Denaro, sterco del demonio?
Gli affari e gli interessi di ISA, il braccio finanziario della Curia trentina. Dallo stretto legame con le principali banche armate, agli investimenti immobiliari speculativi in riva all’Adige. Fino ai grandi business del futuro, inutili per la collettività e dannosi per l’ambiente: inceneritore e Tunnel del Brennero.
Si legge nei Vangeli di Luca e Matteo: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e mammona”. Mammona è un termine aramaico che significa ricchezza. In poche parole, Cristo invita i suoi discepoli a scegliere tra il servizio da prestare a Dio e quello al profitto e alla ricchezza. Senza alcun possibile compromesso. Eppure la Chiesa non si è mai tirata indietro quando si è trattato di gestire patrimoni e quattrini. Caduta la pregiudiziale del prestito a interesse (attività proibita ai cristiani per secoli), non vi è stato più ostacolo al matrimonio tra Chiesa e mammona. Basti ricordare in tempi recenti gli scandali legati alle attività oscure (se non addirittura delinquenziali) della banca vaticana, lo Ior.
Anche in Trentino Dio e mammona vanno d’accordo. Succede grazie all’ISA (Istituto di Sviluppo Atesino SpA), meglio conosciuta come la finanziaria della Curia, ovvero la società che ha il compito di gestire il ricco patrimonio vescovile. Con il benestare di mons. Luigi Bressan, che, nel declinare una nostra richiesta d’intervista, ci ha fatto sapere di nutrire completa fiducia nei dirigenti che amministrano la sua finanziaria. Padrona di un giro di affari voluminoso e vorticoso.
Quello che si scopre entrando nelle scatole cinesi delle partecipazioni di ISA lascia spesso interdetti. Vediamo perché.
Banche armate e amici equivoci
Dire ISA significa dire Banca di Trento e Bolzano (Btb), ovvero Gruppo Intesa San Paolo, uno dei principali gruppi bancari italiani. ISA è posseduta per il 3% da Btb e nel contempo ne possiede il 10,43%. In più, ben cinque consiglieri di ISA sono anche consiglieri o dirigenti della banca (l’amministratore delegato Giorgio Franceschi, Cesare Chierzi, Michael Atzwanger, Claudio Puerari e Franco Bolner), mentre l’attuale vice-presidente di Btb, Renato Gislimberti, è l’ex vice-presidente di ISA.
La Btb, come detto, fa parte della galassia delle banche cattoliche che prende il nome di Gruppo Intesa San Paolo, che per anni è stata presieduta dal bresciano Giovanni Bazoli (che ha cari amici sia nel Pd che nel Pdl, tanto per non sbagliarsi), e che ne è ancora l’eminenza grigia. Bazoli è il simbolo di quella finanza bianca che ha radici profonde nel nord e che apparentemente cerca di darsi un tono “popolare” rispetto agli altri caimani bancari che ricercano il profitto ad ogni costo.
Apparentemente, si diceva. In realtà anche la banca di Bazoli ha la coscienza sporca. Nel 2008, infatti, ha movimentato 265 milioni di euro all’interno dell’export delle armi (secondo i dati forniti dalla Presidenza del Consiglio e elaborati da Nigrizia). In pratica, il 7,2% dell’intero traffico d’armi tra l’Italia e il resto del mondo è passato per i conti e le mani del Gruppo Intesa. Eppure a fine 2007 i vertici della Banca, strigliati da molte associazioni pacifiste cattoliche, avevano promesso che non avrebbero più intrattenuto affari con l’industria bellica. E infatti il Gruppo Intesa l’anno dopo è stato il secondo gruppo bancario italiano legato al mercato d’armi...
Ma nel circolo delle banche armate ci sono pure il Gruppo Unicredit (azionista di ISA) e Ubi Banca, che è partecipata da ISA e ha nel proprio consiglio di amministrazione sia Bazoli che Battista Alberani, imprenditore bresciano legato ad ISA per i comuni investimenti immobiliari in Lombardia (Brescia e Sesto San Giovanni). In parole povere, la finanziaria della Curia trentina è in stretti affari (e realizza sostanziosi profitti) con banche che foraggiano e finanziano l’export di armi.
