A settant’anni dalle Opzioni
Riflessioni sul momento storico più doloroso per la popolazione sudtirolese
L’apertura dell’anno "nove" come viene chiamato il bicentenario della sollevazione tirolese guidata da Andreas Hofer è stato molto meno roboante di quanto si attendessero i novelli "comandanti in capo" Durnwalder (nella parte), Platter (imbarazzato dalle sparate fisiche e verbali degli Schützen sudtirolesi) e Dellai (incredibile fedelissimo "tirolese"). La maggior parte dei giornali locali delle tre regioni hanno ignorato l’avvenimento o l’hanno confinato in un trafiletto. Appare sempre meno appropriato ai tempi difficili e alle quotidiane notizie di messa in cassa integrazione di centinaia di lavoratori, lo spreco in penne e botti di cui pochi capiscono il senso.
Ma l’assessora alla cultura tedesca ha approfittato ancora una volta di questa occasione per sostenere l’approfondimento di tematiche diverse da quelle volute dai tre "Mander" ("omeni" si direbbe in trentino) – presidenti.
E per tempo l’Archivio provinciale e il gruppo di ricerca Storia e Regione hanno dato vita il 6-7 febbraio all’Università di Bolzano a un interessante incontro sulle Opzioni del ‘39, di cui cade quest’anno il 70° anniversario.
Le Opzioni costituiscono il momento storico più doloroso per la popolazione sudtirolese, e la loro mancata elaborazione ha prolungato a lungo nel dopoguerra lacerazioni e sofferenze, fino alla catarsi tramite la mostra del 1989, che ha permesso a tutti, Dableiber (restanti) e Optanti per il III Reich, e anche ai sudtirolesi italiani di varia provenienza, di vedere rappresentato un (buon) tentativo di ricostruzione della loro memoria. Nel convegno "A settant’anni dalle opzioni in Alto Adige" si è cercato di fare un passo avanti, inquadrando la vicenda nel panorama degli spostamenti forzati di popolazioni in Europa fra il ‘39 e il ‘55. Il lasso di tempo è molto lungo e forse non ha permesso di distinguere fra la politica di spostamenti e genocidi dei fascismi, - e soprattutto del nazismo, - e le espulsioni avvenute nel periodo post-bellico, che spesso furono reazioni a esperienze terribili subite dai popoli dell’est europeo ad opera del nazismo, pur essendo questi episodi anch’essi segnati dal nazionalismo.
Tuttavia la ricerca in numerosi luoghi dell’Europa in cui avvennero fatti eclatanti di spostamenti di popolazione, ha presentato un quadro incompleto ma molto interessante, che in qualche misura ha dato una dimensione nuova all’esperienza sudtirolese. Michael Wedekind, dell’Università di Münster, autore di diversi studi in questo campo, e Davide Rodono, dell’Università di Ginevra, hanno condotto i lavori e moderato il dibattito cui ha preso parte un pubblico competente e critico, con un piglio laico, attento a far emergere aspetti concreti della ricerca e a mettere in luce possibili momenti di confronto fra le varie esperienze. Particolarmente interessanti i contributi di Michael Wedekind sul trasferimento dei sudtirolesi inserito nei programmi di trasformazione socio-etnica e territoriale del nazismo; di Vaios Kalogrias e Stratos Dordanas sull’esodo coatto dei greci dalla Macedonia orientale e dalla Tracia occidentale fra il 1941 e il 1943; di Paolo Cova sulle opzioni di mòcheni, luserni e fassani; interessantissimo l’episodio ricostruito da Petru Weber del rimpatrio degli ebrei rumeni dalla Transnistria; mentre Tomás Okurka ha illustrato un aspetto spesso passato sotto silenzio dell’espulsione dei tedeschi dei Sudeti (le cui organizzazioni si sono fatte sentire spesso con proposte di revisionismo dei confini), cioè la presenza fra gli espulsi anche di oppositori del nazismo, sulla quale è in costruzione un progetto di documentazione. Wedekind ha posto questioni scottanti, come la compresenza dei concetti di vittima e colpevole, e ha sostenuto che piuttosto che "Opzione" (che in effetti nei titoli appare fra virgolette), sarebbe meglio dire Erzwungene Staatsburgerschaft-Entscheid, cioè scelta obbligatoria di cittadinanza. E ha messo particolarmente in rilievo la stigmatizzazione e la marginalizzazione che vennero esercitate su coloro che non erano d’accordo nell’accettare la scelta maggioritaria.
Un’iniziativa che andrebbe accompagnata dalla messa a disposizione di documentazione di base e didattica. In lingua italiana anche il catalogo della mostra sulle Opzioni, frutto di due anni di confronto fra studiosi di entrambe le lingue, è da tempo esaurito e non sostituito con altri materiali di analogo spessore.