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QT n. 1, 14 gennaio 2006 Servizi

E venne il tempo delle vacche magre…

Le grandi opere in valle di Fiemme: economicamente insostenibili. Le dinamiche passate per cui si è proceduti con megalomani gigantismi, e quelle presenti per cui non si riesce a utilizzare meglio le strutture, né a coinvolgere più comuni. E allora non resta che tagliare...

Le lotte del movimento ambientalista delle valli dell’Avisio non avevano mai avuto l’obiettivo di bloccare iniziative o infrastrutture che sostenessero l’economia turistica; intendevano invece correggere errori di valutazione e chiedevano, con voce ferma, correttezza amministrativa. Nei documenti degli ambientalisti troviamo ricorrenti due osservazioni.

La prima di carattere urbanistico e paesaggistico: la denuncia della reale efficacia dell’opera. Si pensi alla strada di fondovalle, realizzata con una spesa di oltre 180 miliardi di lire, opera imposta attraverso procedimenti di appalti per nulla trasparenti, eticamente discutibili: oggi i principali paesi della valle sono ancora soffocati dal traffico e denunciano una cronica assenza di parcheggi.

Cavalese, il Palazzo del ghiaccio.

Una seconda critica riguardava le dimensioni ed i futuri costi di gestione delle opere previste. Con la scusa dell’arrivo dei primi mondiali di sci nordico, nel 1991, attraverso Mondialfiemme nella valle arrivarono fiumi di miliardi. Guarda caso, ogni infrastruttura nel corso della costruzione per lo meno raddoppiò i costi preventivati. I principali centri della valle - Cavalese, Tesero e Predazzo - si imposero e vollero che tutto venisse costruito sul loro territorio. Dal 1985 in poi a Cavalese si costruirono una grande piscina, campi da tennis nel cuore del parco della Pieve, il palazzo del ghiaccio, il palacongressi (centro stampa dei mondiali), distruggendo una pineta, e si è poi ampliato il campo di calcio e atletica. Tesero ottenne il centro del fondo a Lago, Predazzo l’opera in prospettiva più inutile, i trampolini di salto.

Dobbiamo poi aver presente che ogni paese o frazione della valle ospita un campo di calcio; che Predazzo, Tesero e Cavalese hanno un cinema-teatro con relativa stagione teatrale annuale; e che ci sono i cinema parrocchiali ed altre infrastrutture minori, tutti spazi, o situazioni, che richiedono alle amministrazioni comunali importanti esborsi di denaro.

Oggi, con la contrazione violenta delle risorse destinate agli enti locali, questi comuni non sanno più come offrire risposta ai costi di gestione e di manutenzione delle opere.

Cavalese, la piscina.

Solo per la gestione delle strutture (riscaldamento, pulizia, personale) a Predazzo si spendono oltre 100.000 euro l’anno nei trampolini, a Tesero è di quasi 150.000 euro il deficit del solo centro del fondo, a Cavalese servono oltre 270.000 euro per palazzo dei congressi, piscina, stadio del ghiaccio e campo di calcio. Cifre impressionanti, se si pensa che solo Predazzo supera i 4.000 abitanti. A questi numeri mancano poi i costi di manutenzione, veramente notevoli, anche perché le varie opere dei mondiali, proprio perché affidate nella costruzione in via diretta al Consorzio Trentino Costruttori o ad altre aziende di fiducia delle amministrazioni comunali, sono state costruite con superficialità, in assenza di controlli di qualità. Ed ecco che dalla piscina di Cavalese le piastrelle della vasca e degli spogliatoi si staccano quasi subito, nel palacongressi i parcheggi risultano inutilizzabili, e la rampa di lancio dei trampolini deve essere sostituita in tempi brevi, troppo brevi.

Con il bilancio del 2006 la Provincia restringe drasticamente la borsa e ai comuni non arrivano più le ricche risorse del recente passato. I fondi per gli investimenti subiscono riduzioni che variano dal 20% al 30%. Non ci sono più soldi per le manutenzioni ordinarie e straordinarie, ma vengono a mancare anche quelle essenziali per la gestione. Chi preannunciava l’arrivo a breve di questi tempi veniva definito una Cassandra.

Ora, per non intraprendere la strada dell’aumento delle tariffe pubbliche o delle tasse, elettoralmente sconsigliata, le municipalità di Fiemme si gettano sui tagli ai servizi. Si taglia ovviamente, come in Provincia, sulla cultura, riducendo l’offerta ai residenti e cercando di mantenere sostanziosa quella rivolta al settore turistico, cioè la cultura del folclore. Nei cinema arrivano le offerte più scadenti, in quanto le amministrazioni accolgono i film di cassetta, o meglio quelli imposti dalla grande distribuzione, a scapito della qualità. I grandi centri come il palacongressi vengono ora utilizzati solo per grandissimi appuntamenti e nel pieno delle stagioni (periodo natalizo, pasquale ed estate piena), per poi essere chiusi ed interdetti all’uso durante l’anno anche alle associazioni della valle. L’uso delle piscine, o delle palestre per i privati e le famiglie diventa un lusso. Bisogna essere patrocinati da una società sportiva, entrare nella logica della competizione, ed allora si trova un qualche importante risparmio. Questa è la prima risposta che abbiamo colto, diffusa nella discussione di tutti i bilanci preventivi dei comuni di Fiemme.

