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QT n. 18, 28 ottobre 2006 Servizi

Non esiste un Trentino eterno

L’egemonia cattolica non è un destino immodificabile.

Emanuele Curzel

Il dibattito avviato dal n. 16 di Questotrentino (Pensiero unico: il Trentino, sempre e solo cattolico) mi lascia un po’ freddo. Ho come la percezione che sia una freccia che va fuori bersaglio. Una polemica rivolta ad un livello che non è quello su cui si colloca il centro della questione. Cerco di spiegarmi.

Sul piano storico, non c’è dubbio che descrivere il Trentino come una terra connotata permanentemente (e in modo immodificabile) da cattolicità profonda, solidarismo diffuso, coscienza autonomista, moderatismo tradizionalista sia (come minimo) forzato e irrispettoso di un percorso ben più accidentato. La memoria è portata a rimuovere i momenti di conflitto e ad esaltare le età dell’oro, inevitabilmente immaginate in un remoto passato. Chi ha il coraggio di aprire l’album di famiglia vi trova però anche i drammi e le lacerazioni. Non ci sono stati solo la guerra contadina del 1525, gli scontri ideologici di fine Ottocento o gli anni Settanta… gli esempi potrebbero essere ben altri, anche appartenenti ad epoche spesso idealisticamente descritte come tempi di equilibrio e di “integrazione”.

Il problema vero è però, a mio parere, più profondo: quando, come, perché nasce il Trentino? E i trentini, chi sono? Esistono davvero? E se esiste, se esistono, cosa dà all’uno e agli altri la certezza (o il diritto) di esistere ancora, di esistere nello stesso modo, anche in futuro? Mi rendo conto di essere provocatorio, ma questa è la mia risposta ad alcune argomentazioni presentate da Mauro Bondi sullo stesso Questotrentino, culminanti nella frase: “Il Trentino è sempre stato, sotto ogni profilo, nella sfera italiana”.

Egregio consigliere, possiamo incontrarci per discutere cosa significano “Trentino”, “ogni profilo”, “sfera italiana” e soprattutto “sempre”? Questo è dunque il primo livello rispetto al quale bisogna tenere desta l’attenzione: evitare che la complessità della storia venga schiacciata, appiattita e strumentalizzata. Una complessità che implica anche il mutare delle identità, delle aggregazioni e delle istituzioni, che sarebbe errato (e pericoloso) ritenere eterne e immodificabili.

Di ciò fa parte anche la necessità di una certa vigilanza sull’uso e sull’abuso del termine “cattolico” (parentesi: è paradossale e inquietante - lo dico da credente - che “cattolico”, cioè “universale”, sia parola utilizzata, non solo in Trentino, come simbolo di identità di gruppo e di distinzione, se non di chiusura, rispetto al resto dell’umanità). Ma non si tratta certo del problema principale. Infatti, affermare (come nel provocatorio titolo di Questotrentino) che “il Trentino è sempre stato ed è solo cattolico” implica, prima di tutto, dire che il Trentino sia e sia sempre stato qualcosa di unitario, compatto, organico, avente identità ed interessi propri. Un ente che (come nella classica definizione nazionalistica) ha un destino che va oltre quello dei suoi componenti, i quali passano in secondo piano. In molti credono e hanno creduto alla verità di questo ideale, che è nato in un particolare momento storico ed è spesso servito per negare la dignità delle persone e asservirle al potere dominante (e perfino spingerle al massacro proprio e altrui).

Questo è, per quanto mi riguarda, il nocciolo della questione. Affermare che il Trentino ha un’identità forte e permanente (che sia cattolica, autonomista, tradizionale o qualcos’altro poco importa) legittima chi si presenta come interprete di ciò che è (o si pretende che sia) il suo “spirito” e/o intende essere tutore di quello che è (o si pretende che sia) l’interesse generale. A ciò si aggiunga che stiamo parlando di una terra che viene descritta come giunta, istituzionalmente parlando, al suo punto d’arrivo, a ciò a cui hanno teso nei secoli tutte le generazioni, quasi che le vicende del territorio in cui viviamo potessero essere lette solo come fasi preparatorie all’“autonomia perfetta”.

In questa impostazione, governa non chi è scelto dal suffragio universale perché capace di immaginare prospettive responsabili e di fare proposte concrete sul futuro (il modello di sviluppo, i parchi, l’urbanistica, la scuola, la sanità, l’assistenza, la viabilità ecc. ecc), ma chi dimostra la sua devozione all’idolo autonomista-cattolico-tradizionale: gli altri è meglio che tacciano (o che competano non sul piano dell’interesse dei governati, ma nella devozione all’idolo).

Di questo ho davvero paura. Del giorno in cui ci verrà detto che qualcuno ha il diritto di governare perché è l’Incarnazione del Partito Territoriale, è il Difensore dell’Autonomia Perfetta, il Guardiano del Fine e il Custode della Fine della Storia. Del giorno in cui sarà impossibile non solo “fare” l’opposizione contro di Lui, ma anche pensarla. Può essere che quel giorno sia già giunto.