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QT n. 1, gennaio 2011 Trentagiorni

È scomparso un socialdemocratico

Sembra strano, ma se n’è andato, a 86 anni portati in modo giovanile, Egmont Jenny. Medico, politico (in un senso nobile), giornalista e direttore del giornale, Südtiroler Nachrichten, che uscì dal 1986 al 2007 e che scriveva quasi tutto da solo. Amico di Bruno Kreisky e di Claus Gatterer, aveva forti relazioni con i socialdemocratici austriaci, e venne espulso dalla Svp di cui era un eletto in Consiglio provinciale, in seguito all’iniziativa di creare all’interno della Svp una corrente socialdemocratica, svelando così che il partito che si chiamava “di raccolta”, in realtà era antiliberale e conservatore. Era il 1966. Fondò allora il SFP, Soziale Fortschrittspartei Südtirols, di orientamento socialista e liberale, e continuò con alterni successi l’attività politica, sempre con grande entusiasmo.

Lo conobbi di persona quando giravo il documentario “Una città per un monumento” (1980-81). Mi raccontò la sua esperienza, il rifiuto di assumerlo nell’ospedale di Bolzano negli anni Cinquanta nonostante la sua esperienza nella clinica universitaria di Vienna, attribuendolo al fatto che poco era cambiato nell’amministrazione con il nuovo stato democratico italiano, anche perché “dopo la guerra, molti funzionari semplicemente si cambiarono la camicia e francamente molti democristiani erano ex-fascisti”. Prima ancora che il film andasse in onda, intervenne sul direttore della Rai l’allora commissario del governo, Urzì, e su di me, giovane regista, vennero fatte forti pressioni per togliere quella parte di intervista. Non cedetti e ci volle uno sciopero indetto dai sindacati aziendali e un intervento della commissione di vigilanza perché il documentario venisse trasmesso. Poi continuammo a vederci con alcune altre persone sia italiane che di lingua tedesca, per parlare insieme informalmente dei cambiamenti nella politica sudtirolese. In particolare si impegnò nei dibattiti sul censimento del 1981, il primo in cui veniva introdotta la dichiarazione etnica individuale. Avendo molto sofferto durante le opzioni del 1939, - il padre e lui avevano optato per la Germania, mentre la madre, di origine milanese ma educata in Svizzera e perfettamente bilingue, era rimasta a Lana e diventata anche insegnante clandestina della lingua tedesca - la sua posizione non fu facile. Fu sempre ostile al progetto di società interetnica di Alexander Langer, che si andava sostituendo all’alternativa classica (popolari versus socialisti) che egli aveva cercato di fondare. Nella società sudtirolese mancavano tuttavia i ceti operai, cancellati dall’emigrazione del primo dopoguerra e dalle opzioni, e l’ipotesi di un’alternativa al potere della Svp poteva solo manifestarsi sotto la forma di progetto interetnico. Dal suo bel libro “Bekenntnis zum Fortschritt” apparso nel 2007, emerge una persona piena di vita, che ha avuto una bella vita. E che al Sudtirolo ha dato molto, molto “arato e seminato”, come si espresse Claus Gatterer in una lettera del 1975.

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