Nella galassia Intesa di cui ISA fa parte è possibile, inoltre, incontrare dei personaggi quantomeno equivoci. Uno di questi è lo speculatore franco-polacco Romain Zaleski. Questo signore, maggior azionista della bresciana Carlo Tassara Spa, ha raccolto tra il 2006 e il 2007 ingenti finanziamenti da banche compiacenti (soprattutto Intesa dell’amico Bazoli) che ha utilizzato per le sue spericolate speculazioni di Borsa. Il giochino gli è riuscito bene, tanto che ha collezionato milioni di euro di profitti. Nel 2008 però il sistema si è inceppato e il crollo della Borsa ha rischiato di trascinare Zaleski nel fango. La sua società ha accumulato miliardi di debiti, che sono stati prontamente coperti dalle solite banche amiche (con Bazoli in prima linea). I soldi sborsati dalle banche sono stati poi in parte recuperati grazie ai fondi anticrisi del governo, messi a disposizione per favorire il credito a cittadini e imprese.
Riassumendo: uno speculatore gioca con i soldi delle banche amiche, poi rischia di perdere tutto, ma viene salvato dalle stesse banche, grazie anche ai soldi dello Stato che dovrebbero servire ad aiutare i cittadini e le imprese. Quegli stessi cittadini e imprese strozzati dai mutui delle banche. Un circolo chiuso, tanto perfetto quanto perverso.
Ma che c’entra, ci si potrebbe chiedere, uno come Zaleski con l’ISA? C’entra, perché entrambi condividono lo stesso tavolo d’affari in diverse società: Mittel Spa (giocattolo del solito Bazoli, partecipata da ISA al 10%), Calisio Spa (presieduta dal già visto Battista Alberani e partecipata da ISA al 9,5%) e naturalmente il Gruppo Intesa. Amici di amici, insomma. Ma gli amici bisogna saperseli scegliere. E i vertici ISA non vanno tanto per il sottile.
Nel 2008 la Progressio Sgr Spa (posseduta al 20% da ISA e al 40% dalla Mittel di Bazoli) ha venduto milioni di euro di azioni del gruppo Moncler (quello che realizza i famosi piumini) al Carlyle Group, consentendo a ISA di guadagnare un bel gruzzolo. Il Carlyle Group è una finanziaria americana che realizza i suoi principali profitti con il business mondiale delle armi da guerra (ci risiamo!), che si avvale della consulenza di George Bush senior e che ha amministrato il patrimonio della famiglia Bin Laden (ad eccezione della pecora nera Osama). Attualmente, comunque, Carlyle, Mittel e la partecipata ISA Progressio sono ancora soci all’interno di Moncler, perché quando si tratta di affari l’etica è meglio tenerla da parte.
Costruire è bello: case e resort di lusso
E a proposito di affari, in riva all’Adige ce ne sono stati parecchi in questi anni, soprattutto nel ramo edilizio. Ci riferiamo, in particolare, all’area ex Michelin e a quella ex Italcementi nel comune di Trento. Due destini simili che hanno visto ISA protagonista.
Iniziamo con l’affare ex Italcementi. L’area, poco meno di cinque ettari, si trova nel quartiere di Piedicastello e quando l’industria Pesenti ne dismette l’attività estrattiva, diventa un’eredità scomoda per i cittadini, ma appetibile per gli investitori. Proprio per questo, tra il 2004 e il 2005, ISA, tramite il suo presidente di allora Diego Schelfi, acquista il terreno per 20 milioni di euro, senza tuttavia iniziare i lavori di bonifica. Alla fine del 2005, però, si fa vivo un altro soggetto interessato all’acquisto dell’area: la Federazione Trentina delle Cooperative, che progetta di trasferirvi il suo centro direzionale di via Segantini.
Ma a questo punto nella storia emergono due coincidenze quantomeno strane. In primo luogo, il presidente delle Coop trentine che intende comprare l’area è, guarda caso, Diego Schelfi, lo stesso che, da presidente ISA, aveva già acquistato il terreno. Una sorta di passaggio di denaro da Schelfi a Schelfi. In secondo luogo, il progetto di trasferire il centro direzionale di via Segantini non va in porto perché mentre le Coop comprano l’ex Italcementi, le stesse ristrutturano il centro di via Segantini, rendendo inutile e dispendioso qualsiasi trasloco. Che infatti non avviene. L’area così rimane inutilizzata (se non da tossicodipendenti e senza tetto). E ISA incassa dalla vendita plusvalenze per più di un milione di euro.
