Orsi: si trasloca?
La Curia vuole disfarsi degli orsi che da 50 anni caratterizzano l’eremo di S. Romedio.
La storia non ha elementi di particolare rilevanza sociale, ma è esemplare di come nascano e si sviluppino certe polemiche paesane. Tutto comincia quando il vicario della Curia di Trento, monsignor Giuseppe Zadra, fa sapere che prossimamente i due orsi che alloggiano in un recinto presso il santuario di S. Romedio saranno traslocati: la femmina in una struttura gestita a Spormaggiore dal Parco Adamello-Brenta, il maschio da qualche altra parte ancora indefinita (vedi Trentino del 3 febbraio). Una decisione adottata, dice il comunicato, per "rendere sempre più attento e qualificato il servizio religioso". Infatti gli orsi rappresentano "un’attrazione forte per i visitatori" e dunque - par di capire - distraggono i fedeli dalla compunzione che il luogo sacro richiede. Oltre a ciò, esistono "criteri di giusta attenzione per i plantigradi che vi sono costretti in cattività", e che meritano una miglior sistemazione.
Ora, quando per una decisione vengono addotte due motivazioni, è probabile che quella vera sia una terza non detta; tanto più quando, come nel nostro caso, tali motivazioni non stanno in piedi. Quanto agli orsi come fonte di distrazione, infatti, "sarebbe come dire che un mazzo di fiori sull’altare disturba i fedeli che vanno a messa", come obietta il parroco di Molina di Fiemme, già priore di S. Romedio. E non si vede come potrà migliorare la qualità della vita dei due poveri orsi, visto che, non potendo essere messi in libertà dopo una vita trascorsa in prigionia, verranno semplicemente trasferiti da un recinto ad un altro, in entrambi i casi sotto le cure degli operatori del Parco.
Fatto sta che, scaduto da oltre tre anni un accordo con il Parco Adamello-Brenta per la gestione degli orsi del santuario, la Curia non ha più intenzione di rinnovarlo.
Sia come sia, agli intendimenti della Curia replica un coro di proteste: dai sindaci di Coredo, di Sanzeno e di Romeno al direttore dell’APT della valle di Non, all’assessore provinciale Panizza, al consigliere Magnani, che presenta una mozione in Provincia. E ancora, una radio locale ha organizzato un "filo diretto" con gli ascoltatori proponendo un referendum e un gruppo di giovani sta raccogliendo via Internet delle firme di protesta da presentare alla Curia.
Il tutto con toni per lo più pacati, ma non sempre: c’è chi paragona il trasferimento degli orsi alla scomparsa dell’arrossamento del lago di Tovel, con analoghi danni al turismo, chi bellicosamente si dice convinto che "la gente della valle non accetterà di vedersi portar via l’orso di San Romedio", e un lettore scrive ai giornali dicendosi "allibito" e minacciando: "Io li terrei (gli orsi) per alcuni giorni a digiuno e poi li trasferirei nelle sedi curiali".
Come finirà? Alcuni giorni più tardi il priore di S. Romedio appare sollevato: dopo un colloquio telefonico con l’arcivescovo, infatti, pare che "almeno uno dei due orsi possa rimanere nell’eremo" (il che renderebbe ancor più incomprensibile l’iniziativa curiale). Il priore, comunque rimane giustamente preoccupato per ben altri aspetti, che riguardano le persone più che gli animali: la poca gente che va a messa a S. Romedio e la difficoltà di gestire il santuario. Il solo francescano attualmente presente (il priore, appunto), a settembre se ne andrà, e la cura passerà ai frati di S. Antonio, la qual cosa pare che non da tutti sia apprezzata.
Ma Mons. Severino Visintainer, saggiamente, ammonisce: "La verità è che quest’anno, in tutta la diocesi, sarà ordinato un solo prete. Bisogna fare i conti con la realtà, che vede un’età media dei sacerdoti stabilitasi a 70 anni… In questo contesto ogni aiuto è il benvenuto, antoniani compresi".