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QT n. 22, 23 dicembre 2005 Quindici giorni

Scuola: l’assessore risponde

Dalla riforma Moratti alla scuola privata, l'assessore all'Istruzione Tiziano Salvaterra risponde a QT.

I nostri servizi sulla riforma del a scuola (La scuola trentina di Salvaterra ritorna al modello Moratti su QT del 15 ottobre, e Scuola trentina uguale scuola parrocchiale? del 29 ottobre) non sono piaciuti al proponente Tiziano Salvaterra (assessore esterno, comunque esponente della Margherita) che ci ha chiesto di rilasciare un’intervista per esprimere il proprio punto di vista sui problemi sollevati. Cosa cui abbiamo aderito molto volentieri.

L'assessore provinciale Tiziano Salvaterra.

"L’aspetto che più mi preme precisare è la filosofia di fondo: quali sono i nostri caposaldi e su quali punti invece abbiamo dovuto seguire l’impostazione nazionale della Moratti. Il nostro punto più importante è la centralità dello studente, o meglio della persona, nell’arco di tutta la sua vita, in quanto si deve ragionare in un’ottica di istruzione permanente."

Su un principio del genere, non sono tutti d’accordo?

"No; l’impostazione nazionale pone al centro il lavoro. Per esempio, a livello nazionale si distingue tra formazione professionale (la cui competenza viene affidata, in via esclusiva, alle Regioni) e istruzione superiore, i licei (la cui competenza permane allo Stato); noi invece siamo per un sistema unitario, non due servizi diversi (o addirittura due assessorati, come per un certo periodo c’è stato). Un ragazzo, da qualunque parte sia entrato nella scuola, deve poterne uscire da qualunque parte. E poi, negli organi di partecipazione (Consiglio scolastico provinciale ecc) prevediamo che ci siano tutti, licei e formazione professionale."

Comunque la riforma nazionale vi pone dei vincoli...

"Noi non possiamo individuare percorsi scolastici che portino a titoli (diplomi, n.d.r.) diversi, perché non avrebbero valore legale. Allora utilizziamo l’Autonomia diversificando piani di studio e programmi (possiamo farlo fino al 20-30%): così possiamo inserire percorsi professionalizzanti all’interno dei nuovi Licei tecnologici ed economici, anche se per accedere agli Albi professionali (geometri, commercialisti, ecc.) si dovrà accedere a un percorso post-diploma. Comunque vogliamo tener fermo un punto: fino alla fine delle superiori, la funzione formativa della scuola prevale su quella professionalizzante".

Cosa c’è di differente rispetto alla Moratti?

"Molto. La Moratti dice ‘mandiamoli a lavorare’. Noi invece non vogliamo trascurare né la professionalizzazione stretta né la manualità, solo che l’approccio didattico è diverso: io voglio formare il cittadino, e posso farlo, a seconda delle propensioni, sia attraverso il latino che attraverso la manualità. Ma la finalità prima è sempre la formazione della persona, del cittadino. Ad esempio, nel professionalizzare un cuoco, posso dare risalto alla capacità di lavorare assieme di dieci persone in cucina; ed enfatizzare quindi il fine della cultura diffusa, della capacità di relazionarsi e di criticare in positivo; in poche parole, puntare a una scuola di democrazia".

Una delle critiche più dure che QT vi ha rivolto, è quella di puntare a una "scuola della comunità", scarsamente autonoma e subordinata alle realtà locali.

"La nostra non è la scuola della comunità. Io sono fortemente per l’autonomia della scuola, che però non deve essere autarchia, (faccio quello che voglio), ma deve svilupparsi all’interno di un sistema, quello provinciale, che ha le sue regole. Per cui tra le scuole non è possibile la concorrenza".

A dire il vero la concorrenza tra gli istituti è alla base, oggi, della loro autonomia. Ogni scuola si autogoverna spinta dalla finalità/necessità di non farsi superare dalle altre.

"La concorrenza prevede che ci sia chi vince e chi perde. Invece la logica di sistema, di rete, prevede che tutti mettano assieme le modalità migliori, per crescere assieme in un’ottica di servizio alla comunità, alla società. E’ una logica profondamente diversa da quella della concorrenza, ossia del mercato, per cui quel che è meglio per me, è peggio per te".

