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Una catena da spezzare

Rodolfo Carpigo
Hina Saleem, la ventunenne pakistana uccisa dai parenti

Vorrei portare un elemento di riflessione personale sull’ultima straziante tragedia, consumata in una famiglia di origini pakistane a Novi, in provincia di Modena. Contrariamente all’altra dolorosa vicenda, che ha visto coinvolta la povera Hina uccisa dal padre per il suo desiderio di vivere all’occidentale, la novità di quest’ultima vicenda, è lo straordinario coraggio mostrato dalla madre di Nosheen Butt che, per difendere le istanze della figlia, ha perso la vita spezzando quella catena di omertosa complicità familiare che ci è arrivata invece, dalle cronache della vicenda di Hina. Questo alto e doloroso gesto di una donna immigrata che perde la vita per difendere il rifiuto della figlia di accettare insopportabili imposizioni patriarcali, deve farci riflettere sulla fatica di queste famiglie e di migliaia dei loro ragazzi, magari nati e cresciuti nel nostro Paese, costretti a sopportare il peso di convivere con una doppia identità da indossare dentro e fuori delle loro famiglie. Ragazzi che a volte escono di casa vestiti in un modo, per cambiarsi prima di entrare a scuola e poi ripresentarsi in casa con i vestiti imposti dal patriarca. Ragazze costrette a tenere nascoste innocenti relazioni amorose sgradite ai genitori che potrebbero scatenare persino la loro furia omicida.

Quando accadono queste tragedie, abbiamo l’obbligo di fermarci e tentare di comprendere i cambiamenti e i messaggi di questo mondo globale che ci è venuto addosso in così poco tempo e che ci presenta nuovi elementi di confronto. Siamo quindi costretti, perché i contatti quotidiani ce lo impongono, a cercare di capire questi eventi tragici, per poi impegnarci nel confronto sia con gesti concreti che con le parole. Come non intendere allora queste madri coraggiose come le avanguardie di un lento ripensamento del convivere? Forse fatti tragici come questo accadranno ancora, ma come non considerare il sacrificio di questa donna, sia per le comunità immigrate che per noi, un gesto di alto valore simbolico, un inizio, un germe che logora lentamente dal di dentro la resistenza del privilegio?

Un doveroso omaggio, dunque, alla mamma di Nosheen Butt e a tutte le donne che prendendo coscienza, spezzano la catena e denunciano coraggiosamente fino alla morte le ingiustizie e le violenze del maschio-patriarca, dopo averle subite anche personalmente.

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