum sulla liberalizzazione del mercato del lavoro sono quelli che il sindacato vede con maggiore preoccupazione, poiché estenderebbero in maniera sproporzionata le occupazioni precarie e, di fatto, prive di tutela. "Per i radicali – sostiene Dal Rì – in Italia imperano ancora lacci e lacciuoli. Non è così: oggi, semmai, il problema è quello di regolamentare un mercato del lavoro forse troppo flessibile e deregolamentato. Se la ricetta per aumentare l’occupazione è quella del precariato, ci troveremo nei guai. Siamo convinti invece che occorra investire nella formazione professionale, e soprattutto in politiche a sostegno dello sviluppo economico, unico strumento per creare occupazione stabile e qualificata."

Inoltre, per Dal Rì, la disciplina sui licenziamenti è una conquista di democrazia che i lavoratori debbono difendere: in caso contrario si esaspererebbero le libertà delle imprese a scapito dei diritti dei lavoratori.

"Riguardo al tentativo di privatizzare la sanità pubblica - conclude Dal Rì -, noi sindacati non possiamo che essere estremamente contrari: proporre in Italia il modello americano è operazione priva di senso, il modello privatistico in questo settore non regge. E’ necessario che la protezione sanitaria resti a carico della fiscalità generale, non è ammissibile che i più ricchi si limitino a finanziare egoisticamente le proprie assicurazioni private, lasciando ai meno abbienti una sanità pubblica ridotta ancora più all’osso, ad un servizio di serie B con poche risorse e scarsi servizi."