Tirolese e legionario
Dal cassonetto dei rifiuti uno straordinario patrimonio iconografico.
Samantha Schneider, una giovane vipitenese, stava passando vicino ad un cassonetto, quando notò una cassa di legno piena di fotografie in bianco e nero. Foto di militari, ma anche di donne, vecchi e bambini. Se le portò a casa.
Era il 2002. Due anni più tardi, nella cena che concludeva una conferenza del gruppo di Storia Regione, si trovò per caso seduta vicino ad un bravo archivista di Bolzano. Nel frattempo lei aveva capito, gli raccontò, che quelle foto erano state fatte in Spagna, durante la guerra civile. Il giorno dopo Andrea Di Michele, che lavora all’Archivio provinciale di Bolzano si precipitò a Vipiteno. E si trovò di fronte a migliaia di foto. Straordinarie, perché scattate da qualcuno che c’era, lì fra i combattenti. Mostrano i legionari italiani che combatterono a fianco dell’esercito ribelle di Francisco Franco contro il governo repubblicano; sono immagini di funerali, di riti religiosi, messe da campo, perché quella fu anche una guerra di religione, e scene di vita militare, marce, armi, postazioni; soldati che leggono "Il Legionario", foglio stampato appositamente e solo per quei soldati, e poi ancora donne, bambini, anziani, a prendere l’acqua al pozzo, e nelle normali faccende di ogni giorno.
L’archivista bolzanino parla lo spagnolo. Comincia a tutto campo la caccia al fotografo, non è un professionista, ma è bravo. L’ipotesi è che sia un soldato italiano, arrivato nel dopoguerra. Si brancola nel buio. Il primo indizio concreto viene da Roma. L’anziano presidente dell’associazione dei reduci del Corpo truppe volontarie, che combatté in Spagna a sostegno dei fascisti di Franco, ricorda che nel suo reggimento c’era uno che parlava tedesco e faceva anche da interprete. Ma aveva un nome italiano, Guglielmo Sandri. A Vipiteno, dove era vissuto fino alla morte nel 1979, lo conoscevano tutti. Aveva lavorato a lungo all’azienda turistica, e tutti lo consideravano un italiano che parlava bene il tedesco.
Ma il seguito della ricerca ha avuto un risultato sorprendente: Guglielmo Sandri era in realtà Wilhelm Schrefler, nato a Merano da genitori provenienti dall’Alta Austria nel 1905, rimasto orfano di entrambi i genitori, dato in affidamento e rimasto nuovamente solo alla morte della madre adottiva, che era una vedova. Nel 1935 viene richiamato alle armi e mandato in Etiopia. Poco prima di partire Schrefler chiede il cambio del cognome in Sandri. Wilhelm era già stato italianizzato in Guglielmo dall’amministrazione fascista. Al ritorno dall’Etiopia, dopo un anno di campagna e dopo un breve congedo, parte per la Spagna come legionario, con la sua macchina fotografica, probabilmente una Leica compatta. Là rimane fino al 1939, partecipando, secondo quanto emerge proprio dalle sue foto, a tutte le principali fasi della guerra, la battaglia di Guadalajara, la conquista del nord con il paese Basco e poi della Catalogna con Barcellona, la marcia trionfale di Franco a Madrid dopo la sconfitta della Repubblica.
Finita la guerra, si imbarca a Cadiz, dove era arrivato e ritorna in Italia, sbarcando a Napoli. La sua vicenda poi continua come militare nella seconda guerra mondiale. Ferito gravemente ad El Alamein nel 1942, passa anni per diversi ospedali militari e infine ritorna a Vipiteno, senza mai riprendere il suo nome originario. La moglie era di Bologna. Nessuno sospettò che lui fosse un sudtirolese.
Scoperta l’identità, i parenti, che ignoravano la brutta fine che qualcuno aveva fatto fare alle foto, hanno messo a disposizione i negativi, che tenevano conservati con cura.
Si tratta di un patrimonio unico. - dice Andrea Di Michele - Non ci sono altri fondi che documentino la presenza fascista in Spagna". Ciò spiega l’interesse del Museo storico di Barcellona, che ha accolto con entusiasmo la richiesta di collaborazione. Tanto che dal 14 giugno al 30 settembre, proprio nella capitale della Catalogna, si tiene una mostra, che verrà ripetuta poi a Bolzano in novembre. L’accompagna un catalogo, con tre saggi, uno con la biografia e la descrizione del fondo fotografico, di Andrea Di Michele, e altri due, di Alfonso Botti dell’Università di Urbino, e di Gabriel Cardona, dell’Università di Barcellona. Oltre alle 100 foto della mostra, ve ne saranno pubblicate molte altre.
Il lavoro di individuazione dei luoghi dove sono stati fatti gli scatti sarà ancora lungo. Già si è fatto avanti l’archivio di Aragona per partecipare alla ricerca. In Spagna, negli anni seguiti alla fine della dittatura, c’è stato un gran fiorire di studi sul periodo più drammatico della storia del Paese. L’interesse per un fondo che documenta la presenza italiana fascista in Spagna è grande. "I militari italiani erano 70.000, un vero esercito in terra straniera, cui si aggiungevano la marina e l’aviazione. - dice Di Michele - Si tratta di una vicenda poco nota se si pensa quanto sia stata impegnativa".
La mostra, frutto della doppia avventura del protagonista e dei ricercatori, è composta di tre parti: un percorso cronologico che segue le vicende della guerra civile, in cui i soldati del fascismo italiano combatterono a fianco dell’esercito ribelle, e due aree tematiche, sulla vita dei civili e sulla vita quotidiana dei soldati.