Il papa e la bufala del crollo del comunismo
In Russia i cattolici sono lo 0,3% della popolazione, Wojtyla è un perfetto sconosciuto. Eppure, secondo i media, lì avrebbe distrutto un impero. Un esempio clamoroso di servilismo intellettuale.
Non siamo tra gli estimatori di Massimo D’Alema, che ci sembra sprecare le proprie doti nel perenne tentativo di essere il più furbo di tutti, uno di quelli che "pensano di essere scaltri, solo perché non hanno scrupoli", come disse un suo acuto detrattore.
Non contiamo quindi le volte in cui siamo in disaccordo con lui. Questa volta però la sua ultima uscita ci presta il destro per affrontare un argomento che riteniamo trattato, praticamente da tutti, con vergognosa superficialità.
"Noi di sinistra dobbiamo essere grati al Papa per il contributo che ha dato alla caduta dell’impero sovietico" - ha detto il nostro. Avallando quindi la vulgata, propagandata con insistenza da tutti i media (ahinoi, anche da Questotrentino in un recente articolo di don Marcello Farina, Questa Chiesa a cosa serve?) su tale presunto merito storico di Wojtyla.
Questo merito in realtà è un’autentica bufala, tanto più vistosa in quanto ripresa, con stolta o complice acriticità, da tutti i media.
Dunque: in Russia i cattolici non esistono. Più esattamente, rappresentano lo 0,3% della popolazione. I russi, ai tempi di Gorbaciov, di papa Wojtyla non conoscevano nemmeno l’esistenza. Un po’ come da noi: quanti sanno il nome del metropolita di Mosca, a capo della locale Chiesa ortodossa (la risposta esatta è Aleksej)? A chi importa qualcosa di quello che dice? E allora, come è pensabile che la predicazione di un perfetto sconosciuto, che in Russia non arrivava proprio, e se fosse arrivata sarebbe stata ignorata, abbia influito sul crollo di un impero?
Anche perché era proprio la Chiesa ortodossa, l’unica a conoscenza, per motivi professionali, delle posizioni del papato. Ma gli ortodossi, della Chiesa cattolica sono storici, acerrimi nemici; ancor oggi, se Wojtyla non è mai riuscito a farsi accogliere a Mosca, nonostante le pressanti insistenze (immaginiamo per accreditare ulteriormente la favola mediatica dell’affossatore del comunismo), non è stato per il niet di Putin o di qualche ex-comunista; ma per quello, tenacissimo ed intransigente, della Chiesa ortodossa.
Insomma, come può un papa dire di aver influito su un paese in cui non è conosciuto, i suoi messaggi non arrivano e dai pochissimi che lo conoscono, è detestato?
Non è più semplice concludere che il comunismo è imploso, si è accasciato su se stesso perché non funzionava? Perché non reggeva il confronto con l’Occidente, in termini economici, militari, di benessere e di diritti della popolazione?
Perché mai si deve andare a tutti i costi a cercare il santone, che spiega lui al popolo come stanno le cose?
Come abbiamo detto, di D’Alema da tempo non ci meravigliamo. Non molto tempo fa, in piazza San Pietro, aveva pubblicamente elogiato perfino l’Opus Dei, nota congregazione della parte più reazionaria del cattolicesimo, complice di Franco e di Pinochet.
Ci meravigliamo invece dei media che si vorrebbero laici, e che giornalmente dedicano pagine e pagine alla storia e alla cultura. E non hanno il coraggio di mettere la Chiesa al posto che la verità le assegna, ma si fanno altoparlanti delle bufale più colossali.
A quando D’Alema, o il Corriere, o Repubblica, inneggeranno a papa Leone perché fermò Attila (in realtà fu l’esercito guidato da Ezio)? O a Costantino che miracolosamente sognò la croce con "In hoc signo vinces"?
Diciamocelo a chiare lettere: l’incultura, il disprezzo per la verità e la ragione, non vengono solo da Berlusconi. E la propensione a vendersi non riguarda solo le starlet di Mediaset.