Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Giornalismo così

Le devozioni del direttore de l’Adige e gli effetti collaterali della concorrenza.

Non essendo abituali lettori di Avvenire, solo adesso, ad oltre un mese dalla pubblicazione, ci è capitato fra le mani un corposo (oltre 100 pagine) allegato di quel giornale, uscito per festeggiare gli 80 anni di Benedetto XVI.

Un’occasione celebrativa come questa può scusare certi toni encomiastici un po’ sopra le righe. Ma fino a un certo punto. Ecco: fra i titoli dei vari articoli, possiamo giustificare un "Teologo raffinato? Di più: è un catechista formidabile", un "E’ una semina di amore e conoscenza", o un "Fare una domanda al Papa? Con lui è davvero facile". Capiamo anche che l’ateo Giuliano Ferrara parli di "Illuminismo cristiano che impressiona e seduce". Ma parlare di "un Papa che conquista" o che "sorprende il mondo risvegliando alla gioia" (altri due titoli), ci pare quasi provocatorio, dopo che per ben due volte questo pontefice ha dovuto scusarsi o fare marcia indietro per delle affermazioni irresponsabili che avevano suscitato l’ira dei musulmani e la rabbia dei cattolici sudamericani. A questo poi si aggiunge – per l’Italia - il quotidiano martellamento operato da Ratzinger sui temi della famiglia, che ne fa probabilmente il pontefice più controverso dai tempi di Pio XII. Altro che "Papa che conquista" e che "risveglia alla gioia"!

Fra i vari contributi presenti nell’allegato, troviamo anche quello di Pierangelo Giovanetti, che ad Avvenire ci lavorò fin quando, nell’autunno scorso, fu scelto come nuovo direttore de l’Adige. In quell’occasione lo intervistammo (Il nuovo “Adige”: linea Ratzinger?) e lui non nascose i suoi intendimenti: "La religione – disse - ha un ruolo pubblico che non può essere disconosciuto". E quanto ai suoi programmi nella direzione del quotidiano, spiegò che il suo intento era quello di "dare più equilibrio a L’Adige, che negli ultimi anni era squilibrato: c’era una certa sinistra radicale antagonista che aveva una rappresentazione superiore a quanto appare nella società".

"La cosa – commentavamo - si è subito tradotta nel siluramento di due collaboratori ‘estremisti’, Sandro Schmidt, ex deputato e già segretario della Cgil, e lo psicoterapeuta Giuseppe Raspadori. Al loro posto sono apparsi dei pensatori della destra religiosa come Vittorio Agnoli e Andrea Di Francia, che negli editoriali hanno dibattuto temi come il creazionismo contro l’evoluzionismo, l’omosessualità come malattia, l’importanza del canto gregoriano, il ruolo antinazista di Pio XII, la laicità di Ratzinger contrapposta al ‘laicismo’ del prof. Rusconi..., il crocifisso nelle scuole, ecc.".

Ma il Giovanetti che ritroviamo nell’allegato ad Avvenire, col resoconto di un’udienza papale cui ha partecipato con moglie e figli, non è un uomo di destra: è un pio autore di storie devote, un compilatore di exempla medievaleggianti, che va in estasi quando il vicario di Cristo si volge a lui e ai suoi. Al che i fatti, le notizie, le argomentazioni, la razionalità insomma, non contano più nulla, svaporano: rimane una fascinazione che è la versione ultraterrena dell’incanto che colpisce le folle invocanti "Silvio! Silvio!".

Accarezzato dal Papa, "Samuel è rimasto con la mano ferma, immobilizzata. Qualcosa di più grande di lui stava accadendo. Quello che nel suo cuore aveva sperato, ma non aveva osato attendersi, era lì, di fronte a lui. Il Papa gli voleva bene. Glielo aveva dimostrato. Francesca, subito dopo, anche lei ritta sulla sedia, ha puntato dritta agli occhi del Papa. Era raggiante. La maestra le aveva spiegato quanto importante sarebbe stato quel momento per la sua vita e per il suo cammino di fede. Benedetto XVI di fronte a lei s’è fermato, l’ha guardata fissa anche lui negli occhi, come se si fosse accesa una luce speciale, poi le mani si sono incrociate, quelle di Francesca e quelle del Papa. Se le sono strette forti, con l’affetto di un padre. E ha accarezzato il suo volto, benedicendolo. Poi è stata la volta di Chiara, la più discola. Sembra che Papa Ratzinger se ne sia accorto subito, visto che l’ha presa vicino a sé, e stringendole il volto fra le mani, le ha impresso un bacio sulla fronte. ‘Papà, papà, hai visto come ci guardava - s’è lasciata sfuggire Francesca - Si vede che il Papa vuole bene ai bambini’. Quel giorno tutti noi rimanemmo impressionati dalla semplicità, dal calore umano, dall’immediatezza di Benedetto XVI, un Papa che pensavamo di conoscere e che invece è ancora tutto da scoprire. Un Papa che abbiamo sempre pensato severo, inflessibile, cattedratico, e che in realtà ha per tutti un sorriso dolce e una grande umanità. Sono i bambini a riconoscerlo. E loro, in questo, non sbagliano mai".

