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QT n. 6, 25 marzo 2006 Monitor

Il potere della donna alla Civica

Video, foto, installazioni, su donna ed erotismo. Dove si finisce con il concludere che il "potere delle donne" è nella sensualità. Noi abbiamo delle riserve.

Dopo la claustrofobica installazione di Santiago Serra, la Galleria Civica di Trento dedica un intenso percorso affollato di opere a un tema quanto mai attuale e controverso, il potere delle donne (fino all’11 giugno). Un tema artisticamente à la mode, che anche in Italia si esprime in significativi eventi, come la "Biennale Donna" che lo scorso hanno ha festeggiato i vent’anni.

John Currin, “Dianne” (2001).

Coglie subito il dubbio, addentrandosi nel percorso, su quale sia, in fondo, il potere raggiunto e tanto aspirato: ad accogliere il visitatore sono un video e una fotografia in gran formato di Vanessa Beecroft, che attraverso le solite modelle spersonalizzate e denudate accenna a temi sociali ma in chiave tutt’altro che ribellistica. Stessa perplessità per le fotografie di Richard Kern, erotiche ma d’un erotismo domestico, pieno di luoghi comuni, esibizionista e in parte volgare; un genere che ha certamente il suo pubblico e il suo mercato soprattutto negli States (la Mondo Bizzarro Gallery, prima a Bologna ed ora a Roma, è la galleria di riferimento in Italia), ma che ha a che fare col "potere delle donne" forse solo nell’accezione più banale e scontata, quella di macchina del desiderio sessuale. Stesso discorso per il video datato 1968 di Russ Meyer, regista di pellicole soft-porno oggi al centro di uno dei tanti revival del genere (chissà, forse un giorno una mostra su Alvaro Vitali e la sexy commedia italiana degli anni Settanta?). Di tutt’altra stazza i nudi statuari e giunonici di Helmut Newton, il celebre fotografo di moda recentemente scomparso e oggi al centro di una vasta retrospettiva a Palazzo Reale a Milano, mentre una femminilità magico-mistica è quella che caratterizza le diafane sculture in bronzo e porcellana di Kiki Smith, caratterizzate da una conturbante comunione tra femminilità e animalità.

La mostra, iniziata con la nudità inanimata e moltiplicata della Beecroft, si chiude con l’opposto estremismo del burqa che avvolge integralmente il corpo di una donna araba ritratta da Shirin Neshat, interessantissima artista iraniana che, attraverso fotografia e video, parla con profondità e bellezza della difficile situazione delle donne nei paesi islamici integralisti.

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