Confindustria, orgoglio e visione
Quando al telefono Emma Marcegaglia inizia a parlare si ha il momento culminante: con parole nette, appassionate, la presidente ribadisce un concetto fondamentale: “Noi restiamo autonomi, io non mi faccio intimidire”. Tra la presidente nazionale, impossibilitata a venire a Rovereto perché a Roma doveva difendersi dal fango berlusconiano, e la presidente trentina Ilaria Vescovi, non minacciata da alcuno, eppure autrice di una relazione altrettanto indipendente ed orgogliosa, scatta la sintonia profonda, subito percepita da una sala partecipe nel profondo. Due donne, e due vere leader. Che riescono a dare sostanza e contenuti allo smisurato orgoglio di categoria, sempre sbandierato, talora con superficiale demagogia, sempre con eccessi retorici: noi siamo gli imprenditori, quelli che rischiano, lavorano, mandano avanti il paese.
All’Assemblea generale della Confindustria trentina tenutasi nella roveretana ex Manifattura tabacchi, oggi reinventata come luogo dell’innovazione tecnologica, Ilaria Vescovi, presidente in prossima scadenza, ha fissato alcuni principi attorno ai quali dovrebbe ruotare tutto il Trentino e in particolare il mondo delle imprese: innovazione, internazionalizzazione, efficienza, meritocrazia, politica non invasiva. Niente di nuovo, si dirà. Certo: il punto è quanto possano essere credibili Vescovi e Confindustria nel rivendicare tali obiettivi. Sui primi tre punti (innovazione e internazionalizzazione, ma anche efficienza) l’industria trentina, a fianco di diverse eccellenze, tra cui l’azienda della stessa Vescovi, però sconta il proprio “nanismo”, per dirla con un termine utilizzato dalla controparte sindacale; Confindustria sarà pienamente credibile quando sosterrà con convinzione interventi pubblici più selettivi in questo campo (ad esempio, non si va lontano finché si indulge nella prassi degli appalti pubblici “spezzatino” per eludere gare europee in cui le imprese locali non sono competitive perché troppo piccole). Sconcertati ha lasciato poi la centralità data al tema della meritocrazia, che si vorrebbe propagare dall’industria al resto della società. Solo che, ahimè, l’industria familiare come quella trentina (ma anche la grande industria nazionale, vedi un Lapo Elkan alla guida della comunicazione Fiat) è tutto tranne che meritocratica: insomma, da che pulpito viene la predica.
Con queste riserve, la visione del mondo e dell’economia presentata da Vescovi è apparsa compiuta e sostenuta con coerente vigore. Fino a esprimere giudizi molto netti su Dellai e sulla politica (con le contrarietà a metroland e alle Comunità di Valle, o le irrisioni alla cultura in stile Andreas Hofer), rispetto a cui evidentemente non c’è timore reverenziale. Il che non può essere che positivo, tenendo conto che tra i consociati di Vescovi c’è tutto il mondo delle costruzioni, da sempre pesantemente ammanicato.
Da discutere infine la sensibilità verso l’ambiente (e si sapeva), ma anche, al di là di alcune locuzioni di rito, verso il mondo del lavoro, cui si chiedono “sacrifici oggi, come investimento per il futuro”; una formula che, dopo trent’anni di travaso di reddito dal basso verso l’alto, sembra una presa in giro.
In definitiva a noi questa pare, nella società molto prima che nella politica, la destra vera e auspicabile. Con una visione chiara, spesso propositiva. Con cui il resto della società può discutere anche aspramente, ma positivamente. Tutta un’altra cosa dall’attuale destra - politica e sociale - degli evasori, dei mazzettari, dei razzisti.