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QT n. 15, 11 settembre 1999 Scheda

Fisco, previdenza e sanità

Andrea Grosselli e Lorenzo Fedel

Partiamo dal quesito sulle pensioni per liquidarlo in quattro parole: i referendari vorrebbero in pratica anticipare l’entrata a regime della riforma Dini (ossia permettere di andare in pensione solo a chi ha raggiunto i 57 anni di età o 40 anni di contributi). Ma anche il parlamento, il governo e le forze sociali sono impegnate in un estenuante dibattito sulla previdenza sociale e per questo il referendum non cambierebbe un granché.

Più interessante è il quesito riguardante l’abolizione del sostituto d’imposta, ossia la detrazione delle tasse direttamente dalla busta paga dei lavoratori dipendenti. Il profumo di questo quesito è un po’ demagogico: infatti i promotori lo giustificano sostenendo che solo nel caso in cui il cittadino debba pagare le tasse dal proprio portafoglio si può rendere conto di quante tasse lo stato gli mangia tanto da chiedere servizi più adeguati. La verità, a detta di molti, è che si correrebbe il rischio di veder esteso a macchia d’olio il malcostume dell’evasione fiscale anche ai lavoratori dipendenti. Con buona pace dei servizi ai cittadini.

Sulla questione della sanità pubblica, Emma Bonino e Marco Pannella chiedono di lasciare ai cittadini la libertà di scegliere un’assicurazione privata in alternativa al Servizio Sanitario Nazionale, fermo restando l’obbligo di assicurazione.

L’opportunità per il cittadino di decidere se "assicurarsi" con lo Stato o con una assicurazione privata che copra i costi delle eventuali cure sostenute sarebbe, a detta dei proponenti, non solo una conquista di libertà, ma anche un modo per obbligare la sanità pubblica a puntare a standard di efficienza molto più elevati di quelli attuali. Il referendum potrebbe invece avere un altro esito qualora venisse approvato: spalancare le porte a un sistema sanitario all’americana. Il rischio è che, venuto meno l’obbligo di finanziare solidaristicamente la Sanità pubblica, questa, priva delle risorse necessarie, si ridimensioni anche qualitativamente a tal punto da servire solo come strumento di assistenza ai ceti più deboli e meno garantiti.

La posizione contraria a questo quesito è sostenuta anche da autorevoli liberali, (tra cui Mario Pirani commentatore de La Repubblica): sono loro i primi a sostenere come sia difficile che le assicurazioni private stipulino polizze per malati cronici, per malattie particolarmente gravi e dispendiose, proprio perché le spese sanitarie saranno anche in futuro sempre più onerose, e come sappiamo bene tutti, un’assicurazione privata deve produrre utili e non può fare certo opera di carità; il modello americano parla chiaro, i malati gravi rimangono senza copertura.

Simile a questo è il referendum che intende abolire il monopolio dell’Inail sulle assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro: anche se in questo settore aprire anche al mercato non porterebbe i danni invece prevedibili per la sanità. Si dovrebbe comunque individuare un soggetto che faccia controlli sulla sicurezza dei luoghi e delle condizioni di lavoro (oggi questo compito spetta anche all’Inail).