Affrontare i problemi in modo più articolato e strutturale diventa difficile. Per vent’anni i presunti grandi comuni hanno costruito una competizione serrata fra loro. Il paese che riusciva ad ottenere più opere, più infrastrutture, si candidava a diventare il capoluogo della valle. Il sindaco che guidava questo successo diventava il leader politico della valle: in meno di quindici anni ecco quindi emergere vincente la figura di Mauro Gilmozzi, oggi assessore provinciale in settori strategici della Provincia.

Questa competizione fra comuni ha impedito di fatto la costruzione di una mentalità collaborativa, di sinergie di valle. In assenza di rispetto e umiltà verso le esigenze dei comuni minori non era possibile costruire progettualità condivisa a livello di ambito o comunità. Ed oggi i risultati si vedono: i piccoli comuni rifiutano la compartecipazione al piano di spesa nella gestione delle grandi opere.

I piccoli comuni chiedono di poter entrare nei consigli di amministrazione delle società che gestiscono impianti sportivi e culturali, ma fino ad oggi hanno trovano porte sbarrate. Infatti, queste società sono state utilissime nella gestione clientelare dei paesi, nei momenti elettorali. I consigli di amministrazione di queste false società private sono serviti e servono a riciclare, con non trascurabili indennità, i candidati trombati alle elezioni comunali: si pensi alla SAGIS di Cavalese (gestisce gli impianti sportivi), o alla Bioenergia, la società che gestisce il teleriscaldamento. Ogni posto affidato ad un residente di comune "esterno" comporterà un contraccolpo non trascurabile nei fragili equilibri delle alleanze trasversali che hanno portato al potere alcuni sindaci, alleanze sempre prive di idealità e riferimenti politici espliciti.

Cavalese, il Palazzo dei congressi.

Se la difficoltà del costruire politiche di valle nella gestione delle grandi opere trova fondamento in radici storiche, si cade anche nell’impossibilità, al di là delle dichiarazioni di principio, di costruire politiche di valle sullo sport, sulla cultura, sull’offerta turistica, sulle politiche sociali e formative.

Avendo anche imposto nei consigli di amministrazione solo persone "fidate", le varie società sono incapaci di trovare sbocchi per un miglior utilizzo delle infrastrutture: la fantasia non esiste, non c’è capacità di confronto con realtà simili dell’arco alpino, la pigrizia diventa il collante che unisce ogni singola amministrazione.

Alle amministrazioni comunali, come già detto impossibilitate ad intervenire per ragioni elettorali nelle politiche delle tariffe, rimane aperta una sola via: quella del drastico taglio dei servizi: chiusura dei teatri nei periodi non turistici, chiusura dei centri di riunione come il palacongressi, aumento dei prezzi nell’uso delle piscine o dello stadio del ghiaccio.

Ma non solo: ormai da anni si sta accentuando la dequalificazione dei servizi di pulizia dei paesi dopo le nevicate, i lavori di arredo si concentrano solo nelle piazze centrali, i cittadini vengono relegati a soggetti marginali, privi di diritti. Gli unici settori che ottengono risposte sono quelli turistici ed alberghieri.

In questo articolo abbiamo presentato solo la realtà di Fiemme; ma fra un anno toccherà a Moena affrontare identici problemi. Non appena sarà conclusa la follia del teatro Navalge (16 milioni di euro il costo complessivo previsto, si era partiti da un preventivo inferiore ai 10 milioni), l’amministrazione pubblica dovrà trovare risorse per pagare ogni anno almeno 200-250.000 euro di gestione dell’opera. Un’opera oggi da tutti rifiutata, sembra che nessuno l’abbia mai voluta. Ricordo invece come fosse semplice, quindici anni fa, nel paese, contare gli oppositori al megacentro: erano sufficienti le due mani, non si arrivava a dieci unità. Per prepararsi a questa ormai vicina costosa missione, Moena ha scelto di gestire in proprio il centro del fondo di Allochèt, affidandolo ad una cooperativa sociale e comprando in via diretta come comune perfino il mezzo battipista. Alle esigenze degli albergatori e dei ristoratori si deve sempre il massimo rispetto, in Fassa, come in Fiemme, sempre utilizzando risorse pubbliche.

Nel recente consiglio comunale di Cavalese un consigliere di maggioranza ha voluto rispondere a questa serie di critiche dicendo che "queste opere, anche quando sproporzionate, sono comunque servite a portare in valle turismo di qualità, quindi benessere diffuso". Qualunque osservatore imparziale vede invece crescere la dequalificazione turistica nella valle, anche in Fassa, ma specialmente si accorge, anno dopo anno, che la capacità di spesa dei residenti diminuisce a ritmi sempre crescenti.

Siamo proprio certi di aver costruito e diffuso sviluppo e benessere nel nostro Trentino?