Amen.

Gli effetti collaterali della concorrenza. Sulla prima pagina del Trentino di venerdì 18 maggio, il vicedirettore del giornale, Andrea Iannuzzi, racconta un episodio che l’ha visto protagonista e che vuole evidenziare gli sprechi quotidiani dell’ente pubblico, nonché la sua propria, privata onestà. Succede che Iannuzzi, avendo accettato di partecipare come coordinatore ad una tavola rotonda sulla "transnazionalità nel progetto Equal" (??) ed essendosi coscienziosamente preparato sul tema, si è poi accorto che si trattava di un appuntamento per pochi intimi, che non gli era consentito fare domande al di fuori di un canovaccio prestabilito e che la cosa, durata complessivamente nemmeno un’ora, gli avrebbe fruttato, da parte della Provincia, un compenso di ben 700 euro.

Al che si è ribellato: ha pensato che "700 euro sono i soldi che prende, in un mese, un collaboratore del mio giornle", e li ha rifiutati. Gran bel gesto, insomma.

Se non che, l’indomani (19 maggio), gli risponde per le rime il capufficio stampa della Provincia. Cominciando col dire che quel compenso, peraltro previsto, era stato "formalmente richiesto dal giornalista stesso". Ma ora Iannuzzi non stia a dire che rinuncia a qualcosa, perché vista la scarsa qualità del suo lavoro, si è deciso di non retribuirlo.

Infatti, mentre il giornalista dell’Adige che moderava un seminario parallelo aveva svolto coscienziosamente il suo compito (oltre tutto, dichiarando da subito che non voleva niente in cambio, e senza gloriarsene), la prestazione di Iannuzzi "non ha corrisposto alle attese e non era stata resa nei termini voluti e richiesti dall’importanza del dibattito". Insomma, non si era preparato ed era arrivato all’ultimo momento, "dichiarando pubblicamente di essere assolutamente incompetente nella materia" e senza aver seguito i lavori che avevano preceduto la tavola rotonda.

Questa replica uno s’immagina che sia comparsa sul Trentino, e invece la leggiamo solo sull’Adige, il cui lettore, il giorno prima, nulla aveva saputo di tutta la faccenda. Questa lettera, dunque, sul Trentino non compare. Compare però – e siamo sempre al 19 maggio – la stizzita risposta del vicedirettore a delle accuse di cui il lettore del giornale non sa nulla, se non per quanto emerge dalle parole di Iannuzzi . Il quale ribadisce le sue ragioni. Ad esempio: "Non è vero… che sono stato io a chiedere i soldi".

"E’ vero che non ho condotto alcun dibattito, e proprio per questo mi sono autodenunciato. Ma non è stato per mia volontà". E’ stato il coordinatore del seminario che gli ha chiesto di chiudere in fretta.

"Nessuno mi ha chiesto di partecipare al seminario fin dal mattino… e soprattutto nessuno ha avuto da ridire sul mio operato". Eccetera eccetera.

Non abbiamo né gli strumenti né soprattutto la voglia di investigare su questa storia per capire chi abbia ragione. La bega, di per sé, non è avvincente; ma è invece molto interessante notare quante piccole scorrettezze si sia disposti a fare - e sotto gli occhi dei lettori – quando si è ossessionati dalla concorrenza. Che è una gran bella cosa, ma con dei pesanti effetti collaterali.

Se talora un giornale omette di pubblicare quello che dovrebbe, altre volte succede il contrario: si scrive quello che non bisognerebbe. Le due tipologie di cattivo giornalismo hanno spesso una cosa in comune: nessun pentimento, niente scuse al lettore, nessuna ammissione di colpa. Perché mai autodenunciarsi, per favorire la concorrenza? Tanto il lettore dimentica in fretta!

Vedi il caso, risalente a qualche settimana fa, di una prima pagina del Trentino dedicata ad un evento allarmante: la scoperta di un caso di mucca pazza nella nostra provincia. Si erano sbagliati – capita, per carità: la mucca in questione aveva qualche altra malattia meno preoccupante, come si premurò di informarci il Tg regionale. Ma credete che il Trentino sia tornato sul tema per spiegare com’era andata, che non era vero, che non c’era da preoccuparsi? No, silenzio assoluto. Dalla prima pagina del giorno prima al nulla dell’indomani.

Davvero, a volte i giornali servono soprattutto a incartare la verdura.