A questo punto, però, arriva il lieto fine. Si fa avanti, infatti, mamma Provincia, che proprio all’ex Italcementi vorrebbe trasferire il nuovo polo scolastico artistico-musicale (inventato per l’occasione: perché, se di una sede per il Liceo Artistico c’è in effetti bisogno, il nuovo conservatorio invece si sta realizzando con la ristrutturazione delle Scuole Crispi, con sale musica, auditorium, ecc). Risultato: l’ente pubblico, per soddisfare queste esigenze fasulle offre per l’ex Italcementi alla Federazione delle Coop denaro e la permuta di due palazzi, per un valore di circa 25 milioni di euro. Un bell’affare, senza dubbio. Ma per chi?
La storia sembra ripetersi con l’area posta quasi di fronte all’ex Italcementi, ovvero l’area ex Michelin. I lettori di QT hanno già avuto modo di conoscere in modo approfondito la questione (v. QT 5/2004 e QT 4/2008). Riassumiamola velocemente: nel 1998 la Michelin offre il terreno dove sorge la fabbrica a prezzo di favore (49 miliardi di lire, circa 25 milioni di euro) al Comune di Trento guidato da Dellai, che rifiuta. Contemporaneamente si crea un pool di privati (Iniziative Urbane SpA), appoggiato da Dellai, che s’interessa all’area e la compra al prezzo di favore. Ma su quell’area lo stesso Dellai, nel ruolo stavolta di Presidente della Provincia, investe comunque denaro pubblico per il Centro della Scienza, per l’interramento di via Sanseverino e per i sottopassi ferroviari, per un totale di 25 milioni di euro. Ma l’area (di Iniziative Urbane) vale molto di più e ora è a bilancio per circa 110 milioni di euro. In poche parole: l’ente pubblico ha rifiutato di spendere 25 milioni di euro per acquistare tutto il terreno, ma poi li ha spesi ugualmente per opere interne all’area; il privato, invece, ha comprato l’area a 25 milioni e ora se la vede rivalutata di quasi 5 volte. Altro grande affare.
Ma che c’entra ISA in tutto questo? C’entra. ISA, infatti, è l’azionista di maggioranza di Iniziative Urbane (che ora ha ceduto l’area al fondo Clesio, gestito dalla Castello Sgr, casualmente un’altra partecipata ISA).
E la finanziaria vescovile non si accontenta di speculare sulle aree immobiliari di Trento grazie alla miopia (o alla compiacenza?) dell’ente pubblico. Si è buttata a capofitto anche nel business del turismo. Di lusso.
Infatti, la citata Castello Sgr (partecipata al 35% da ISA e al 20% dalla solita Mittel), costituendo il fondo Cosimo I, ha messo le mani su tre resort, ovvero strutture polivalenti che offrono ai turisti qualsiasi servizio. Il primo è il “Fonteverde Natural Spa Resort”, un cinque stelle in provincia di Siena presieduto da Leandro Gualtieri, ricco imprenditore del tessile, divenuto famoso per aver trasformato il cinquecentesco Palazzo Serristori a Firenze in un albergo per ricconi. Il secondo è il “Grotta Giusti Natural Spa Resort” in provincia di Pistoia, sempre gestito da Gualtieri. L’ultimo arrivato in casa ISA, invece, è il “Chia Laguna Resort” in provincia di Cagliari, dotato di 2 hotel, 400 cottage, 6 ristoranti e 55 ettari per il campo da golf.
Alla faccia della sobrietà.
Grandi Opere, ma non di bene...
Se armi e speculazione edilizia vengono da un passato consolidato e portano soldi al presente, la nuova frontiera di ISA, che porterà tanti soldi in futuro, si chiama Grandi Opere. Ovvero, quelle infrastrutture che in genere si caratterizzano per avvantaggiare solo chi le costruisce, essendo inutili ai bisogni della collettività e dannose, spesso, per ambiente e salute. Nel territorio su cui l’ISA opera, i politici sponsorizzano la progettazione di due di esse in particolare: l’inceneritore di Trento e, soprattutto, il Tunnel del Brennero (sulla dannosità dell’inceneritore, v. QT 6/2009, su quella del Tunnel del Brennero, v. QT 16 e 17/2007). ISA, in via più o meno indiretta, nutre interesse per entrambe. Vediamo perché.
