Quando i giornali hanno anche una funzione terapeutica.
Quando i giornali hanno anche una funzione terapeutica.
All’interno del convegno “Le parole ritrovate” era in programma, come già lo scorso anno, anche un incontro nazionale delle redazioni delle riviste degli utenti dei servizi di salute mentale.
In molti centri diurni dei servizi, comunità psico-sociali, o case-famiglia, viene stampato un giornalino. La loro tipologia varia dall’uno all’altro: varia la periodicità, da mensile a semestrale; varia il numero delle pagine,varia l’impaginazione e il tipo di stampa. Molti sono in bianco e nero, ma ve ne sono alcuni completamente a colori. Ciò dipende, naturalmente, dalle possibilità finanziarie di chi lo pubblica.
Qui a Trento, presso il Centro diurno di via Petrarca, viene pubblicato “Liberalamente”, una rivista mensile di 20 pagine, interamente scritta e composta dagli stessi utenti del Centro, con l’aiuto delle operatrici. Viene stampato in bianco e nero, con una piacevole veste grafica, ricca di fotografie ed illustrazioni. L’edizione di questi periodici si colloca come momento di un percorso riabilitativo. Già nella a scorsa edizione del convegno “Le parole ritrovate”, ottenni di inserire, all’interno dello stesso, uno spazio dedicato appunto all’incontro di queste redazioni. Era la prima volta. Furono invitate 20 testate con le quali noi di Trento eravamo già in contatto, scambiandoci le rispettive riviste. Se ne presentarono 13 provenienti da tutta Italia: un successo. In quel primo incontro fu avvertita la volontà e soprattutto la necessità di rimanere uniti e di incontrarci ancora per uno scambio di vedute, opinioni, suggerimenti, esperienze e quant’altro di utile per la crescita dei nostri giornali.
Il secondo incontro si svolse appena quattro mesi dopo, il 7 febbraio di quest’anno, a Livorno, dove fu deciso di dare vita ad un coordinamento, mentre il terzo incontro è stato fatto a Roma il 16 maggio, con una presenza di ben 30 redazioni.
Giovedì 4 ottobre, il quarto appuntamento con oltre cinquanta presenti in rappresentanza di una quarantina di redazioni, nove delle quali si presentavano per la prima volta. Gli intervenuti erano utenti, educatori professionali, psicologi, psichiatri e volontari dei servizi di salute mentale. Queste cifre stanno a dimostrare la necessità e la volontà di operare insieme.
Un tempo - ci siamo detti - la letteratura veniva condivisa nei salotti e nei caffè, dove scrittori, letterati e poeti si riunivano e condividevano la loro esperienza anche al di là ed anche prima della pubblicazione delle loro opere. Oggi questo è venuto a mancare ed il luogo dove si fanno delle riviste è l’unica possibilità di incontro. La rivista è fondamentalmente una cosa che si fa tra persone, mentre il libro è una cosa che si fa da soli. La rivista, quindi, dà una possibilità di dialogo e di confronto e per molte persone può essere un’occasione unica di incontro e di dialogo con altri. Tutto questo vale per qualsiasi rivista, ma nei Servizi di salute mentale, fare una rivista costituisce qualcosa di più: è un’attività stimolante, è il momento in cui l’utente, magari con l’aiuto degli operatori, inizia a fare qualcosa, ad uscire da quel guscio che io chiamo “la non voglia”, la voglia di fare niente, prodotta dal suo star male.
L’incontro con le riviste di altre realtà italiane è qualcosa che va ben oltre il dialogo, l’incontro ed il confronto. Il coordinamento delle riviste è un gruppo che si ramifica su tutto il territorio nazionale e le esperienze e le risorse che vengono messe in comunione sono molto più eterogenee di quelle dei singoli che vivono nella stessa città, ed è chiaro che sono anche più fruttifere.
Abbiamo parlato anche di un’altra cosa, a mio avviso molto importante: la costituzione a Roma di un archivio delle nostre riviste. L’archivio esiste solo da pochi mesi, ma alle sue spalle c’è un certosino lavoro portato avanti da molti anni dalla dott. Marta Zaccardi, una psichiatra di Roma. Qui troviamo addirittura i primi numeri di giornalini (come “Il picchio” di Trieste o “Caffè doppio” di Trento) che venivano prodotti dai pazienti degli allora ospedali psichiatrici. E’ un’ampia ed interessante raccolta che attraversa oltre un quarto di secolo, fino ad arrivare ai giorni nostri ed è visibile e consultabile da chiunque lo desideri.
L’incontro si è concluso alle 18.30, con tanta voglia di rivederci ancora e molto presto. Questa volta in una città del sud, forse a Martina Franca, in provincia di Taranto.