Cascioli fra perfezione ed essenzialità
Imperiose, prorompenti, oppure intime e personali, le esecuzioni di Gianluca Cascioli, "giovane erede di Pollini". Un concerto da favola.
A dire la verità, la sera del concerto di Cascioli, volevo andare a giocare a pallavolo e arrivare solo per la seconda tranche della performance, dopo il consueto intervallo di dieci/quindici minuti. Non per poca ammirazione nei confronti di questo giovane erede di Pollini (come ho sentito una signora definirlo, entusiasticamente, all’uscita dalla sala della Filarmonica), solo perché nella vita è bello alternare a momenti di statica ammirazione delle doti altrui anche attività in prima persona, per quanto poco successo si possa riscuotere. Alla fine, la neve caduta il venerdì precedente al concerto mi ha impigrita e così, invece, sono arrivata con ben mezz’ora di anticipo all’appuntamento con questo virtuoso pianista. In questa maniera ho potuto notare alcune cose che si verificano spesso in situazioni del genere.
Innanzitutto, sulla carta, il concerto era tutto esaurito, tanto che molti appassionati, non ancora in possesso del biglietto, si accalcavano attorno al tavolo in versione cassa con dei patetici bigliettini numerati, unica speranza di rimediare un posto, qualora alcuni degli abbonati non si fossero fatti vedere. Per la contentezza di tutti, poi, la sala si è rivelata molto meno affollata di quanto questa misura di contenimento facesse temere. C’erano molte persone sì, ma non le masse in piedi che si sono viste in occasione di concerti gospel o altre cose. Come al solito, qualche cortese signora o signore aveva pensato bene di occupare una poltroncina con una pila di cappotti e sciarpe, efficientemente raccolti anche dal vicino di posto. Spero che i cappotti abbiano gradito il concerto. Come al solito, le persone che occupavano le prime file erano quell’immancabile manipolo di cittadini non più giovani che mi auguro di continuare ad incontrare per ancora molti altri anni.
C’erano anche molte facce meno stagionate, cosa che fa sempre piacere per questo malinteso senso che abbiamo dell’equivalenza fra presenza in un’occasione culturale e acquisizione di conoscenza. Allo stesso tempo, considerato lo stallo disdicevole in cui è piombata l’educazione musicale grazie all’ultima riforma dei Conservatori, considerate le scarse risorse e opportunità per i giovani musicisti italiani, non si può che ammirare e ringraziare la Società Filarmonica per questa piccola speranza, il biglietto al prezzo simbolico di un euro, con cui permette agli studenti di musica di assistere ai concerti.
Cascioli è arrivato sul palco accompagnato dal brusio del pubblico, le luci si sono abbassate
solo per un secondo per tornare ad illuminare subito dopo questo giovane vestito semplicemente di nero, con un maglione a collo alto molto rive gauche, che si sedeva al pianoforte con piglio deciso e insieme nonchalant, quasi che fosse casuale avere tante persone intorno. Ha attaccato la prima ballata di Brahms con un tocco corposo, un’energia che ha zittito subito tutti. Il suono si è levato come da profondità imperscrutabili, senza nessun errore avvertibile, né esitazioni. Gianluca Cascioli si è esibito senza mai usare uno spartito e sembrava rapito da un mondo di note tutto suo, dal quale il pubblico si è sentito insieme attratto e intimorito. L’attenzione e la concentrazione hanno coinvolto tutti, trasmettendosi persino alle cose, ma, nello stesso tempo, hanno anche congelato gli spettatori, che non osavano nemmeno applaudire per non turbare questo stato di cose, come se Cascioli fosse una fiammella sulla quale non si vuole soffiare per paura che si spenga. Nel terminare, senza una mossa sbagliata l’Op. 10 di Brahms, è stato apprezzabile con quanta maestria il giovane musicista faccia uso del pedale.
Per rendere la Sonata di Schubert Cascioli veste un’altra pelle, il tocco è più leggero, si avverte il cambiamento, il suono si fa più sfiorato, in punta di dita, però la decisione è la stessa di prima e ancora una volta il pubblico ammutolisce. Nuovamente c’è quasi timore al momento dell’applauso. Dopo l’intervallo, l’esecuzione del primo Scherzo di Chopin è così prorompente da scatenare l’applauso scrosciante e Cascioli accetta l’ovazione, ma nello stesso tempo si guarda attorno e sembra che voglia riprendere immediatamente a suonare.
Le note continuano a sgorgare, subito dopo, in un incalzare di variazioni di ritmi e il pubblico non osa più intromettersi fra il musicista e la musica. Il piacere che scatena questa esecuzione è qualcosa di intimo e personale, da proteggere anche dalla luce della sala socchiudendo gli occhi. Verso il finale torna il desiderio di esprimere suoni per acclamare questo pianista, non ancora trentenne, che sembra avere scoperto un nuovo pianeta dell’interpretazione concertistica.
Al termine del concerto, senza farsi troppo pregare, Cascioli concede come bis Chopin, il Notturno in Fa Diesis Maggiore Op. 15 n. 2, e di nuovo il pubblico è muto e assorto. Invece dell’impeto, Cascioli domina la tastiera con un legato che scioglie una nota nell’altra. Tutti zuccherini per noi, povere fiammiferaie, incantate davanti a questa apparizione favolosa.