L’inceneritore di Trento
Che la Curia trentina avalli la costruzione dell’inceneritore, da qualche settimana non è più un mistero. Il 5 settembre scorso, infatti, dopo anni di silenzi imbarazzati, la Curia ha deciso di pronunciarsi in merito, per il tramite del suo delegato all’ambiente, don Rodolfo Pizzolli: “Bisogna essere realisti - ha detto Pizzolli ai giornali - Il primo valore per la nostra Chiesa è la sobrietà nei consumi, ma ogni giorno si ammucchiano nelle discariche tonnellate di rifiuti. Se non verranno smaltite rimarranno in eredità alle generazioni future”. Ergo, per la Curia l’inceneritore è necessario.
Senza sindacare sulla legittimità della posizione, il punto è capire: da dove nasce? Quella della Curia a proposito dell’inceneritore non è una posizione neutrale. C’è un conflitto di interessi piuttosto evidente. Quel conflitto si chiamava Trentino Servizi fino allo scorso anno, e oggi prende il nome di Dolomiti Energia, la sesta multiutlity italiana dopo la fusione, nella primavera 2009, tra la “vecchia” Dolomiti Energia (gestione di gran parte delle centrali idroelettriche trentine) e appunto Trentino Servizi (posizione maggioritaria nella distribuzione trentina di elettricità e gas e nella gestione della raccolta dei rifiuti).
Lasciamo per un attimo da parte ISA e chiediamoci: cosa c’entra Trentino Servizi, oggi Dolomiti Energia, con l’inceneritore? Per capirlo, basta tornare con la memoria indietro di qualche anno, al settembre 2001, a un episodio dimenticato dai più. Quando Asm Brescia, che già gestiva l’inceneritore più grande d’Europa, quello di Brescia appunto, entrò come partner forte nella compagine sociale di Trentino Servizi, lo fece chiedendo una garanzia semplice semplice agli allora soci di maggioranza di Trentino Servizi, il Comune di Trento e quello di Rovereto: la partecipazione di Trentino Servizi alla futura e già prevista realizzazione dell’inceneritore. L’impegno fu messo nero su bianco nel patto parasociale (si chiamano così gli accordi tra i soci di una società) firmato dall’allora sindaco di Trento Alberto Pacher, da quello di Rovereto Roberto Maffei e dal presidente dell’Asm Renzo Capra. Nel frattempo, Asm Brescia ha perso il pelo ma non il vizio, cambiando nome in A2A (dopo la fusione con le società di servizi milanesi Aem e Amsa), ma continuando a gestire, ampliandolo, l’inceneritore bresciano, e soprattutto continuando a partecipare, col patto del settembre 2001 ben stretto in pugno, in Trentino Servizi, ed oggi in Dolomiti Energia, dove risulta il secondo socio privato con una quota rilevante del 7,9%.
E qui torniamo ad ISA. A fare compagnia ad A2A fra i soci privati di Dolomiti Energia, infatti, siede anche la finanziaria della Curia. Lo fa con una quota del 4,4%, che, fra le oltre 40 partecipazioni detenute da ISA, è la più sostanziosa in assoluto: circa 18 milioni di euro, soldo più, soldo meno. E non c’è soltanto questo elemento a dirci quanto ISA sia legata alla partecipazione in Dolomiti Energia. Ce lo ribadiscono, infatti, anche altre due circostanze.
La prima è la presenza nel consiglio di amministrazione di Dolomiti Energia dell’amministratore delegato di ISA, quel Giorgio Franceschi che troviamo sempre piazzato in consigli di amministrazione di società la cui partecipazione è evidentemente ritenuta strategica da ISA.