In quest’ottica, come si sviluppa l’autonomia scolastica?

"Nell’autonomia gestionale, organizzativa, nel Progetto d’Istituto. Però sono tutte cose che devono risultare sinergiche rispetto alle altre scuole del territorio".

Lei mi sembra trascurare un fatto: proprio l’autonomia intesa come concorrenza, ha portato l’autogoverno delle scuole a mettere in riga, o per lo meno a recintare i docenti non all’altezza, che fatalmente ci sono. Nell’ottica concorrenziale l’insegnante fannullone porta discredito alla scuola, le fa perdere studenti, e quindi diventa un problema da risolvere, non da nascondere.

"Io penso che questi risultati si debbano invece raggiungere motivando e formando i docenti. I momenti di formazione incontrano un grande riscontro: quest’anno, ai corsi estivi, partecipavano in 700".

Torniamo alla "scuola della comunità", con il paventato governo delle realtà locali, da quelle politiche all’associazionismo. La scuola vedrebbe distrutta, oltre alla sua autonomia, anche il suo ruolo di avanguardia culturale nel territorio.

"Nel Consiglio dell’Istituzione noi prevediamo che ci sia un solo rappresentante della comunità: gli altri membri sono rappresentanti degli studenti, dei professori, dei genitori. E il Collegio Docenti è assolutamente autonomo".

Eppure nei nostri articoli abbiamo citato un comma che subordina il Collegio Docenti al Consiglio dell’istituzione.

"Se c’è questo timore, possiamo sistemare quel punto. Non devono esserci dubbi: l’insegnamento e la didattica sono responsabilità esclusiva dei docenti".

Vediamo il passo contestato: stabilisce che è il Consiglio dell’Istituzione a "disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento nonché i compiti specifici del Collegio dei Docenti". Mi sembra una subordinazione bella e buona.

"Sì, questa formulazione non va bene, andrà modificata. Tra i vari soggetti dev’esserci dialettica, in un equilibrio dinamico. Io vedo una struttura circolare invece che piramidale. Anche se è una scommessa, lo ammetto".

Un altro punto molto contestato riguarda la scuola privata.

"Non esiste la scuola privata: bensì la scuola pubblica, costituita da quella statale (da noi provinciale) e da quella paritaria. La Giunta provinciale nel 2001 ha definito quali sono le scuole paritarie in Trentino. Io ho un sistema che è fatto di queste scuole, che soggiacciono a delle regole ben precise, stabilite dalla legge".

Sta di fatto che nelle scuole cattoliche, il dominus è il vescovo.

"Non è giusta quest’ottica: nelle paritarie c’è l’Istituto di San Michele, c’è la formazione professionale".

E allora? Questa è solo confusione nominalistica.

"Questa è la legge, votata nel 2001, e questa io devo seguire".

Se quattro anni fa si è fatta una sciocchezza, dobbiamo andare avanti su quella strada?

"Quattro anni fa si è fatta una scelta. La paritaria segue la legge, e la sua tradizione. Sono esperienze formative che hanno dato e continuano a dare tanto. E poi, sono solo il tre per cento!"

Veniamo a un altro aspetto: se le paritarie/cattoliche sono nel sistema trentino, e nel sistema non deve esserci concorrenza e (immagino) sovrapposizione, risulta che uno studente può essere costretto a frequentare la scuola cattolica.

"Oggi questo non succede. E non deve succedere. So delle preoccupazioni per la nuova Arcivescovile a indirizzo linguistico a Rovereto. Ma a Trento intendiamo puntare in maniera forte sul linguistico, con decisi investimenti sul Da Vinci, per esempio".

A Trento, ma non a Rovereto, dove la nuova Arcivescovile, dirimpettaia della scuola pubblica Rosmini, porterebbe - secondo un documento del suo assessorato, per quanto rinnegato – all’esaurimento dell’indirizzo linguistico nel Rosmini, proprio per non creare concorrenza. Col risultato che se un ragazzo roveretano non vuole iscriversi al linguistico cattolico, deve venire a Trento.

"No. A Rovereto ci sono due linguistici; e noi sulla linguistica vogliamo investire molto. E non è vero che faremo mancare risorse alla scuola provinciale, anzi. Però anche le paritarie hanno, all’interno del sistema, la loro dignità e cittadinanza".