Il secondo elemento è la partecipazione di ISA ne La Finanziaria Trentina SpA, una holding di partecipazione che racchiude tutto il gotha dell’imprenditoria trentina, tra cui ISA medesima, che vi partecipa con un 2,5%. La Finanziaria Trentina opera, come leggiamo sul sito web dell’ISA, per “promuovere e partecipare ad iniziative strategiche di rilievo per gli interessi economico-sociali del territorio lungo l’asse del Brennero con particolare attenzione alla provincia di Trento”. E a far parte di queste iniziative strategiche ci sono evidentemente anche quelle intraprese proprio da Dolomiti Energia, dove La Finanziaria Trentina partecipa in qualità di primo socio privato, insieme ad ISA e A2A, con una quota del 13% in capo alla controllata FT Energia.
A questo quadro, aggiungiamo altri due particolari. Primo: il fatto che uno dei consiglieri di amministrazione di ISA si chiama Michael Paul Atzwanger, titolare dell’omonima società sudtirolese posta a capo dell’Associazione temporanea di imprese (Ati) che si è aggiudicata i lavori per la costruzione del nuovo inceneritore a Bolzano Sud (da ultimare nel 2012). Secondo: il fatto che uno dei soci della citata Mittel di Bazoli (di cui ISA, come detto, possiede il 10%) è la Carlo Tassara di Romain Zaleski, che a sua volta possiede il 2,9% di A2A. Capiamo bene, a questo punto, che ad ISA i collegamenti con chi ha capito che con gli inceneritori si possono fare soldi, tanti soldi, non mancano di certo. E a questo punto le parole di don Pizzolli ci suonano in modo diverso, molto diverso.
Il Tunnel del Brennero
Ma l’inceneritore può assumere le sembianze di un giocattolino da cortile se lo si paragona a quello che è destinato a diventare il vero business del secolo per gli appetiti dei costruttori nordestini: il Tunnel che bucherà il Brennero da Fortezza a Innsbruck, e le sue tratte d’accesso, che foreranno i territori di Veneto, Trentino e Sudtirolo. Chi bucherà le montagne per far passare il Treno ad Alta Velocità/Capacità farà un mare di soldi. E la cosa, soprattutto in questi tempi di crisi, alletta parecchio.
Tra gli allettati figura senz’altro la Compagnia Investimenti e Sviluppo SpA di Verona (in sigla CIS), che per il nostro discorso interessa particolarmente. Si tratta di “una holding finanziaria [...] espressione dell’imprenditoria e del sistema finanziario distribuiti nelle province di Trento, Bolzano, Brescia, Vicenza e Verona [...]. Scopo del CIS è quello di far incontrare i capitali privati e bancari con nuove opportunità di business per generare profitti (che sia ben chiaro!, ndr) e creare indotto sul territorio”.
Questa presentazione del CIS l’abbiamo trovata sul sito web dell’ISA. Infatti, tra i 150 soci del CIS c’è anche - poteva mancare? - la finanziaria della Curia trentina. E si tratta di una partecipazione strategica, come indicano il valore della quota azionaria, fra i più elevati tra le partecipazioni di ISA, quasi 4 milioni di euro (il 5,21% del CIS), e la presenza nel CdA del CIS dell’immancabile amministratore delegato di ISA Giorgio Franceschi (sono due i consiglieri di ISA presenti nel CdA del CIS: oltre a Franceschi, anche Bruno Tosoni). S’aggiunga che il CIS è il secondo azionista ISA (esclusi gli enti religiosi), e la forza del legame tra le due società appare chiarissima.
Ebbene, cosa c’entra il CIS col Tunnel del Brennero? La relazione è stretta, e va cercata nel pacchetto delle partecipazioni del CIS, folto quasi quanto quello di ISA. Tra le società partecipate dal CIS ne figura una registrata alla Camera di Commercio di Bolzano. Si chiama Euregio Finance ed è una finanziaria fondata nel 2003, dalle spalle così larghe che meno di 3 anni dopo, nel 2006, già riceveva dalla Brennerbasistunnel (la società che, su incarico di Austria, Italia e Unione Europea, si occupa della progettazione e della costruzione del Tunnel del Brennero) l’incarico ufficiale di advisor per il modello di finanziamento del Tunnel. E il CIS, in qualità di secondo azionista di Euregio Finance, a questo incarico deve tenerci parecchio.
A sua volta, poi, Euregio Finance partecipa in un’altra società direttamente interessata all’affare-Tunnel. Si tratta della Rosengarten Spa, che è nata apposta per ricoprire il ruolo di general contractor, ovvero di gestore dell’intero ciclo di progettazione, realizzazione e conduzione dell’opera. Rosengarten è stata fondata a Bolzano nel 2005 per iniziativa della stessa Euregio Finance, del CIS medesimo e della già nominata Finanziaria Trentina, che poi hanno venduto le loro quote azionarie lasciando il controllo nelle mani della sola Euregio Finance. Il collegamento tra chi potrebbe costruire il Tunnel e ISA, quindi, si ottiene in soli 4 passaggi: Rosengarten-Euregio-CIS-ISA.
Anche in questo caso aggiungiamo un altro elemento al quadro, andando nuovamente a sfogliare il pacchetto di partecipazioni dell’ISA. Tra quelle che la finanziaria della Curia definisce sul suo sito come “altre” partecipazioni, senza collocarle all’interno di un settore specifico, figura anche Interbrennero Spa, società controllata dalle Province di Trento e Bolzano, dove ISA partecipa con un 3,46%. Così ISA presenta Interbrennero sul suo sito: “È la società per azioni che gestisce la piattaforma interportuale di Trento [...], una struttura atta a servire le esigenze degli operatori nel settore dello stoccaggio e della movimentazione delle merci, un nodo logistico di primaria importanza per l’accesso ai mercati dell’Europa centro-settentrionale, che si inserisce nella rete europea denominata corridoio Berlino-Palermo”. Corridoio di cui proprio il Tunnel del Brennero dovrà diventare il cuore. Ecco perché, a questo punto, non ci stupiremmo se, fra qualche tempo, il buon don Pizzolli prendesse nuovamente posizione per conto della Curia allo scopo di farci sapere che per la Chiesa trentina bucare il Brennero è inevitabile.
Chi, allora, servirà Dio? E chi mammona?
ISA: carta d’identità
L’Istituto Atesino di Sviluppo S.p.A. ha un capitale sociale di 79,5 milioni di euro, detenuto da 3.902 soci. Il grosso (42,5%) è in mano agli enti religiosi (19% Arcidiocesi di Trento, 8,2% Associazione Trentina Assistenza Clero, 7,2% Capitolo della Cattedrale di Trento, 3% Seminario Minore Arcivescovile, 2% Opera per l’Educazione Cristiana, 1,8% Seminario Maggiore Arcivescovile, 1,2% Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero). Sono solo 9 gli altri azionisti che detengono una quota superiore all’1% del capitale sociale (v. grafico): tra essi, anche le partecipate CIS, BTB e Cattolica Assicurazioni.
Tra le persone fisiche, spicca la dotazione del consigliere provinciale del PD Giovanni Kessler, titolare di quasi mezzo milione di azioni, che - sommate alle quote di pari entità delle sorelle Elisabetta e Chiara - portano i tre a possedere quasi il 2% di ISA. Fra i maggiori azionisti persone fisiche, titolari di più di 100.000 euro di azioni, figurano anche il confindustriale Fulvio Rigotti, l’amministratore di Itas Holding e consigliere di Finanziaria Trentina Edo Benedetti e il Presidente della Federazione Trentina delle Cooperative, Diego Schelfi.
Infine, due curiosità. Tra gli oltre 40 Comuni azionisti ISA, Trento è il maggior detentore (9.360 euro di azioni), mentre tra i soci sbuca persino un fantomatico Partito Nazionale Fascista Caldonazzo (sic!).
Negli ultimi 2 esercizi (2007 e 2008), ISA ha realizzato utili per circa 4,5 milioni di euro.
E fra le partecipazioni sbucano anche i quotidiani “Avvenire” e “Trentino”
Tra le 44 società partecipate da ISA, ci sono anche due editrici.
Avvenire SpA, la società controllata dalla Conferenza Episcopale Italiana ed editrice del quotidiano Avvenire, è partecipata da ISA con una quota del 3,78%. Più strategica appare la partecipazione nella locale Società Editrice Tipografica Atesina SpA, controllata dal Gruppo Editoriale l’Espresso ed editrice dei quotidiani Alto Adige (Bolzano), Corriere delle Alpi (Belluno) e il Trentino. ISA ne è socia con la quota tutt’altro che secondaria del 16%. E, a pensarci bene, chi ne ha mai letti, di articoli scomodi per ISA, su quelle pagine?